Diabete di tipo 2: il coinvolgimento della famiglia

 

Nella nostra società fortemente individualistica siamo abituati a pensare alla malattia come qualcosa (una sfida, una guerra, una maratona… scegliete voi la metafora) da affrontare da soli, grazie alla nostra forza di volontà e alle nostre capacità. Questa immagine dell’eroe solitario contro le avversità della vita può essere un forte stimolo a reagire con responsabilità e a diventare protagonisti nella gestione quotidiana della malattia, soprattutto nelle malattie croniche come il diabete.

C’è un aspetto, però, che questo tipo di narrazione rischia di lasciare in ombra: non siamo eroi solitari, ma viviamo in un fitto intrico di relazioni, in primo luogo quelle familiari, che ci influenzano e interagiscono con la nostra identità, con le nostre scelte e con le nostre possibilità.

Il nostro modo di dare significato alle esperienze (anche a quella della malattia) è fortemente condizionato da quello dei nostri familiari, dalle credenze e dalle opinioni condivise in famiglia; le nostre scelte sono influenzate da ciò che ci aspettiamo dagli altri, dalle loro reazioni o da quelle che ci aspettiamo saranno le loro reazioni.
Facciamo qualche esempio.

Se io mi riconosco nel ruolo dell’eroe che affronta con coraggio il “mostro-diabete”, come reagirò se mia madre si comporta come se dovesse sostituirsi a me in ogni azione?

Se, al contrario, non mi voglio riconoscere nel ruolo della persona malata, come reagisco al familiare che non fa altro che manifestare le sue preoccupazioni per la mia salute?

Se mi sento debole e sopraffatto dalle difficoltà, ma sono sempre stato la colonna portante della famiglia, come posso accettare di cambiare ruolo e mostrarmi debole?

Se in famiglia rifiutare il bis è considerato un oltraggio nei confronti della cuoca, come potrò far capire a mia madre che la doppia porzione di lasagne della domenica non è più una buona idea?

Se il nonno ha subito un’amputazione a causa di un diabete trascurato, mia madre riuscirà a fidarsi delle capacità di auto-gestione del figlio?

Nella maratona del diabete i familiari possono essere nostri alleati o un ulteriore elemento di difficoltà e di conflitto.  Ma forse è meglio guardare il problema da un’altra prospettiva: i familiari sono – volenti o nolenti – co-protagonisti della nostra storia di malattia, coinvolti e impegnati insieme a noi. Meglio quindi affrontare insieme le difficoltà e trovare soluzioni condivise.

Le aree critiche nella relazione con i familiari

Quali sono le principali difficoltà che si presentano nella relazione tra familiari e persone con diabete di tipo 2? E in che modo possono essere superate per costruire un’alleanza solida ed efficace?

Una recente ricerca danese ha indagato questi temi, con l’obiettivo di trovare strategie utili ai curanti per coinvolgere i familiari con strategie di supporto efficaci.

I ricercatori hanno coinvolto attraverso 5 workshop un gruppo di persone con diabete di tipo 2 con i loro familiari e con altri 5 workshop un gruppo di professionisti sanitari. Durante questi workshop i ricercatori hanno stimolato la discussione sul tema del coinvolgimento dei familiari: le conversazioni registrate e trascritte sono state analizzate dai ricercatori che hanno individuato 6 principali aree di criticità interconnesse tra loro: conoscenze, comunicazione, ruoli, vita quotidiana, supporto e preoccupazioni.

Difficoltà nella condivisione delle conoscenze in famiglia

Spesso la patologia non è conosciuta adeguatamente dai familiari o non è tenuta in considerazione con la dovuta serietà.

“I miei figli sono più preoccupati per i miei problemi di cuore che per il  diabete. Credono che il cuore può uccidermi, ma non sanno che il diabete può essere altrettanto letale. Vorrei tanto che avessero conoscenze più realistiche di che cos’è il diabete, semplicemente raccogliendo qualche informazioni corretta. Ma questo richiederebbe un interesse di base (..) ma non lo prendono abbastanza sul serio”.

I curanti evidenziano come i caregiver abbiano la tendenza a sottovalutare o a dimenticare soprattutto l’ereditarietà del problema.

Comunicazione inadeguata tra familiari

La comunicazione tra familiari può essere inadeguata in molti modi: tra le testimonianze raccolte c’è chi si lamenta perché in famiglia non si fa che parlare del diabete e chi denuncia un eccessivo silenzio, come se il diabete fosse un argomento tabù.Ne sono consapevoli anche i curanti:

“Vediamo spesso che molte cose rimangono non-dette. Può essere molto difficile per una persona con diabete esprimere i propri desideri su che tipo di aiuto e supporto gli serve davvero. Spesso non sanno affatto come parlarne… dobbiamo aiutarli a creare il giusto dialogo”.

