In uno studio pubblicato recentemente sull’American journal of cardiology, Huxley R.R. e collaboratori hanno riportato i risultati di una meta-analisi eseguita su 7 studi prospettici e 4 studi caso-controllo comprendenti circa 110.000 casi di fibrillazione atriale insorti in una popolazione complessiva di oltre 1.600.000 soggetti (Huxley RR et al. Am J Cardiol 2011;108:56–62).
Dalla meta-analisi risulta che il diabete comporta un aumento del rischio di sviluppare una fibrillazione atriale del 34%. Tuttavia, quando i risultati vengono aggiustati per i fattori di rischio associati (ipertensione, obesità eccetera) l’entità del rischio si riduce avvicinandosi al 20%. I meccanismi che giustificano l’associazione del diabete con la fibrillazione atriale non sono interamente noti.
L’associazione vale per il diabete di tipo 2 e non per quello di tipo 1, il che porta a escludere il ruolo proaritmogeno dell’iperglicemia. Vi sono invece prove a sostegno dell’ipotesi che l’associazione sia riconducibile alla resistenza insulinica, tanto che l’aumento del rischio viene sostanzialmente annullato se i risultati sono aggiustati per l’indice Homa-R (indice di resistenza all’insulina).
I meccanismi attraverso cui la resistenza insulinica può favorire la comparsa di fibrillazione atriale possono essere ricondotti, in via di ipotesi, alla ipertrofia ventricolare sinistra e allo stato infiammatorio cronico, entrambi collegati con la condizione di resistenza insulinica.