Occhi: bisogna pensarci in tempo.

Tratto dalle Lezioni di educazione sanitaria del prof. Sergio Marigo
Per indicare una persona cara si suole dire: “mi è cara come una pupilla dei miei occhi”. Un modo comune di dire che ci fa comprendere quanto a cuore ci stia la nostra vista. Dobbiamo allora meravigliarci se ogniqualvolta sentiamo dire che il diabete minaccia i nostri occhi ci coglie uno stato d’ansia? Di solito, o svicoliamo o ne facciamo un dramma. Ma vogliamo, almeno per una volta, parlarne con un po’ di serenità?

Certo che è vero! Il diabete è causa di alterazioni dei piccoli vasi di quello strato interno dell’occhio che prende il nome di retina e sul quale si formano le immagini del mondo circostante proprio come fosse la pellicola della macchina fotografica. È per questo che si parla di retinopatia diabetica per indicare la sofferenza della retina dovuta al diabete.
Perché mai il diabete danneggia la retina? Per essere sinceri, il diabete interessa tutti i piccoli vasi (arteriole, capillari e venule) del nostro corpo. Quando la glicemia resta elevata per tempi molto lunghi, le pareti di questi piccoli vasi vanno in contro a fenomeni di degenerazione che sono generalizzati.

La loro parete pur aumentando di spessore, diviene più debole e porosa. Inoltre, per vari motivi, tutti collegati con la glicemia molto alta, in questi vasellini dalle pareti fragili il sangue non scorre come dovrebbe e la sua circolazione diviene lenta. Di conseguenza trasporta con estrema pigrizia l’ossigeno e i nutrienti di cui tutti gli organi del nostro corpo hanno bisogno.

Spesso questo ristagnare della circolazione nei piccoli vasi porta alla loro definitiva chiusura, in quanto in essi il sangue così pigro forma come dei piccoli coauguli (chiamati trombi) che occludono il vasellino. Ne consegue una situazione di sofferenza della piccola circolazione del sangue che è ben evidente quando con particolari strumenti chiamati biomicroscopi, si osserva lo scorrimento del sangue nei capillari più facili ad essere esplorati.

Questo avviene in ogni parte del nostro corpo, limitatamente a quei periodi nei quali la glicemia resta lungamente elevata.

Le conseguenze sono evidenti e preoccupanti soprattutto nella retina e nel rene, nei quali la circolazione del sangue nei piccoli vasi è di tipo terminale. La parola terminale sta ad indicare il fatto che quando una di queste arteriole si occlude, il territorio da essa servito non riceve più sangue da nessun’altra parte. Così quando questa occlusione è definitiva perché s’è formato un piccolo trombo, la zona servita diviene ischemica, cioè priva di sangue con tutte le conseguenze che ben possiamo immaginare.

Nella retina del diabetico che per lunghi periodi mantiene la glicemia a livelli elevati, i vasellini della retina vanno incontro a fenomeni di sofferenza: si formano piccoli cedimenti della parete simili a piccoli sacchi, chiamati microaneurismi, piccole emorragie (microemorragie), raccolte di materiale di varia natura (microessudati) e spandimento di liquido (edemi). Raramente però il diabetico accusa diminuzioni della vista per causa di questi iniziali fenomeni di sofferenza retinica.

Questa è la così detta retinopatia di fondo, a cui nessun diabetico mal regolato sfugge dopo un certo numero di anni e alla quale, spesso, seppur con minore impegno e dopo un periodo molto più lungo, va incontro anche il diabetico con controllo diabetico soddisfacente. Questa retinopatia di fondo può essere vista molto bene con il semplice oftalmoscopio: siccome, com’è stato detto, la lesione dei vasellini è generalizzata, l’osservazione della retina è un po’ come guardare la vetrina di un negozio: quel che v’è esposto rappresenta la merce che si trova entrando a comperare.

E fin qui, dunque, nulla di serio, se non la necessità di farci controllare con una certa frequenza da un oculista esperto d’occhi e di diabetici e soprattutto di sforzarci di curar bene il nostro diabete.

Il timore, infatti, è che per effetto della chiusura di uno o più vasellini si formino delle zone d’ischemia. Questa non è sempre l’evoluzione della retinopatia di fondo, ma certamente avviene con elevata frequenza solo nei casi in cui la glicemia resta ancora per lunghi periodi male controllata.

Ma dov’è il pericolo?

Il pericolo sta nel tentativo da parte dei vasi della retina di portare sangue nelle zone ischemiche. Si formano così dei nuovi vasellini, detti neovasi, che hanno la caratteristica di essere molto fragili in quanto rappresentano un affrettato tentativo di portare sangue e ossigeno alle zone ischemiche.

È come se da zone, visibili solo con la fluoro-angiografia retinica (o FAG), si alzasse un grido di allarme e una richiesta di aiuto. Questi vasellini, formatisi un po’ di fretta, essendo fragili, facilmente si rompono ed essendo superficiali rispetto alla retina, danno luogo ad improvvise emorragie davanti alla retina e dentro il corpo vitreo che le sta davanti. È il temibile quadro della retinopatia proliferativa e delle conseguenti emorragie che portano ad importanti riduzioni visive.

Fortunatamente possediamo oggi un miracoloso mezzo di cura, il laser: un potente raggio di luce concentrata in grado di bruciare le zone ischemiche (così la smettono di invocare aiuto!) e anche i vasellini neoformati che abbiamo visto essere così pericolosi.

Vogliamo allora trarre delle conclusioni serene anche se gli occhi ci stanno tanto a cuore? Anzitutto chi cura bene il suo diabete non ha nessun motivo per essere preoccupato. Certo che l’oculista ci deve visitare di tanto in tanto. E se un giorno dovesse dirci che sono presenti i segni di una retinopatia di fondo, non dobbiamo farcene un dramma perché la nostra vista non è in pericolo.

Ma se per caso la cura del diabete non fosse stata finora molto efficace e l’oculista si accorgesse della presenza nella nostra retina di zone ischemiche o di vasellini neoformati, sottoponiamoci di buon grado alla terapia laser perché è l’unico mezzo.

Morale della favola. Prima di tutto curiamo bene il diabete e poi mettiamoci in mano ad una struttura oculistica esperta di occhi e di diabetici, di fluoro angiografia retinica e terapia laser.

Ma facciamo tutto questo fin da adesso perché, come dice un vecchio adagio popolare, è stupido ed inutile chiudere la stalla a buoi ormai fuggiti.