La cucina ebraica è molto varia e risente, in Italia, delle origini delle due principali comunità presenti: gli ebrei ashkenaziti che provengono dall’Europa centrale e che hanno tradizioni nordeuropee, e i sefarditi, originari della Spagna, Francia, Italia, Nord d’Africa, Grecia e Turchia e proprio per questo hanno una tradizione culinaria “mediterranea”.
In ogni caso, nonostante l’estrema diversità di gusti e sapori, l’elemento centrale che li accomuna è che vengano rispettate le regole del Kasherùt: è considerato “kasher”, cioè adatto, solo il cibo che corrisponde alle prescrizioni bibliche quali, ad esempio:
– l’igiene e la sicurezza degli alimenti per evitare tossi-infezioni o diffusione e propagazione di malattie infettive. Oggigiorno questa affermazione potrebbe sembrare scontata, ma la regola, risalente ad oltre 5000 anni fa, prevede, ad esempio, che le bestie da macello o da latte siano sane e valutate dal Rabbino (in questo caso con nozioni di veterinaria), che la produzione del vino sia rigidamente controllata onde evitare sofisticazioni e che prima di ogni contatto fisico con il cibo vengano ritualmente lavate le mani (ricordiamoci che ancora oggi in ospedale il principale veicolo d’infezione è rappresentato dalle mani degli operatori sanitari!);
– il divieto di cibarsi di alcuni animali (maiale, cavallo, alcuni pesci, i molluschi, ecc) o di utilizzare alcuni “tagli” di carne e di consumare insieme carne e cibi a base di latte.
Le regole del Kasherùt, che sono alla base della dieta nell’ebraismo, possono essere osservate da tutti, sia sani che malati, con alcune eccezioni. Così, durante quelle ricorrenze che prevedono il digiuno, l’obbligo all’osservanza decade per quegli individui che per ragioni d’età (bambini al di sotto di 12–14 anni o anziani) o di malattia potrebbero esserne in qualche modo danneggiati.
Da quanto detto, si potrebbe concludere che generalmente la terapia del diabete mellito di un ebreo osservante non interferisce e non è in conflitto con le regole del Kasherùt.
Invece, la maggior parte dei problemi per il paziente diabetico si possono avere proprio in occasione di alcune festività o ricorrenze durante le quali dovranno essere apportate delle modificazioni terapeutiche che è bene che il paziente concordi sia con il diabetologo sia, in alcuni casi, con il Rabbino
Infatti, la religione ebraica o “Legge” comprende una serie di regole e riti che coinvolgono sia la spiritualità che i comportamenti, costumi ed igiene di vita dei propri fedeli. Durante le festività religiose o ricorrenze, il momento della preghiera e la ritualità non si esauriscono all’interno delle Sinagoghe, ma proseguono nelle case con preghiere, tradizioni alimentari e comportamentali peculiari per ogni ricorrenza. Viste queste premesse, elenchiamo alcuni consigli pratici da seguire durante in queste occasioni.
Il sabato: è il giorno del riposo e della preghiera in onore di Dio.
Come ogni festa ebraica inizia al tramonto, poiché il calendario ebraico è lunare.
La festa, in ogni casa, viene onorata recitando una breve preghiera che si conclude bevendo tutti un sorso di vino dal calice benedetto e mangiando un bocconcino di pane intinto nel sale che l’officiante (il capofamiglia) porge a tutti i presenti.
Alla benedizione segue la cena che, come in tutte le occasioni di festa, è ricca ed abbondante. L’unico consiglio ovvio è di far ricadere la scelta sugli alimenti più consoni alla dieta per diabetici. Nel caso di una cena abbondante le sole terapie modificabili sono quelle conanaloghi rapidi o con insulina rapida preprandiale o con ipoglicemizzanti orali a breve durata d’azione (es. repaglinidi).
Rosh Hashanah: è il capodanno ebraico che ricorre, in genere, a settembre.
