XVII-XVIII secolo

Nel 1653 Sebastianus Pusinnius patrizio e medico lucchese inizia, sia pure in forma erudita, la divulgazione sul diabete con il suo “De Diabete”, primo passo verso l’autocontrollo.

Nel 1674 Thomas Willis definisce le urine dei diabetici “mellite”, poiché assaggiandole le trova dolci come il miele. Si ritenne allora che il diabete, male dello zucchero, fosse dovuto o al disfacimento del sangue in acqua o ad una malattia dei reni e della vescica.

Nel 1685 lo svizzero Johann Conrad Brunner, durante studi inerenti la digestione e l’effetto dei succhi pancreatici su di essa, asporta il pancreas ad un cane. L’animale sopravvive all’intervento, comincia a bere ed urinare abbondantemente ma nonostante l’aumentata quantità di cibo ingerita deperisce progressivamente. Lo studioso, tuttavia, non formula alcuna ipotesi di relazione tra la sindrome diabetica e la sintomatologia evidenziata.

Nel 1797 John Rollo propone una nuova teoria secondo la quale il diabete non è una patologia legata al pancreas bensì ad una anomala funzionalità gastrica: lo stomaco non è in grado di digerire correttamente i carboidrati. Propone quindi una dieta “fat and rancid oil meats” che consiste nell’assunzione di latte, acqua di cedro con pane e burro a colazione, sformato di sangue e sego per pranzo e selvaggina o carne grassa “tanto irrancidita quanto lo stomaco possa sopportare” a cena. Come spuntino prima di coricarsi identica assunzione mattutina.