Anno 21 – n.1
Gennaio – Marzo 2004
aggiornamento
NEFROPATIA DIABETICA: UNA DELLE COMPLICANZE PIU’ FREQUENTI
Difendiamo i nostri reni
E’ uno degli organi più a rischio in caso di diabete mal controllato e nei casi più gravi rende necessari dialisi o trapianto. Vediamo come si sviluppa la complicanza, come si può individuare precocemente l’insorgenza del problema, quali esami e analisi è opportuno fare.
prof. Paolo Brunetti
Direttore Dipartimento di Medicina Interna Università degli Studi di Perugia
La nefropatia diabetica è divenuta ormai una delle cause che più frequentemente conducono a insufficienza renale cronica con necessità di dialisi o trapianto. Non a caso, nel 2003, la la “International Diabetes Federation”( Idf ) ha dedicato a questo tema la Giornata mondiale del diabete.
Diffusione del diabete Che il diabete si stia diffondendo a livello planetario in modo epidemico è nozione ormai acquisita. Infatti, secondo le previsioni dell’Oms, i circa 180 milioni di diabetici di oggi diventeranno 300 milioni nel 2005 con un aumento sia del diabete di tipo1 sia di quello di tipo 2, ma prevalentemente di quest’ultimo. Il diabete di tipo 1 rappresenta infatti meno del 10% del totale, anche se è da rilevare che il necessario ricorso alla terapia insulinica e la più giovane età di insorgenza – abitualmente l’età infanto-giovanile – ne aumentano l’impatto clinico e psicologico e ne rendono più complessa la gestione.
Inoltre, anche il diabete di tipo 2 mostra una allarmante tendenza a insorgere in una età meno avanzata rispetto al passato. È degli ultimi anni l’osservazione di una non trascurabile incidenza del diabete di tipo 2 fra gli adolescenti, con il parallelo diffondersi anche fra i giovani di una crescente condizione di obesità.
Nella maggior parte dei Paesi sviluppati il diabete è ormai la quarta causa di morte, soprattutto per le complicanze cardiovascolari e renali cui può dar luogo. Compromette la qualità della vita soprattutto attraverso le complicanze oculari e neuropatiche e incide sul budget sanitario in misura di poco inferiore al 10% della spesa totale. È perciò oltremodo opportuna una campagna di sensibilizzazione nei confronti del diabete e delle sue complicanze e, particolarmente, di quelle renali.
Funzioni del rene I reni svolgono una funzione essenziale per la sopravvivenza. Ai reni spetta infatti il compito di filtrare il sangue, eliminando nelle urine i prodotti del metabolismo cellulare quali i composti, azotati, i fosfati, i solfati, eccetera, che risultano tossici per l’organismo.
Contemporaneamente, viene eliminata l’acqua introdotta in eccesso con l’alimentazione e quella prodotta come risultato dei processi metabolici.. Accanto alla funzione di depurazione del sangue, i reni svolgono anche una importante attività ormonale, producendo la eritropoietina, un ormone indispensabile per la produzione di globuli rossi da parte del midollo osseo, la renina, coinvolta nella regolazione della pressione arteriosa e la vitamina D attivata, che regola il contenuto di calcio delle ossa garantendone la solidità.
Il diabete compromette l’integrità del sistema vascolare renale e, in particolare, del microcircolo glomerulare attraverso lo sviluppo della microangiopatia. In tal modo, danneggia la struttura del rene, compromettendone la funzione in maniera cronica e progressiva.
Quadro clinico della nefropatia La nefropatia diabetica si caratterizza per la perdita con le urine di una quantità crescente di albumina,che accompagna l’aumento della pressione arteriosa e precede la riduzione della funzione renale. L’insufficienza renale terminale, con necessità di dialisi o trapianto, interviene dopo 20-30 anni dalla insorgenza del diabete.
Circa il 25% dei diabetici di tipo 1 e il 5-10% dei soggetti con diabete di tipo 2 sviluppano insufficienza renale. La presenza di nefropatia diabetica si accompagna inoltre a un più elevato rischio di malattie cardiovascolari e di altre complicanze tipiche del diabete (neuropatia e retinopatia diabetica).
