Il risveglio dell’Eros stanco

Anno 20 – n.2
UNA COMPLICANZA FREQUENTE, MA SPESSO RIMOSSA
Il risveglio dell’Eros stanco

La disfunzione erettile è una possibile conseguenza di un diabete non adeguatamente controllato. E’ sbagliato non parlarne o vergognarsene, anche perché oggi esistono soluzioni per curarla efficacemente

prof. Paolo Brunetti
Direttore Dipartimento di Medicina Interna Università degli Studi di P
erugia

Quella che fino a poco tempo fa era chiamata “impotenza” oggi, con maggiore precisione, viene definita nel linguaggio medico corrente “disfunzione erettile”. In effetti, con questo termine si intende una incapacità persistente a ottenere e mantenere un’erezione del pene sufficiente a consentire un rapporto sessuale soddisfacente. E’ certamente una delle più frequenti complicanze del diabete mellito.
Dalle indagini epidemiologiche eseguite in vari Paesi e anche in Italia si può desumere che la disfunzione erettile sia presente nei diabetici in misura tre volte superiore rispetto ai non diabetici. Nella popolazione adulta maschile non diabetica, la frequenza della disfunzione erettile è dell’ordine del 10% con variazioni dal 2-5% a 40 anni al 25-20% a 65 anni. Nei diabetici, invece, lo stesso problema è presente nel 15% dei casi fra 20 e 40 anni di età per arrivare a ben il 40-60% fra i 50 e i 70 anni.
Malgrado la frequenza con cui la disfunzione erettile si manifesta nella popolazione maschile diabetica e gli effetti negativi che essa può indurre sulla qualità della vita, questa anomalia non riceve ancora dai diabetologi e dagli stessi soggetti che ne sono portatori le stesse attenzioni riservate alle altre complicanze. Infatti, da un lato, non si è propensi a confidarsi col proprio medico o diabetologo per un problema vissuto molto spesso con sofferenza, nella propria intimità e, dall’altro, anche da parte del diabetologo, vi è una certa riluttanza ad affrontare direttamente un argomento considerato ancora un tabù.
Eppure, la disfunzione erettile non dovrebbe essere qualcosa per cui sentirsi imbarazzati o addirittura provare un senso di colpa. Inoltre, in questi anni, a differenza del passato, si sono resi disponibili farmaci capaci di correggere questo difetto e altri ancora più efficaci si stanno affacciando sulla scena. Ed è anche da auspicare che nel colloquio fra paziente e diabetologo facciano la loro comparsa alcune domande stimolate da entrambe le parti e volte ad accertare l’esistenza o meno della disfunzione erettile e, in caso affermativo, a illustrare i test diagnostici da eseguire e i rimedi da adottare.

Come avviene l’erezione?
L’erezione è il risultato di un processo assai complesso che coinvolge sia i vasi sanguigni sia il sistema nervoso. Il pene è strutturato anatomicamente in modo tale da realizzare questo processo. E’ infatti costituito da due strutture vascolari che originano nel piccolo bacino, decorrono parallelamente, una all’interno, intorno all’uretra fino a costituire il glande, e una all’esterno, a costituire il corpo del pene. Entrambe le strutture sono fatte di un tessuto spugnoso in comunicazione con il circolo sanguigno. Abitualmente i vasi sanguigni che convogliano il sangue al tessuto spugnoso e cavernoso sono contratti, cosicché l’afflusso di sangue è limitato e il pene è per la maggior parte del tempo in uno stato di flaccidità. Con la stimolazione sessuale la parete dei vasi si rilascia, il sangue affluisce nei corpi cavernosi, che perciò si riempiono di sangue, si dilatano e quindi si irrigidiscono. Contemporaneamente alla dilatazione delle arterie si assiste alla chiusura delle vene che assicurano il deflusso dal pene del sangue, che perciò rimane intrappolato, determinando l’erezione che permane finché persiste la stimolazione sessuale.
Alla base di questo meccanismo vi sono reazioni chimiche che avvengono nella parete dei vasi e nelle terminazioni nervose e che conducono alla liberazione di una sostanza vasodilatatrice estremamente efficace, l’ossido nitrico o nitrossido o NO.

