Anno 21 – n.2
Aprile-Giugno 2004
Nefropatia diabetica: come prevenirla e curarla
Tutto sotto controllo
Per conservare sani a lungo i reni, è fondamentale mantenere un corretto equilibrio glicemico e metabolico, tenere d’occhio la pressione e prestare attenzione all’alimentazione . E per una terapia oggi ci sono molti farmaci efficaci
prof. Paolo Brunetti Direttore Dipartimento di Medicina Interna Università degli Studi di Perugia
Nello scorso numero di “Tuttodiabete” abbiamo esaminato le caratteristiche della nefropatia diabetica, le sue cause, le analisi per individuarla precocemente. Ora illustriamo quali sono le strategie di prevenzione e terapia.
Importanti studi clinici internazionali hanno dimostrato che è possibile ridurre l’incidenza e la progressione della nefropatia diabetica e che in questo senso il controllo della glicemia occupa un posto preminente.
Nello studio nord-americano “Diabetes Control and Complications Trial” (Dcct), dedicato al diabete di tipo 1, i soggetti trattati con terapia insulinica intensiva, così da avere una glicemia media nell’ordine di 150mg/dl e una emoglobina glicata (HbA1c) pari al 7%, hanno presentato, dopo 10 anni, una incidenza della nefropatia diabetica inferiore del 50% rispetto a quella dei soggetti trattati con la terapia convenzionale e con una HbA1c pari a circa il 9%. Anche nel diabete di tipo 2 il miglior controllo metabolico si associa a una consistente riduzione (circa il 35%) del rischio di sviluppare la nefropatia diabetica. È questo il risultato dello “United Kingdom Prospective Diabetes Study” (Ukpds) che ha anche dimostrato come lo stesso risultato possa ottenersi con l’insulina, le sulfoniluree o la metformina, purché la terapia, comunque attuata, sia in grado di ottenere una riduzione della glicemia.
Attualmente si ritiene che, sia nel diabete di tipo 1 sia in quello di tipo 2, si debba mirare a valori di glicemia e di emoglobina glicata assai prossimi alla norma, perché soltanto con una terapia sufficientemente aggressiva è possibile prevenire, non solamente l’incidenza della nefropatia diabetica, ma anche quella della retinopatia, della neuropatia e delle complicanze cardiovascolari. Alla luce di queste considerazioni, possono ritenersi ottimali valori di HbA1c inferiori al 7% purché ciò non comporti un rischio eccessivo di ipoglicemia (v. tabella ).
Il controllo metabolico ha un ruolo centrale nel prevenire l’ insorgenza di microalbuminuria e il suo sviluppo verso una proteinuria clinica. Viceversa, quando già ci troviamo nello stadio di nefropatia conclamata (proteinuria), il controllo ottimale della glicemia, pur sempre desiderabile e da perseguire, non è in grado di arrestarne il decorso verso l’insufficienza renale. Per questa, come per altre complicanze del diabete, vale perciò la regola che prevenire è più facile che curare e che, in ogni caso, la diagnosi deve essere raggiunta con la maggiore precocità possibile. Nella fase di proteinuria e di associata riduzione della filtrazione glomerulare, non è indicato l’uso di ipoglicemizzanti orali, in particolare di metformina, ed è necessario l’esclusivo ricorso alla terapia insulinica.
Controllo della ipertensione arteriosa
La nefropatia diabetica è abitualmente associata a ipertensione arteriosa. Nel diabete di tipo 1 l’ipertensione arteriosa è causata dalla nefropatia diabetica. Nel diabete di tipo 2, l’ipertensione abitualmente precede la nefropatia ed è il più delle volte da attribuire alla “sindrome metabolica” caratterizzata appunto dalla associazione geneticamente determinata di obesità centrale, diabete mellito o intolleranza al glucosio, ipertensione arteriosa e iperdislipidemia. Possono coesistere anche iperuricemia, aumento del fibrinogeno plasmatico, iperomocisteinemia e la stessa microalbuminuria.