La nefropatia diabetica non si associa ad alcun sintomo clinico nelle prime fasi del suo sviluppo, caratterizzato soltanto dalla presenza nelle urine di una quantità moderatamente elevata di albumina (microalbuminuria). In condizioni normali, la quantità di albumina eliminata giornalmente con le urine non supera i 30mg/l. Si definisce microalbuminuria una quantità di albumina compresa fra 30 e 300mg/l.
L’escrezione di una quantità superiore ai 300mg viene definita invece macroalbuminuria ed è indicativa di una nefropatia conclamata. Quando la quantità di albumina secreta è superiore ai 300mg, il danno renale è di tale entità da consentire anche il passaggio di proteine diverse dall’albumina. Per questo il termine macroalbuminuria è interscambiabile con quello di proteinuria. Nel tempo la quantità di proteine disperse con le urine può crescere progressivamente fino a raggiungere valori superiori ai 3g nelle 24 ore. Ne deriva una riduzione della concentrazione di albumina nel sangue con conseguente comparsa di edema alle caviglie e successiva estensione ad altri distretti.
La comparsa di microalbuminuria è abitualmente accompagnata da un aumento della pressione arteriosa che contribuisce al progressivo peggioramento della funzione renale.
La presenza di insufficienza renale si associa a una sintomatologia complessa che include una marcata riduzione delle forze, mancanza di appetito, nausea e, nelle forme più avanzate, vomito, gonfiore alle caviglie o edemi diffusi, anemia per la mancanza di eritropoietina e dolori ossei per la presenza di una osteodistrofia renale secondaria a una carenza di vitamina D.
In questa fase di insufficienza renale terminale è inevitabile il ricorso alla terapia dialitica o al trapianto di rene.
Stadi evolutivi della nefropatia
Nella evoluzione della nefropatia diabetica si possono perciò distinguere alcuni stadi. Nel periodo immediatamente successivo alla insorgenza del diabete la funzione renale è normale – può esserci anzi un aumento della filtrazione glomerulare legato all’iperglicemia – non c’è microalbuminuria e la pressione arteriosa è normale. La maggior parte dei pazienti rimane in questo stadio e, se nessuna variazione interviene dopo 15 anni, è ormai improbabile che la nefropatia diabetica insorga successivamente.
In una minoranza di casi – 15% dei diabetici di tipo 1 e 5-10% dei diabetici di tipo 2 – in un tempo variabile dai 5 ai 10 anni di durata del diabete compare microalbuminuria, eventualmente associata a un lieve aumento della pressione arteriosa, mentre la funzione renale di filtrazione si mantiene normale. Questo stadio viene anche definito come nefropatia incipiente.
In uno stadio ulteriore, che copre il periodo fra 10 e 20 anni di durata del diabete, aumentano i livelli di proteine nelle urine (proteinuria), compare ipertensione arteriosa e comincia a rendersi evidente una riduzione della funzione renale. Questo stadio viene definito di nefropatia clinica o conclamata.
Da questo momento, il calo della funzione renale diviene progressivo e, in assenza di terapia, procede celermente verso lo stadio finale di insufficienza renale terminale con necessità di ricorso alla terapia sostitutiva (vedi tabella).
Nel diabete di tipo 1, difficilmente la microalbuminuria è dimostrabile prima dei 5 anni di durata della malattia. Questo non vale sempre nel diabete di tipo 2, che può presentare microalbuminuria fin dal momento della diagnosi, giacché questa, il più delle volte, segue di diversi anni l’insorgenza della malattia.
La microalbuminuria è un importante indice predittivo della futura comparsa di una nefropatia diabetica conclamata. In realtà, fino al 50% dei soggetti diabetici può presentare microalbuminuria nella prima fase della malattia e, di questi, circa un terzo o poco più – all’incirca il 20% del totale – sviluppano una proteinuria ed evolvono verso l’insufficienza renale.
