In topi sovrappeso con prediabete, la dieta paleolitica povera di carboidrati e ricca di grassi aumenta il peso e l’intolleranza al glucosio.
Perchè non tornare a mangiare “paleolitico” nel terzo millennio? Proprio come facevano i nostri antenati che vivevano di caccia, pesca e frutti donati dalla terra. Ormai adottata da molti personaggi famosi e comuni, la dieta paleolitica prevede il consumo di carni magre, pesce e frutti di mare, uova, noci e semi, frutta e verdura. Ad un maggior apporto di grassi si affianca una riduzione del consumo di carboidrati, appunto assunti con frutta e verdura, mentre vengono banditi i cereali e i loro derivati. I presupposti farebbero pensare al solo guadagno in salute: un’alimentazione più ricca di frutta e verdura fa perdere peso, assumere meno carboidrati abbassa il rischio di glicemia alta dopo i pasti. Tuttavia, un’alimentazione povera di carboidrati e ricca di grassi come richiede la dieta paleolitica non porta alla perdita di peso e causa l’accumulo di grasso nel fegato, che interferisce con l’azione dell’insulina nella produzione di glucosio epatico. Poi, è giusto ricordare che non sono presenti studi scientifici che sostengono i benefici della dieta paleolitica, nonostante sia adottata da molte persone.
Recentemente, la rivista Nutrition & Diabetes ha pubblicato uno studio che ha osservato gli effetti della dieta paleolitica in topi sovrappeso con i sintomi del prediabete. I ricercatori dell’Università di Melbourne, in Australia, hanno suddiviso i topi in due diversi gruppi e li hanno nutriti per 8 settimane con una dieta povera di carboidrati e ricca di grassi, rispettivamente il 20% ed il 60% dei nutrienti ingeriti, o con la loro dieta abituale che prevede l’assunzione di grassi fino al 3%.
Dopo 8 settimane, i topi nutriti con la dieta paleolitica mostravano un aumento dell’intolleranza al glucosio, di insulina e avevano il 15% in più del loro peso iniziale e con un raddoppio della massa grassa (dal 2% al 4%). Questo notevole aumento di peso, paragonabile a un uomo di quasi 91 kg che in 2 mesi aumenta di circa 14 kg, aumenta il rischio di pressione alta, problemi ossei, artrite, ansia e depressione, con rischio potenziale di iperglicemia, alti livelli di insulina fino allo sviluppo di diabete.
“Questi dati portano un messaggio molto importante” conclude il Prof. Sof Andrikopoulos, Presidente della Australian Diabetes Society e autore principale dello studio. “Bisogna prestare molta attenzione con le diete ricche di grassi, sempre seguire il consiglio del medico specialista per la gestione del peso e sempre scegliere diete basate sulle evidenze scientifiche come, ad esempio, la dieta mediterranea”.
Alessandra Gilardini
Fonte: Nutrition & Diabetes