Le raccomandazioni dell’ADA spesso precedono linee guida di società scientifiche nazionali o sovranazionali, e per questo vengono tenute in grande considerazione dalla comunità medica diabetologica.
Il test per la diagnosi di diabete con emoglobina glicata è ritenuto da ADA ugualmente valido del più complicato e lungo esame da carico del glucosio, che impegna una persona per parecchie ore e in diversi prelievi di sangue venoso, per questo sarà promosso ad esame di primo livello nella diagnosi del diabete latente.
Di che cosa si tratta? L’indagine si basa sul fatto, noto fin dagli anni Settanta, che il glucosio presente nel sangue penetra nei globuli rossi e resta impigliato dentro la molecola di emoglobina, che si «glica», si carica di zucchero. La cosa interessante è che la percentuale di emoglobina glicata è proporzionale alla concentrazione di glucosio nel sangue e non è influenzata da eventuali malattie in corso: si è rivelata così un ottimo indicatore della malattia.
Il valore che consente di fare diagnosi di diabete, individuato da ADA, è pari o superiore al 6,5%.
Da noi le cose saranno forse un po’ più complesse, perché non tutti i laboratori di analisi hanno ancora raggiunto il livello di standardizzazione che questo tipo di esame richiede, con il rischio che i risultati oscillino sensibilmente.
Vantaggi dell’utilizzazione della glicata rispetto alla glicemia basale o postprandiale:
– standardizzazione (sec. DCCT/UKPDS);
– miglior indice di esposizione glicemica complessiva e del rischio di complicanze a lungo termine;
– variabilità biologica e instabilità preanalitica sensibilmente inferiori;
– non necessità di digiuno, o di eseguire prelievi in momenti definiti;
– relativa insensibilità alle perturbazioni acute dei livelli glicemici (ad es. correlate a stress o a condizioni patologiche);
– attualmente utilizzata per orientare la gestione e la terapia del diabete.
Il cut-point di 6.5 % è quello scelto per determinare la diagnosi di diabete.