Attualmente la nefropatia diabetica è la causa più frequente di accesso ai servizi di emodialisi e dialisi peritoneale e ai programmi di trapianto renale.
E’ importante sottolineare che la microalbuminuria è anche un importante fattore di rischio cardiovascolare. Molti studi condotti sul diabete di tipo 2 hanno dimostrato che il rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare è aumentata di 2-3 volte in presenza di microalbuminuria e di ben 10 volte in presenza di proteinuria.
La frequenza e la gravità delle complicanze renali del diabete devono indurre a uno screening accurato e periodico dei diabetici per una diagnosi precoce della nefropatia diabetica e per l’attivazione delle misure terapeutiche necessarie.
L’esperienza dell’ultimo ventennio ha infatti dimostrato che una terapia appropriata può fare regredire verso la normalità una condizione di microalbuminuria e rallentare in modo significativo il declino della funzione renale quando si sia già stabilita una condizione di proteinuria.
Screening diagnostico
Per la diagnosi di proteinuria, indicativa di una nefropatia diabetica conclamata, è sufficiente l’impiego di una striscia reattiva nel corso di un esame routinario delle urine. Il dosaggio preciso della quantità di proteine secrete può quindi essere eseguito con una semplice analisi chimica, alla portata di qualsiasi laboratorio. La determinazione invece di minime quantità di albumina, come quelle che caratterizzano lo stato normale o la condizione di microalbuminuria, richiede l’impiego di metodiche più sofisticate abitualmente di tipo immunologico.
La microalbuminuria, caratterizza lo stadio di nefropatia incipiente. Poiché ai fini della terapia è necessario diagnosticare la nefropatia con la maggiore precocità possibile, è indispensabile che ogni soggetto diabetico sia sottoposto a uno screening periodico, abitualmente annuale, per il dosaggio della microalbuminuria. Se la ricerca della microalbuminuria è negativa, il test deve essere ripetuto dopo un anno; in caso di positività, la valutazione deve essere fatta invece con un ritmo semestrale.
Ai fini della ricerca della microalbuminuria sono importanti le modalità di raccolta delle urine. Questa può infatti essere eseguita in diversi modi (v. tabella 2).
La determinazione dell’albumina eseguita nella raccolta delle urine di 24 ore viene considerata come il “gold standard” della metodica. Tra l’altro, questa consente anche la determinazione della creatininuria e quindi della filtrazione glomerulare.
In alternativa, può essere utilizzata una raccolta temporizzata notturna delle urine o, ancor più semplicemente, la prima minzione del mattino al risveglio. In quest’ultimo caso, la quantità di albumina deve essere rapportata al contenuto, nello stesso campione, di creatinina. Si calcola così il rapporto albumina/creatinina che vari studi hanno dimostrato essere ben correlato con la quantità complessiva di albumina eliminata giornalmente.
A seconda delle modalità di raccolta urinaria, si hanno perciò indici diversi: l’escrezione di albumina valutata su base giornaliera o per minuto e il rapporto albumina/creatinina. Poiché la quantità di creatinina secreta è espressione della massa muscolare, i valori medi del rapporto albumina/creatinina variano nei due sessi (v. tabella 2).
Poiché esiste una certa variabilità nella escrezione giornaliera di albumina, la diagnosi di microalbuminuria deve essere confermata in almeno due raccolte su tre ed è perciò opportuno, dal momento che l’albumina presente nelle urine rimane stabile a temperatura ambiente per una settimana, raccogliere più campioni in giorni consecutivi da inviare insieme al laboratorio.
Lo screening della nefropatia diabetica sia nei diabetici di tipo 1 sia in quelli di tipo 2, comincia pertanto con la ricerca di una eventuale proteinuria mediante il semplice impiego di una striscia reattiva. Se è presente proteinuria e questa viene confermata con il dosaggio quantitativo in una misura superiore ai 300mg nelle 24 ore, viene posta la diagnosi di nefropatia diabetica conclamata e si adottano le opportune misure terapeutiche e di monitoraggio successivo. Se la proteinuria è assente, si procede, nello stesso campione di urine, alla ricerca della microalbuminuria e, se confermata in più campioni, si pone diagnosi di nefropatia incipiente e si provvede al relativo trattamento e monitoraggio.