Perché il diabete provoca disfunzione erettile?
Il diabete, o per dir meglio l’eccesso di glucosio nel sangue che è alla base della sua stessa definizione, danneggia le strutture microvascolari, nel rene come nella retina, nel pene e in ogni altro organo e tessuto con vari meccanismi, ma soprattutto con due modalità. Infatti, il glucosio presente in eccesso si lega alla parete dei vasi e alle proteine strutturali dei tessuti, rendendole meno elastiche e impedendone quindi la distensibilità. Nel pene ciò comporta un difetto di dilatazione delle arterie e dei corpi cavernosi con conseguente minore afflusso di sangue e minore turgidità. Ma, prima ancora che questo avvenga, si verifica un difetto di liberazione nelle terminazione nervose e nei piccoli vasi della sostanza vasodilatatrice per eccellenza, il nitrossido, che, come abbiamo detto, è alla base di questo processo. La maggiore rigidità delle strutture, da un lato, e la minore disponibilità di NO sono alla base del difetto di erezione causato dal diabete.
La conoscenza acquisita in questi ultimi anni del ruolo svolto come mediatore chimico dal nitrossido, ha consentito di mettere a punto farmaci capaci per la prima volta di correggere con un meccanismo fisiologico la disfunzione erettile.

Vi sono condizioni che facilitano la comparsa del problema?
A parità di età, la disfunzione erettile è più frequente nel diabete di tipo 1 rispetto al tipo 2 ed è molto strettamente correlata con l’età del soggetto, la durata del diabete e il grado di controllo metabolico. Infatti, al pari delle altre complicanze, la disfunzione erettile sarà tanto più frequente quanto maggiore per intensità e durata sarà l’esposizione alla iperglicemia. Ne deriva che, al pari delle altre complicanze microangiopatiche del diabete, anche la disfunzione erettile può essere prevenuta mantenendo un controllo metabolico ottimale. Anche l’ipertensione arteriosa, le coronaropatie e vasculopatie periferiche costituiscono altrettanti fattori di rischio per la disfunzione erettile. E’ implicito in ciò che soggetti già portatori di altre complicanze (retinopatia, nefropatia, e particolarmente neuropatia) presentino con maggiore facilità segni di disfunzione erettile.
Fra i tanti attributi negativi, l’abitudine al fumo ha anche quella di favorire, in maniera determinante, la comparsa di impotenza. Del pari, è necessario indagare il possibile ruolo di farmaci assunti per altre patologie frequentemente associate al diabete come i diuretici, alcune classi di farmaci impiegati per la terapia dell’ipertensione arteriosa, antidepressivi, antiepilettici, alcuni chemioterapici e, in una certa misura, anti-infiammatori non steroidei.

Come si accerta la presenza di una disfunzione erettile?
Una idea abbastanza precisa sulla esistenza o meno di una disfunzione erettile la si può desumere dalle risposte che il paziente è in grado di dare ad alcune semplici domande che fanno parte di un questionario validato internazionalmente.
In particolare, si vuol sapere se durante l’attività sessuale si verifica, e quanto spesso, una erezione; se questa è sufficiente per la penetrazione e con quale frequenza; se si è stati capaci di mantenere l’erezione dopo la penetrazione, per quanto tempo e se fino alla fine del rapporto e, infine, quale è il grado di fiducia che il paziente ripone nel poter raggiungere e mantenere una erezione. A ciascuna di queste risposte è attribuito un punteggio che consente di valutare l’esistenza e la gravità della disfunzione erettile.
E’ anche importante conoscere se vi siano erezioni spontanee notturne o al risveglio, perché la loro esistenza potrebbe provare il ruolo di fattori psicogeni nella genesi della disfunzione. Infine, il paziente dovrebbe riferire se sia rilevabile alla palpazione la presenza nel pene di nodosità o di parti indurite o se abbia notato durante l’erezione un incurvamento del pene o avvertito dolore. Questi sintomi sono indicatori di una patologia specifica (malattia di La Peyronie) del pene, peraltro anch’essa più frequente nei diabetici rispetto alla popolazione generale, ma piuttosto rara.