Nel diabete di tipo 2, l’ipertensione arteriosa può riconoscere anche altre cause. In presenza di aterosclerosi è da escludere, per esempio, la stenosi di una arteria renale indotta da un ateroma. In ogni caso, l’ipertensione arteriosa concorre, in maniera sostanziale, insieme con l’insufficiente controllo glicemico alla insorgenza e al progresso della nefropatia.
Sia nel diabete di tipo 1 sia in quello di tipo 2 è perciò necessario mirare a un controllo ottimale dei valori di pressione arteriosa. Questi non dovrebbero essere superiori a 130/80mm Hg. In presenza di proteinuria persistente, è necessario un controllo ancora più stretto (120/75). Può essere saggio non ridurre la pressione diastolica al di sotto dei 70 mm Hg.
La normalizzazione della pressione arteriosa è più importante della scelta del farmaco impiegato. Tuttavia, vi sono prove sufficienti per dimostrare che i farmaci ant-ipertensivi capaci di ridurre l’attività del sistema renina-angiotensina sono in grado di rallentare la progressione della nefropatia diabetica, esercitando nel contempo un effetto protettivo sul cuore. Il blocco del sistema renina-angiotensina può essere ottenuto con l’impiego di un inibitore dell’enzima di conversione dell’angiotensina o ACE-inibitore o di un antagonista del recettore di tipo 1 dell’angiotensina.
Numerosi studi hanno dimostrato, negli ultimi 10 anni, l’efficacia degli ACE-inibitori e degli antagonisti recettoriali dell’angiotensina nel ridurre la progressione dalla microalbuminuria alla macroalbuminuria e nel ritardare l’evoluzione della nefropatia diabetica con proteinuria verso l’insufficienza renale. L’associazione delle due classi di farmaci attivi in passaggi diversi del sistema renina-angiotensina sembra mostrare una efficacia anche maggiore rispetto all’impiego di un solo farmaco.
Sia gli ACE-inibitori sia gli antagonisti recettoriali dell’angiotensina esplicano il loro effetto normalizzando la pressione arteriosa, ma anche esercitando un’azione diretta a livello del rene dove modificano positivamente l’emodinamica glomerulare (diminuiscono infatti la pressione di filtrazione), riducono la permeabilità del filtro glomerulare e quindi la proteinuria e inibiscono la proliferazione cellulare che, nel glomerulo, finisce con l’ostruire il circolo capillare riducendo la capacità di filtrazione.
Per questa loro proprietà nefroprotettiva, l’impiego di un ACE-inibitore o di un bloccante l’angiotensina è indicato in presenza di microalbuminuria anche in diabetici normotesi. Diversi studi hanno dimostrato la possibilità di convertire una condizione di microalbuminuria a una di normoalbuminuria e, comunque sia, di impedirne un ulteriore peggioramento.
In corso di trattamento con ACE-inibitori o con antagonisti dell’angiotensina è opportuno monitorizzare la concentrazione plasmatica di potassio, ma il rischio di iperkaliemia è molto modesto (si registra soltanto nell’ 1,5% dei casi).
Nella nefropatia associata a ipertensione arteriosa è il più delle volte indicata l’associazione di più farmaci: calcio-antagonisti, bloccanti, e diuretici trovano un loro spazio d’impiego in associazione agli ACE-inibitori e agli antagonisti dell’angiotensina.
IPERDISLIPIDEMIA: FATTORE DI RISCHIO DA CONTRASTARE
Abbasso il colesterolo cattivo
In corso di diabete e, in particolare, di nefropatia diabetica, è assai frequente il riscontro di una tipica iperdislipidemia, caratterizzata in modo prevalente dalla riduzione del colesterolo Hdl e dall’aumento dei trigliceridi e del colesterolo Ldl e del colesterolo totale. La presenza di nefropatia diabetica, specie se associata a una sindrome nefrosica, comporta infatti, di norma, un aumento significativo del colesterolo Ldl e del colesterolo totale. Alcuni studi prospettici hanno dimostrato che anche l’iperdislipidemia agisce come fattore di rischio indipendente nel determinare l’insorgenza della nefropatia diabetica. Per questo il trattamento con farmaci ipocolesterolemizzanti e, in particolare con statine, costituisce parte integrante del trattamento della nefropatia diabetica. In effetti, le statine, certamente efficaci nella prevenzione della patologia cardiovascolare, influenzano positivamente anche la funzione renale. E’ oggi opinione prevalente che l’azione protettiva delle statine sui reni non sia dovuta interamente al loro effetto ipocolesterolemizzante, bensì a un effetto positivo esercitato da questa molecola sulla integrità dei capillari glomerulari.