La filtrazione glomerulare
Lo screening della nefropatia diabetica si completa con la determinazione del filtrato glomerulare calcolato attraverso la misura della concentrazione plasmatica e della eliminazione urinaria giornaliera di creatinina (clearance della creatinina). La filtrazione glomerulare è abitualmente normale in presenza di microalbuminuria, ma può essere ridotta in presenza di proteinuria. Con l’insorgenza di proteinuria (nefropatia conclamata) la filtrazione glomerulare si riduce anzi in modo progressivo con un ritmo che, in assenza di terapia, può essere dell’ordine del 10% all’anno. Nella storia naturale della malattia il declino della funzione renale è così inesorabilmente progressivo da portare a insufficienza renale cronica in un arco di tempo inferiore a 10 anni. Fortunatamente, l’introduzione e l’uso appropriato di nuovi presidi terapeutici consente oggi di rallentare sensibilmente il deterioramento della funzione renale, allontanando nel tempo la necessità del ricorso alla terapia sostitutiva. Di cura e terapia parleremo dettagliatamente in un successivo articolo.
SPESSO IPERTENSIONE E NEFROPATIA SONO CORRELATE ATTENZIONE ALLA PRESSIONE
Un’accurata misurazione della pressione arteriosa è parte integrante dell’approccio clinico al paziente con nefropatia diabetica. Un aumento della pressione arteriosa può essere presente già nello stadio di microalbuminuria con una tendenza a un incremento progressivo e parallelo al peggioramento della funzione renale e all’aumento della escrezione urinaria di proteine.
Negli stadi più precoci l’aumento della pressione arteriosa può essere di minima entità e non facilmente evidenziabile con le misurazioni cliniche di routine. Il monitoraggio continuo della pressione arteriosa per 24 ore può essere di utilità nei casi dubbi, per dimostrare innalzamenti anche modesti di pressione arteriosa. In particolare, il primo segno che prelude alla comparsa di ipertensione arteriosa è l’assenza della caduta notturna della pressione arteriosa sempre presente in condizioni fisiologiche.
In presenza di ipertensione arteriosa associata a nefropatia diabetica, è opportuno misurare la pressione arteriosa nel paziente sia disteso sia in posizione eretta. È infatti possibile che, per la frequente coesistenza di nefropatia vegetativa, che riduce la capacità di aggiustamento posturale della pressione, possa verificarsi nel passaggio dalla posizione reclinata a quella eretta, specie se rapido, una consistente caduta della pressione sistolica con conseguente comparsa di una sintomatologia da ridotto afflusso ematico cerebrale (vertigine, debolezza, senso di affaticamento). È questo il quadro della ipotensione ortostatica.
IN ALCUNI CASI SERVONO ULTERIORI INDAGINI QUANDO OCCORRE LA BIOPSIA
In alcuni casi può esservi il dubbio che il diabete non sia la sola causa del danno renale. In questa eventualità, l’accertamento diagnostico può comprendere altre indagini (ecografia, biopsia renale, eccetera). In particolare, il ricorso alla biopsia renale deve considerarsi eccezionale e limitato ai casi in cui il decorso della malattia renale si discosta da quello tipico della nefropatia diabetica come, per esempio, quando un danno renale sia dimostrabile dopo una durata relativamente breve del diabete (inferiore ai 10 anni), non vi sia il riscontro della associazione con una retinopatia diabetica, il deterioramento della funzione renale sia eccezionalmente rapido, ovvero vi sia una sproporzione fra alti valori di creatininemia e bassi livelli di albuminuria e proteinuria o, infine, se fossero dimostrabili reperti urinari del sedimento (cilindri, globuli rossi) indicativi di altre patologie.