“Io e D”: come sopravvivere ad amicizie indesiderate che minacciano di stravolgere la vita, senza però riuscirci

‘Chi mi fa l’insulina?’
È una cena tra amici e uno degli amici ha portato un nuovo conoscente – conoscente… troppo presto per definirlo amico, troppo tardi per definirlo sconosciuto – un tal Signor D.
Neanche il tempo di presentarsi col nuovo arrivato, che tutto, improvvisamente, cambia.
Se prima l’unico pensiero era: ‘meglio il calzone o la quattro stagioni?’, ora le cose hanno decisamente preso tutta un’altra piega.
È questo Signor D arrivato dal niente a stravolgere la vita.
Quella di Federico, nello specifico.
E allora meglio che le cose siano messe in chiaro da subito. Che la consapevolezza sia di tutti: delle persone intorno, delle persone di sempre, degli amici, dei famigliari…
Da oggi bisogna fare l’insulina, maneggiare aghi, bucare, passare attraverso.

In nomen omen – così si dice e lo dice pure Federico nel suo libro, “Io e D”: il nome del Signor D ha radici antiche e significa proprio questo: passare attraverso.
D come diabete.
Una condizione che in questo libro viene umanizzata e diventa una persona con caratteristiche reali e metaforiche, sagacemente descritte da Federico.
Un Signor D dispettoso, dispotico, che non ti lascia mai solo, atletico, salutista. D, che arriva in un bel giorno e che il bel giorno lo rovina irrimediabilmente. Un trionfo inaspettato a calcetto e una sconfitta subito dopo – profonda, sconvolgente, bruciante – accompagnata da una domanda irrazionale, bizzarra: ‘E adesso quando mi sposerò, come farò con la torta nuziale?’.
E poi la rabbia, la frustrazione, la non accettazione, far finta che non ci sia, che D non sia mai arrivato…però c’è. C’è. Bisogna ricominciare, cercare di capire, affrontare, non perdersi, passare attraverso per passare oltre.

Il libro (lo si può trovare anche qui: IOeD) è un viaggio che svela le dinamiche tragicomiche di una vita che, volente e nolente, si deve reinventare, raccogliere, riaggiustare… Vicissitudini, divagazioni argute, divertenti, ironiche, toccanti, commoventi. Momenti di conforto e di sconforto, fino ad arrivare a una pagina in bianco, quasi improvvisa, al centro della quale si legge quanto segue: Ho paura? Sì.
Una dichiarazione netta, definitiva, senza esitazioni. Una dichiarazione sincera.
Hai ancora paura Federico?
All’inizio ne avevo molta’, mi dice serenamente. ‘Avevo paura nonostante le varie consapevolezze. Avevo paura a mettermi a nudo. Avevo paura di cosa potessero pensare le persona. Paranoie. Poi le cose cambiano. Evolvono. Inizia l’accettazione’. Che non è rassegnazione. Sono due parole molto diverse, molto distanti.

Accettare, dunque, ma in che modo?
Non raccontandosi balle. Si può mentire a tante persone, ma non a se stessi. La mia vita non è finita quel giorno con l’arrivo di D, solo si è aperta una nuova strada.’
Accettare il cambiamento. Non subito, chiaro.
Prendersi il proprio tempo. Non avere fretta, mi dice Federico. Ascoltare tutte le emozioni, non dover essere forti per forza.
Umanizzare D non è solo un espediente letterario. Avevo bisogno di conoscerlo per davvero. Era dentro di me, e lo sarebbe stato sempre. Avevo bisogno di capirlo. Io credo che la mia più grande vittoria con D sia stato comprendere che ugualmente potevo fare tutto, anche di più.
Come aprirsi alle persone più inaspettate. Federico racconta di una festa di capodanno durante la quale si è accorto che un ragazzo – da sempre rivale a calcetto – si faceva l’insulina: ‘Venne tolta in un attimo la polvere della nostra vecchia rival-amicizia calcistica e il comune amico D, mise le basi della nostra nuova conoscenza… lo vidi nel terreno di gioco della vita.’

Il libro viene presentato attraverso una pièce teatrale dal titolo “Un certo Signor D” ad opera della compagnia teatrale H.O.T. Minds, nella quale lo stesso Federico recita e alla fine è costretto ad affrontare D sul palco, faccia a faccia, come nei migliori film alla Sergio Leone.
Gli chiedo dunque ‘Chi vince alla fine?
Questo non te lo posso dire’, mi risponde sorridendo.

Io e D è la ricerca di sé stessi attraverso il quotidiano e verso il quotidiano. La ricerca di una normalità, di un prima e di un dopo, dove si apprende molto da tutto ciò che sta in mezzo. Dove D è un personaggio complicato ma non è irrisolvibile. Dove D è parte di un tutto, ma non è il tutto.

Patrizia Dall’Argine