Quali indagini devono essere eseguite?
E’ fondamentale una valutazione dello stato metabolico con determinazione, oltre che della glicemia domiciliare, meglio se eseguita sia prima sia due ore dopo un pasto, dell’emoglobina glicata e del profilo lipidemico.
Un ruolo decisamente minore e guidato da un criterio clinico lo hanno le valutazioni ormonali, con particolare riguardo a testosterone e prolattina.
La valutazione eco-doppler dello stato arterioso e la ricerca di neuropatia autonomica – che, se presente, si accompagna costantemente a disfunzione erettile – è lasciata al giudizio clinico.
L’attuale disponibilità di farmaci capaci di stimolare il meccanismo dell’erezione aumentando la disponibilità biologica del composto vasodilatatore NO, quali il sildenafil e ora anche il vardenafil e il tadalafil, consente di valutare la risposta vasodilatativa a una dose-test del farmaco e quindi la relativa integrità del sistema vascolare penieno e la conseguente previsione di correzione con la terapia.
La semplice somministrazione orale del farmaco ha infatti sostituito il test, decisamente più indaginoso e invasivo, della iniezione intracavernosa di prostaglandina, oggi riservato soltanto ai casi che non abbiano una risposta positiva al test farmacologico orale.

Si può curare?
La risposta deve essere oggi positiva nella grande maggioranza dei casi. Tuttavia, non sarà mai sufficiente sottolineare come, anche nel caso della disfunzione erettile come delle altre complicanze del diabete, la prevenzione sia più facile da seguire della terapia. Quindi: diagnosi precoce, terapia tempestiva, controllo ottimale della glicemia fino alla quasi normalizzazione ed eliminazione di ogni altro fattore di rischio associato per prevenire la comparsa della microangiopatia e quindi di disfunzione erettile.
Se invece la disfunzione erettile è già in atto, il paziente deve essere, in primo luogo, rassicurato circa la possibile reversibilità della lesione e aiutato a eliminare la componente psicologica di ansietà e depressione che, di frequente, accompagna il disturbo della funzione sessuale. E’ da notare, al riguardo, come la componente psicologica possa avere un ruolo prevalente nei giovani, specie nei casi in cui non vi siano altre complicanze o la durata del diabete sia breve.
In genere, non c’è spazio per una terapia ormonale e soltanto occasionalmente si può assistere a una fortuita coincidenza di un ipogonadismo con deficit di testosterone o di una iperprolattinemia che, se presenti, richiedono un trattamento specifico.
La terapia farmacologica si basa oggi solamente sull’impiego degli inibitori della fosfodiesterasi-5 presente appunto nel pene. Questa classe di farmaci comprende oggi più molecole, già citate sopra: al Sildenafil si sono aggiunti il Vardenafil e il Tadalafil, che si differenziano dal primo per un più favorevole profilo di azione, pur condividendo un medesimo meccanismo.
L’erezione è dovuta alla vasodilatazione indotta dall’ossido nitrico, che si libera dalle terminazioni nervose per effetto della stimolazione sessuale. Il nitrossido stimola la produzione di un secondo messaggero, il GMP ciclico, artefice del rilasciamento della muscolatura liscia e quindi della vasodilatazione. Il GMP ciclico ha però una vita biologica assai breve, essendo inattivato rapidamente dalla fosfodiesterasi. Gli inibitori della fosfodiesterasi prolungano l’effetto del GMP e facilitano perciò la comparsa e il mantenimento dell’erezione.
Negli studi clinici fin qui eseguiti, Sildenafil, Vardenafil e Tadalafil si sono mostrati tutti efficaci nell’indurre un significativo miglioramento della erezione in circa l’80% dei casi. Una percentuale di successo inferiore, pari all’incirca al 60%, può essere attesa in una popolazione diabetica.
Un recente studio ha peraltro segnalato come il Vardenafil sia stato giudicato efficace dal 72% dei diabetici intevistati.
I tre farmaci presentano alcune differenze di assorbimento, biodisponibilità e durata di azione. L’assorbimento intestinale di Sildenafil si riduce per esempio del 30% circa, se assunto dopo un pasto, cosa che non si verifica invece con il Tadalafil.
Sildenafil e Vardenafil raggiungono la massima concentrazione plasmatica e quindi la maggiore efficacia dopo un’ora: se ne consiglia perciò l’assunzione un’ora prima del presunto rapporto sessuale. Il Tadalafil ha invece il picco plasmatico dopo 2 ore, peraltro con una lunga emivita di 17 ore.

