Dieta e diabete: dimmi che geni hai e ti dirò cosa mangiare

Lo studio dei geni corre  in aiuto nella ricerca sui gusti alimentari, perché i dietologi possano costruire una dieta a misura di gusto per migliorare la prevenzione e cura dei disturbi metabolici come diabete e obesità.

preferenzeLe preferenze alimentari sono il primo fattore che determina la scelta di quali alimenti mangiare, e di conseguenza di quali patologie legate alla dieta che assumiamo. Quindi i geni  sono la chiave per capire l’alimentazione umana e il suo rapporto con la salute su larga scala, secondo i ricercatori.

I dottori Nicola Pirastu e Antonietta Robino dell’Università di Trieste e dell’IRCCS Burlo Garofolo della città, hanno cercato di identificare nuovi geni e meccanismi coinvolti nella percezione del gusto e nelle preferenze alimentari, e hanno studiato il loro coinvolgimento nella predisposizione o protezione contro i disturbi legati all’alimentazione, come il sovrappeso, l’obesità e il diabete. In letteratura sono già presenti studi di questo tipo, la maggior parte concentrati sui recettori del gusto amaro per capire i meccanismi alla base della percezione di particolari composti, come la caffeina e il chinino. Lo studio di Pirastu e Robino, presentato  alla conferenza annuale della European Society of Human Genetics (ESHG), ha ampliato l’osservazione all’intero genoma, con l’obiettivo di chiarire quali geni specifici corrono in auto nelle differenze individuali di percezione del gusto e nelle preferenze alimentari.

I due ricercatori hanno iniziato degli studi di associazione genome-wide (GWAS), ossia ricerche estese a tutto il genoma, per cercare di svelare le basi genetiche di alcune preferenze alimentari. A primo studio hanno partecipato 2311 soggetti italiani e 1.755 provenienti da altri paesi europei e dell’Asia centrale, per poter  verificare ulteriormente i risultati. Pirastu e Robino hanno scoperto 17 geni indipendenti legati alla simpatia per alcuni alimenti, tra cui i carciofi, la pancetta, il caffè, la cicoria, il cioccolato fondente, il formaggio, i gelati, il fegato, l’olio o il burro sul pane, il succo d’arancia, lo yogurt, il vino bianco e i funghi. Sorprendentemente, nessuno dei geni individuati apparteneva alla categoria dei recettori del gusto o dell’olfatto. “C’è ancora molto che deve essere fatto per capire quali sono le caratteristiche di alcuni alimenti colpite dal make-up genetico di un individuo”, spiega Pirastu. “Per esempio, abbiamo trovato una forte correlazione tra il gene HLA-DOA e la simpatia per il vino bianco, ma non abbiamo idea di quale delle caratteristiche del vino bianco influenzi questo gene. I nostri studi saranno importanti per comprendere l’interazione tra l’ambiente, gli stili di vita e il genoma nel determinare i risultati nell’ambito della salute. Anche se c’è stato un sacco di lavoro sulle malattie legate all’alimentazione come l’obesità, raramente sono state prese in considerazione le preferenze alimentari. Questa è una limitazione importante a cui il nostro lavoro cerca di rimediare, e ancora abbiamo veramente solo scalfito la superficie di questo problema “.

In un secondo studio, i ricercatori hanno accumulato la risposta di circa 900 adulti sani residenti nel Nord Est dell’Italia al sale, e hanno trovato  una variazione di sequenza del DNA  sul gene KCNA5, noto per essere correlato al meccanismo del gusto  nei mammiferi. La percezione del sale e la variazione genetica collegata ai recettori del gusto sono fattori determinanti importanti delle differenze individuali nel consumo di sale, che a sua volta rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo dell’ipertensione e delle malattie cardiovascolari. “Le variazioni genetiche per la percezione del gusto sono ben note per quanto riguarda il gusto amaro, dolce e umami, ma fino ad ora si sapeva poco sul loro ruolo nella percezione del salato e sulla simpatia verso questo elemento” spiega Robino. “Identificare il recettore associato a differenze individuali nella percezione del salato potrebbe aiutarci a capire meglio come le differenze chemiosensoriali possano interagire per influenzare e prevedere le scelte alimentari e, quindi, il comportamento alimentare dell’uomo. Ciò potrebbe anche svolgere un ruolo importante nello sviluppo di sostituti del sale, per cui vi è un crescente interesse commerciale”.

Un intervento nutrizionale, quindi, basato su una dieta genetica potrebbe migliorare l’andamento della dieta stessa adattandola alle preferenze per determinati alimenti per ciascuno di noi. Per esempio, di recente è stato portato avanti uno studio applicato alla conoscenza di 19 geni diversi per personalizzare la dieta di 191 persone affette da obesità che cercavano di perdere peso. Sono stati divisi in due gruppi di test (87 soggetti) e di controllo (104). Piratsu e colleghi hanno ideato una dieta standard per perdere peso sottraendo 600 calorie dalle singole esigenze nutrizionali, e analizzato il DNA dal gruppo di prova per 19 geni noti per influenzare diverse aree metaboliche e di degustazione. “Abbiamo quindi modulato le diete in base ai singoli profili genetici. Ad esempio, a persone il cui profilo genetico dimostrava di avere un metabolismo lipidico meno efficiente è stata data una dieta con meno grassi – ma abbiamo mantenuto l’importo complessivo di calorie uguale per tutti. Anche se non vi erano differenze significative per età, sesso e indice di massa corporea tra i due gruppi all’inizio dello studio, abbiamo scoperto che le persone nel gruppo che aveva seguito la dieta genetica hanno perso il 33% in più di peso rispetto ai controlli in due anni, e la percentuale di massa magra in questo gruppo è aumentata di più”, precisa Piratsu.

Un recente studio effettuato su più di 40.000 persone ha dimostrato che chi preferisce i grassi ha un modello di alimentazione completamente diverso rispetto alle persone che non amano il grasso. “Allora qualcosa di semplice come misurare il gradimento per il grasso ci può fornire una grande quantità di informazioni” conclude il ricercatore.”Comprendere la genetica di questi tratti comportamentali aprirà nuove possibilità per lo sviluppo di diete personalizzate e di alimenti funzionali volti a migliorare la salute delle persone e quindi la loro qualità di vita .”

Osservazione personale: a me il gene del carciofo manca del tutto, ma sono certa di aver bilanciato nel mio genoma con quello per il cioccolato fondente.

Alessandra Gilardini

Fonte: European Society of Human Genetics – ESHG