L’ultima frontiera della ricerca scientifica sulle malattie autoimmunitarie, la cui insorgenza è legata al fatto che l’organismo non riconosce alcune sue cellule e le attacca come se fossero agenti estranei, è l’utilizzo delle nanotecnologie che hanno già dato i primi risultati sulla sclerosi multipla e la cui efficacia è ora oggetto di studio anche per il diabete di tipo 1.
I ricercatori della Northwestern University hanno pubblicato i primi dati relativi alla ricerca sulla sclerosi multipla condotta sui topi. In questo studio sono state utilizzate nanoparticelle biodegradabili contenenti antigeni per la sclerosi multipla per ‘riprogrammare’ il sistema immunitario, la cui funzionalità anomala è proprio causa scatenante dell’insorgenza e progressione della malattia, riportandolo a un equilibrio e innescando una cosiddetta tolleranza immunitaria.
Questi risultati sono promettenti anche per il trattamento di altre patologie che possono essere curate agendo sul sistema immunitario in modo diretto. Le nanoparticelle sono piccoli pacchetti che possono veicolare all’interno dell’organismo diversi componenti aventi come bersaglio le cellule del sistema immunitario e, dagli studi finora effettuati, sono in grado di mimare in modo efficiente i processi di tolleranza immunitaria fisiologici. Attraverso le nanoparticelle, essendo molto più specifiche di altri trattamenti, è possibile inoltre minimizzare gli effetti collaterali e garantire un maggiore controllo sulle reazioni innescate o ripristinate a livello immunitario.
Per il diabete di tipo 1 si stanno studiando le potenzialità delle nanoparticelle per garantire una tolleranza immunitaria alle cellule pancreatiche trapiantate per produrre insulina, in modo che l’organismo non le distrugga.
Cinzia Pozzi
5 dicembre 2012 [FONTE: Nature Biotechnology]