Vi sono effetti collaterali indesiderati attribuibili agli inibitori della fosfodiesterasi?
Gli effetti collaterali attribuibili a questi farmaci sono assai modesti, e dose-dipendenti, e soltanto raramente hanno determinato l’interruzione del trattamento.
Un possibile quanto tipico effetto collaterale riguarda una anomalia della visione, dei colori nella regione del blu, con difetto di discriminazione blu-verde. Questo effetto, di per sé innocuo, riscontrato particolarmente con il Sildenafil, è da attribuire alla stimolazione della fosfodiesterasi-6 presente nei coni e bastoncini della retina. Non è stato invece riscontrato o è più raro con l’uso di Vardenafil e Tadalafil, più specifici per la fosfodiesterasi-5 e privi di selettività per la fosfodiesterasi-6.
Altri effetti collaterali consistenti in cefalea, “flushing” e rinite sono da attribuire alla inibizione della fosfodiesterasi della muscolatura liscia vasale, con conseguente vasodilatazione nei vari distretti interessati. La dispepsia (bruciore, peso epigastrico) è dovuta all’interessamento della muscolatura della giunzione gastro-esofagea. Dolore muscolare e mal di schiena, osservati in particolare dopo Tadalafil, sono attribuibili alla inibizione della fosfodiesterasi-11, presente nella parete vasale dei muscoli scheletrici.
Tutti gli effetti collaterali derivano quindi dalla inibizione di varie isoforme della fosfodiesterasi presenti nei diversi organi e tessuti e gli effetti sono tanto minori quanto maggiore è la specificità esclusiva per la fosfodiesterasi-5 presente nel pene.

Quali sono le controindicazioni all’impiego di questi farmaci?
Poiché tutti i farmaci di questa classe agiscono aumentando la disponibilità di nitrossido, ne è proibito l’impiego in associazione con i nitrati, di uso comune nella terapia e nella prevenzione dell’angina pectoris e più in generale nelle coronaropatie. I nitrati infatti inducono la generazione di ossido nitrico che, in sinergia con un inibitore fosfodiesterasico, può determinare una riduzione critica della pressione arteriosa.
Vi è perciò una controindicazione assoluta all’impiego di questi farmaci in associazione, sia costante sia saltuaria, con i nitroderivati somministrati per os, come per via transdermica (cerotti).
L’impiego degli inibitori della fosfodiesterasi non è altresì consigliato in soggetti portatori di cardiopatie gravi, anche in assenza di uso di nitrati ma, in questo caso, è l’attività sessuale in sé a essere sconsigliata ancor prima dell’uso del farmaco.
In conclusione, si può ritenere che, al di fuori di queste limitate controindicazioni, l’impiego degli inibitori della fosfodiesterasi sia, oltre che efficace in una ampia quota di pazienti, del tutto sicuro. In ogni caso, la loro prescrizione deve rimanere di esclusiva pertinenza del medico.