Healthy Reasoning Project: argomentare per contrastare il diabete

La medicina non è solo medicine. La medicina, soprattutto quando si tratta di disturbi cronici come il diabete, è fatta anche di relazioni, di comunicazione. Per questo anche la ricerca non è soltanto ricerca di nuovi farmaci o di nuove tecnologie.

Healthy Reasoning Project è un progetto di ricerca interdisciplinare ,sviluppato presso il Dipartimento di Scienze linguistiche e letterature straniere dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che fa confluire i problemi legati alla cura del diabete di tipo II e la ricerca più avanzata nel campo dell’argomentazione e delle strategie di decision making.
Abbiamo intervistato Sarah Bigi,  coordinatore del progetto.

Può sembrare che lo studio di discipline appartenenti all’area delle scienze umane sia molto distante dall’ambito medico, quasi qualcosa di astratto rispetto alla ricerca farmacologica. In pratica, cosa c’entra la linguistica con il diabete?

La medicina è una professione “umana”, si occupa di curare esseri umani e gli esseri umani non possono essere costretti a seguire un determinato regime terapeutico. Lo strumento di cui deve avvalersi il medico è quello della comunicazione efficace, soprattutto per quanto riguarda la cronicità, come nel caso del diabete.
Molto spesso si dà per scontato che siccome tutti comunichiamo sappiamo come farlo nel modo corretto: è necessario invece un approccio scientifico per analizzare la specifica situazione comunicativa che si crea tra medico e paziente e sviluppare strumenti comunicativi realmente efficaci e con un impatto concreto.
La teoria dell’argomentazione, l’analisi dei modelli di comunicazione, gli studi sulle euristiche (schemi ‘abbreviati’ di ragionamento che usiamo quando prendiamo decisioni in assenza di informazioni complete), di cui ci occupiamo, ci offrono un metodo scientifico per affrontare le criticità della comunicazione in quest’ambito.

Quali sono gli obiettivi di HRP?

Il nostro studio è partito da un obiettivo molto concreto: come è possibile migliorare l’aderenza terapeutica nelle persone con diabete di tipo II? L’ aderenza terapeutica è un comportamento che presuppone una decisione all’azione, a partire da uno stimolo che arriva dal curante.
Non si tratta soltanto di assumere la corretta terapia farmacologica: Il Diabete Mellito Tipo 2 è strettamente correlato agli stili di vita e all’alimentazione, dunque la sua gestione non può prescindere da un coinvolgimento attivo e consapevole dei pazienti. Il momento della deliberazione collaborativa – ovvero il momento in cui curante e curato concordano quale tipo di comportamento e stile di vita adottare – diventa fondamentale.
Come si raggiunge questa deliberazione collaborativa? Quali sono gli strumenti di collaborazione tra curante e paziente? Quali le criticità che emergono nei colloqui? Non si possono lasciare queste domande inesplorate o affrontarle in maniera ingenua. Nemmeno è corretto demandare alle capacità individuali, quasi esistesse una specie di “istinto comunicativo” che il medico e il paziente dovrebbero possedere.

In collaborazione con Slow Medicine e con l’Associazione Medici Diabetologi (AMD) avete sviluppato un documento che propone 5 pratiche dialogiche consigliate in diabetologia. Di cosa si tratta?

Si tratta dell’esito del lavoro di un team interdisciplinare, composto da psicologi, linguisti e diabetologi, che vuole fornire un valido supporto per l’educazione e la motivazione durante il colloquio medico. Le 5 pratiche sono:

  1. Sintonizzarsi con il paziente.
    Per esempio: “Che cosa sa del suo diabete?”; “Che cosa si aspetta dal colloquio di oggi?”
  2. Riorganizzare le idee con il paziente.
    Esempi di strutture: il diabete è come un inquinante del sangue, dunque si comporta così e così, e va affrontato così e così… / il diabete è come una ruggine che non fa funzionare bene gli ingranaggi, quindi…
  3. Supportare il paziente.
    Per esempio: al posto di “mi raccomando l’attività fisica”, preferire “mi raccomando, un quarto d’ora di passeggiata al giorno
  4. Legittimare il paziente.
    Per esempio: “cosa le pare del suo diabete?”; “come le sembrano questi valori?”; “le pare buona questa glicata?”
  5. Sviluppare decisioni condivise con il paziente.
    Per esempio: “dobbiamo mantenere questo buon peso, lei come propone di farlo?”; “mi dice che tra qualche giorno andrà in vacanza, ha pensato come mantenere questo buon compenso del diabete quando sarà via?”

Il progetto per il futuro è quello di verificarne empiricamente l’efficacia monitorando gli effetti in termini di outcome terapeutici (parametri clinici e aderenza ai trattamenti) e di qualità della relazione e comunicazione medico-paziente.

Francesca Memini