Si parla spesso dell’educazione sanitaria delle persone con diabete, ma se per una volta fossero queste persone a salire in cattedra? Anche loro infatti hanno qualcosa da insegnare per migliorare i percorsi di cura: le loro storie di diabete, la loro esperienza.
Per comprendere meglio in che modo le storie di diabete possono impattare sulla qualità delle cure, vorrei raccontarvi un esperimento interessante che è stato proposto, ormai qualche anno fa negli Stati Uniti, per promuovere la formazione degli studenti di medicina secondo un approccio centrato sul paziente.
I ricercatori si sono posti due domande:
- In che modo le storie delle persone che hanno il diabete possono cambiare la comprensione del diabete negli studenti?
- In che modo questa comprensione differisce dal sapere ricavato dalle letture sul diabete e sulla cura del diabete?
Per rispondere a queste domande hanno reclutato dei volontari: persone con diabete che hanno aperto le porte delle loro case agli studenti di medicina. In coppia, un gruppo di studenti ha frequentato queste famiglie con visite periodiche per circa due anni, ascoltando le loro storie e osservando le loro vite, e discutendone poi tra loro.
“Come volontario ti viene chiesto di aprire la tua vita agli studenti. – spiega uno dei volontari – Tu e la tua famiglia sarete una risorsa importante per capire come la salute cambia e come una patologia cronica colpisce chi ne soffre e la sua famiglia. Gli studenti possono esplorare importanti connessioni con temi come la cultura, le credenze sulla salute, l’età, il genere, la rete di supporto e sulla comunicazione medico-paziente.”
Al termine di questo periodo gli studenti (12 di loro) sono stati intervistati e le registrazioni delle interviste analizzate sulla base della Grounded Theory.
Le tematiche emerse sono davvero interessanti e vale la pena leggere alcune testimonianze:
- C’è molto di più nel diabete oltre alle conoscenze scientifiche: le storie delle persone con diabete mettono in evidenza il lato esperienziale della condizione, personalizzano il diabete e ne esprimono il potenziale emotivo. “Penso che nelle lezioni ci concentriamo sul paziente inteso in senso generale. Non si parla di qualcuno in particolare. L’enfasi è sulla malattia, sul processo, su quello che può succedere. È tutta statistica ed è completamente diverso quando hai a che fare con un paziente reale. “
- Le storie dei pazienti spesso mettono in crisi i preconcetti degli studenti rispetto alla vita con il diabete, agli obiettivi dei pazienti e al carico della malattia (burden of illness): ‘Si tratta di entrare in contatto con i pazienti e scoprire cosa è davvero importante per loro!’’
- Le storie permettono di mettersi nei panni degli altri “Provo a immaginare più spesso: cosa farei io se mi venisse diagnosticato il diabete? Non so se sarei capace di gestirlo così bene come ho visto fare alla ragazza che ho conosciuto.”
- L’impatto emotivo delle storie aumenta la motivazione: gli studenti sentono di dover prestare più attenzione alla prevenzione delle conseguenze del diabete, sono mossi a lavorare per un cambiamento sociale e a diventare medici più umani.
‘‘È stato come un promemoria di ciò per cui ci stiamo impegnando e di quello che sarà dopo aver concluso gli studi: lavoreremo con le persone giorno per giorno”
- L’esperienza ha cambiato il modo di concepire la medicina: il concetto di autorità, la percezione di essere “privilegiati” in quanto non affetti da una patologia cronica e di voler approfondire gli aspetti psicosociali della malattia.
“È tutta questione di allearsi con le persone e comprendere che qualsiasi camice tu indossi o qualsiasi titolo tu possa scrivere prima del tuo nome (…), devi conoscere le persone prima di poter avere un impatto sul loro comportamento”
Il confronto degli studenti con l’esperienza dei volontari, così diversa dalla loro e da quello che si studia sui libri, ha portato a una riflessione su di sé e a una crescita personale e a una visione più dinamica e complessa della malattia.
Le parole di questi studenti sono l’esempio di qualcosa che forse avete sperimentato anche voi e che le associazioni di pazienti rivendicano da tempo: il paziente è il vero esperto della malattia, esperto nel senso stretto di colui che del diabete fa esperienza quotidiana. Per questo nella costruzione del percorso di cura è fondamentale una collaborazione attiva tra paziente e curante.
A voi è mai capitato di essere “insegnanti” per i vostri curanti?
Francesca Memini