Difficoltà nel comprendere e accettare nuovi ruoli familiari

Con l’entrata in scena del diabete i ruoli precedentemente negoziati all’interno del sistema familiare subiscono un cambiamento che spesso non è accettato dal diretto interessato o dai suoi familiari: genera frustrazione o preoccupazioni.

Racconta un padre di famiglia: “Sono ancora esattamente la stessa persona. Un sacco di persone intorno a me pensano che all’improvviso dovrebbero iniziare a trattarmi in modo diverso e prendersi cura di me. Mi chiedono cosa posso o non posso mangiare”.

Frustrazione con la routine quotidiana e tentativi di mantenere un senso di normalità

Il diabete cambia la normale routine quotidiana, ha un impatto (magari in termini di stanchezza e frustrazione) anche quando si lotta per mantenere le abitudini precedenti in famiglia.

“A volte devo cucinare 3 diversi pranzi ed è davvero frustrante, perché io avrei davvero voglia di cibi grassi. Ma non mi farebbe bene e quando lo faccio me ne accorgo”.

I curanti sottolineano l’importanza per loro di ascoltare la voce dei familiari per conoscere le abitudini quotidiane e lo stile di vita familiare da un punto di vista diverso da quello del paziente, per avere un quadro più completo.

Difficoltà nel comprendere come essere reciprocamente di aiuto

Quanto ti devo aiutare? Se il familiare è troppo interventista, la persona con diabete si sente invaso; se il familiare non interviene si sente abbandonato. Spesso i caregiver rinunciano a dare aiuto per le continue frustrazioni, per le difficoltà di trovare un giusto punto d’incontro, per le difficoltà comunicative. Come avviene in questo dialogo tra marito e moglie con diabete, raccolto durante il workshop:

-MOGLIE: “Non penso che si preoccupi affatto di me”

-MARITO: “Certo che mi preoccupo. Mi preoccupa molto che tu non ascolterai nulla di quello che dico. Ogni volta che dico qualcosa, rispondi solo che non importa. Ma io so di aver ragione e che ti diranno la stessa cosa in ospedale. E allora io dirò soltanto ‘te l’avevo detto…’”
-(RIVOLTO ALL’INTERVISTATORE) Voglio davvero aiutarla, ma credo che lei mi fraintenda ogni volta che parliamo di queste cose. È per il suo bene che dico ‘per l’amor di Dio non comprare tutti quei dolci!’ È davvero per il suo bene”

-(RIVOLTO DI NUOVO ALLA MOGLIE) E sono davvero preoccupato per te. Sta andando tutto a rotoli, non so cosa fare.

Le preoccupazioni reciproche spesso rimangono non dette o non riconosciute

I familiari hanno preoccupazioni e paure diverse da quelle del parente con diabete, preoccupazioni che spesso non vengono condivise o riconosciute dall’altro

Molti genitori sono preoccupati per il comportamento dei figli, come spiega la moglie di un padre diabetico: “Li abbiamo cresciuti e abbiamo dato loro delle cattive abitudini, immagino, sono sempre stata io ad occuparmi di ciò che mangiavano, per cui è fondamentalmente colpa mia. Immagino che sia così”.

I curanti sottolineano invece le differenze non esplicitate: “Il marito è generalmente annoiato dalla moglie quando interferisce troppo con la sua vita. Allora io provo a dirgli ‘ma è solo perché lei si preoccupa per te. Non vuole perderti, non capisci?’. Ma loro non parlano mai di questo tipo di cose. Se parlano di diabete parlano solo di questioni pratiche”.

Come affrontare queste aree di difficoltà?

Questa è la seconda domanda a cui cerca di rispondere lo studio, facendo ricorso ai concetti di health identity – l’insieme delle idee, aspettative, conoscenze, osservazioni, costruzioni di significato, paragoni tra noi e gli altri sulla salute con cui ci orientiamo nella complessità – e healthcare authenticity – quella postura che ci orienta verso ciò che ha davvero senso e valore per noi nella salute.

La risposta però non è affatto semplice. Non c’è una ricetta unica o una formula valida per tutte le famiglie. L’approccio deve essere necessariamente orientato alla complessità, deve tenere conto di come ogni sistema familiare sia unico e in ogni sistema familiare tutte queste 6 aree di criticità riverberano l’una sull’altra in modo differente.

Un’attenzione speciale per la storia della famiglia e il coinvolgimento di tutti i suoi componenti nella storia di cura deve essere un obiettivo fin dal momento della diagnosi.

A cura di Francesca Memini

 

Bibliografia
Grabowski, Andersen, Varming, Ommundsen, Willaing, Involvement of family members in life with type 2 diabetes: Six interconnected problem domains of significance for family health identity and healthcare authenticity, SAGE Open Med. 2017 Aug 17;5:2050312117728654. doi: 10.1177/2050312117728654