La cena rituale prevede l’assaggio di alcuni alimenti simbolici come, ad esempio, la marmellata di mele, in segno di un anno di dolcezze, la melagrana, come simbolo di prosperità e i datteri, come auspicio di vittoria.
Anche la benedizione, che generalmente viene fatta durante ogni festa ebraica con vino e pane intinto nel sale, in questo caso viene modificata sostituendo il sale con lo zucchero. Alla cena rituale segue una cena vera e propria.
In questa ricorrenza, quindi, è necessario che i diabetici si limitino solo a piccoli assaggi dei cibi “benedetti” e che riducano l’apporto di carboidrati contenuti nella cena in modo da contenere il picco glicemico postprandiale.
Yom Kippur: è il digiuno “dell’espiazione”, che ricorre una settimana dopo il capodanno ebraico e consiste nell’astensione completa dal cibo e dall’acqua per circa 25 ore. Durante questa festa è fatto divieto, inoltre, di camminare per lunghi tratti, di accendere la luce o il gas o di eseguire qualsiasi attività che esuli dalla preghiera.
Per i diabetici, però, non vi è obbligo di digiuno considerando i rischi di scompenso acuto soprattutto nei tipo 1 e nei tipo 2 insulino-trattati.
Sono a rischio anche i diabetici in trattamento con ipoglicemizzanti orali a lunga durata d’azione o i pazienti con gravi complicazioni croniche.
Per onorare la festività sarà sufficiente la restrizione dell’introito caloricoconsumando dei pasti frugali, preparati prima del giorno di festa, e l’astensione dall’esercizio fisico.
Non vi è divieto a praticare la terapia iniettiva od orale e l’autocontrollo con riflettometro, ove siano elementi indispensabili di cura.
La terapia farmacologica va modificata concordandola con il proprio diabetologo.
Per questa ricorrenza non esistono delle vere e proprie linee guida, ma si può suggerire che:
– nei diabetici tipo 1 o 2 in terapia insulinica multi-iniettiva si potrebbe ridurre di alcune unità l’analogo lento e soprattutto i boli di analogo rapido ai pasti;
– nei soggetti in trattamento con microinfusore si deve ridurre lievemente l’infusione basale e modificare i boli preprandiali,
– in caso di utilizzo d’insuline premiscelate il rischio d’ipoglicemia è alto ed è più sicuro il passaggio ad uno schema a 4 iniezioni;
– se si assumono ipoglicemizzanti orali è importante rivalutare la posologia o, addirittura, il tipo di farmaco tenendo conto degli effetti della restrizione calorica e dell’inattività fisica.
Pesah: è la Pasqua ebraica, la Festa del Ricordo della fuga dall’Egitto e dura, per gli ebrei della diaspora, 9 giorni.
Durante la Pasqua Ebraica è vietato l’uso degli alimenti lievitati come il pane o la pasta.
Si utilizza il pane azzimo che, a parità di peso, è più ricco di carboidrati (60-65 g il primo e 87 g il secondo per 100 g di prodotto) e quindi le porzioni andranno ridotte di circa un terzo.
Tra gli alimenti esclusi c’è il pesce fresco ed alcuni non mangiano i legumi.
Si può sopperire a queste proibizioni aumentando il consumo di carni bianche e di verdure.
I dolci sono ricchi in carboidrati e gli “assaggi” che accompagnano la preghiera nei giorni di festa solenne vanno consumati con moderazione al fine di contenere il picco glicemico postprandiale.
Visto che inevitabilmente le abitudini alimentari non corrispondono a quelle normalmente seguite, è opportuno praticare esercizio fisico con maggiore costanza.
In ogni caso, appare utile consigliare, in occasione di ognuna di queste ricorrenze, un maggior ricorso all’autocontrollo per prevenire o evitare l’insorgenza di crisi ipoglicemiche o iperglicemiche.
Dr. Francesco Galeone
Direttore UOS Diabetologia e Malattie Metaboliche
Ospedale di Pescia (PT)