Il diabete di tipo 1 è una malattia con la quale si deve imparare a convivere, a partire dalla diagnosi. Per quanto riguarda l’esordio, se questo avviene in età infantile (diabete infantile) ci possono essere alcune complicazioni dovute alle difficoltà diagnostica. Il rischio, infatti, è che il bambino scopra di avere il diabete proprio perché finisce in Pronto Soccorso a causa delle sue condizioni critiche (dovute all’accumulo di corpi chetonici nel sangue) e la cui causa – il diabete appunto – viene individuata solo dopo
«Negli ultimi anni, sono morti in Italia diversi bambini per complicanze del diabete infantile che possono provocare lesioni cerebrali fatali» ha spiegato il professor Mohamad Maghnie, presidente SIEDP e responsabile dell’unità operativa di endocrinologia clinica del Gaslini di Genova, nel presentare il XX congresso della SIEDP Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia pediatrica. La chetoacidosi, che rappresenta il sintomo d’esordio per molti pazienti, è una grave complicanza metabolica che consiste nell’accumulo di corpi chetonici nel sangue.
La soluzione è una sola: essere informati, conoscere i sintomi e agire in modo tempestivo. Il diabete infatti non è del tutto silenzioso, ma lancia dei segnali, che bisogna saper riconoscere e interpretare. A tale scopo è importante che genitori e insegnanti sappiano quali siano. La sete eccessiva, la frequente esigenza di urinare, per esempio, sono due fattori chiave, che andrebbero sempre segnalati e tenuti sotto controllo. In più i bambini con diabete hanno la tendenza a perdere peso e faticano a crescere.
Per aiutare i genitori e gli insegnanti, nel 2016 partirà una campagna educazionale, con lo scopo di ridurre i casi di complicanze: «oggi il 38% di nuovi esordi in età pediatrica è di chetoacidosi, una condizione molto grave dovuta ad uno squilibrio insulinico elevato, ed il 20% in una situazione gravemente compromessa» ha spiegato Andrea Scaramuzza responsabile del servizio di diabetologia della Clinica Pediatrica dell’Università di Milano presso l’Ospedale Luigi Sacco di Milano.
«Il diabete di tipo 1 non si può prevenire, ma possiamo cercare di prevenire l’esordio in acuto e curarlo bene per evitare le complicanze» ha detto la dottoressa Ivana Rabbone dell’Endocrinologia e diabetologia dell’Ospedale Regina Margherita di Torino, alla guida del gruppo di lavoro SIEDP che ha redatto le Linee guida nazionali sulla chetoacidosi diabetica e sulla terapia insulinica, riprendendo le linee guida internazionali ISPAD sulla cura del diabete nei bambini e negli adolescenti e adattandole alla realtà italiana, cioè considerando tra le altre cose anche alimentazione, clima e stile di vita.
Fonte: La Stampa