L’IMPORTANZA DELLE SANE ABITUDINI
Prudenza con le proteine e alla larga da fumo
L’introduzione con la dieta di una quantità eccessiva di proteine provoca un aumento della filtrazione glomerulare, finalizzata alla eliminazione del cataboliti azotati e questo atteggiamento funzionale del rene predispone allo sviluppo della nefropatia diabetica. È perciò opportuna, in presenza di nefropatia diabetica clinicamente manifesta, una restrizione, peraltro non eccessiva, della introduzione di proteine. È stato in effetti dimostrato che la limitazione della quota proteica della dieta a 0,8 g per kg di peso corporeo, pari all’incirca al 10% dell’apporto calorico giornaliero, riduce la velocità di progressione verso l’insufficienza renale terminale dei soggetti con diabete di tipo 1. Una restrizione di questo tipo può essere utile anche nel diabete di tipo 2. Altri ritengono che la restrizione proteica debba essere anche maggiore (0,6 g per kg di peso corporeo) e associato a una riduzione della introduzione di fosforo mantenuta fra i 500 e 1000 mg/die. Una raccomandazione da non trascurare è quella di astenersi o smettere di fumare. Il fumo, infatti, aumenta di 2-3 volte il rischio di morte dei soggetti diabetici. Ma vi sono anche prove consistenti a favore della tesi che il fumo sia anche un fattore di rischio indipendente di nefropatia diabetica. È stato dimostrato in effetti che la cessazione del fumo riduce la progressione della nefropatia in una misura (circa il 30%) non inferiore a quella di un complesso intervento farmacologico.
I MIGLIORI RISULTATI VENGONO DALL’IMPIEGO DI VARIE STRATEGIE
UNA BATTAGLIA DA VINCERE SU MOLTI FRONTI
Numerosi sono gli strumenti oggi disponibili per prevenire la comparsa di nefropatia e per arrestarne o rallentarne il decorso. È implicito che i migliori risultati si ottengono dall’applicazione contemporanea di più interventi. Sono significativi al proposito i risultati oltremodo incoraggianti ottenuti, del tutto recentemente, in uno studio danese (Gaede P. e Coll.: “Multifactorial intervention and cardiovascular disease in patients with Type 2 Diabetes”, N. Engl. J. Med. 2003, 348, 383-393). Un gruppo di pazienti con diabete di tipo 2 e microalbuminuria,sono stati sottoposti a un trattamento combinato, consistente nella modificazione dello stile di vita (educazione nutrizionale, programma di esercizio fisico e cessazione del fumo) e in un intervento farmacologico multiplo per il controllo rigoroso della glicemia, (mediante ipoglicemizzanti orali e/o insulina) della pressione arteriosa (anche con l’impiego di ACE-inibitori e/o bloccanti l’angiotensina) e della colesterolemia (mediante statine), con l’aggiunta di aspirina per la prevenzione di episodi ischemici, e di vitamine E e C in funzione anti-ossidante.
Dopo circa 8 anni di trattamento i risultati sono stati assai positivi, essendosi riscontrata, nei soggetti sottoposti all’intervento multifattoriale rispetto a quelli trattati in modo convenzionale, una riduzione di incidenti cardiovascolari e di complicazioni microvascolari (retinopatia, nefropatia conclamata) del 50%.
L’orientamento attuale nella terapia e nella prevenzione della nefropatia diabetica è perciò che si debba intervenire su più fronti per ottenere il massimo effetto (v. tabella ). Questi studi dimostrano pertanto che la storia naturale del diabete, come finora l’abbiamo conosciuta, può essere modificata se vi è l’impegno concorde del diabetologo e del paziente diabetico a neutralizzare tutti i fattori di rischio che condizionano l’insorgenza delle complicanze. Seguendo questa linea di condotta, anche la nefropatia diabetica può essere debellata.