Anno 20 – n.3
UNO STUDIO AMERICANO E UNO FINLANDESE LO CONFERMANO
Dieta e sport contro l’intolleranza
L’intolleranza al glucosio, s’intende. Due autorevoli ricerche dimostrano una volta di più come un’alimentazione corretta e un regolare esercizio fisico siano efficaci nella prevenzione del diabete di tipo 2 nei soggetti con glicemie vicine ai valori critici.
Il diabete di tipo 2 è uno dei maggiori – se non il maggiore in assoluto – problemi sanitari del nostro tempo. Ciò si deve alla sua elevata e crescente diffusione e alla gravità delle sue complicanze. Si calcola infatti che il 5% della popolazione sia affetto da diabete mellito, anche se non tutti coloro che sono portatori di questa patologia sanno di esserlo. Inoltre, secondo le previsioni, assai fondate, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nei prossimi 25 anni la prevalenza del diabete mellito a livello mondiale sarà per lo meno raddoppiata.
Il diabete mellito è oggi considerato un importante fattore di rischio cardiovascolare. Ciò si desume dal fatto che i diabetici presentano una incidenza di infarto del miocardio, di ictus cerebrale e di insufficienza arteriosa periferica in misura da 2 a 4 volte superiore rispetto ai non diabetici.
Non sorprende perciò se, anche sotto il profilo dei costi, il diabete rappresenti una importante voce di bilancio, assorbendo in Italia fino al 7% della spesa sanitaria globale.
La prevenzione del diabete mellito e della patologia correlata deve essere perciò un obiettivo prioritario per una politica sanitaria che rifletta le reali necessità del momento. In questo senso, acquistano un particolare valore i risultati di due studi di intervento di ampio respiro, entrambi pubblicati sulla rivista “New England Journal of Medicine”.
Si tratta del “Diabetes Prevention Program” o “Dpp”(N.Engl. J. Med. 2002,346,393-403), eseguito negli Stati Uniti, e di uno”Studio finlandese” (N.Engl.J. Med 2001, 344,1343-50) entrambi assai efficaci nel dimostrare che una modificazione dello stile di vita, consistente in una correzione quantitativa e qualitativa del regime alimentare e nella esecuzione giornaliera di una quota peraltro moderata di esercizio fisico, è in grado di prevenire la comparsa di diabete mellito in soggetti portatori di una semplice intolleranza al glucosio.
Il diabete mellito di tipo 2 è infatti preceduto, nella sua storia naturale, da una fase, anche lunga molti anni, in cui esiste una anomalia minore del metabolismo dei carboidrati, definita appunto “intolleranza al glucosio”, e non ancora sfociata in un diabete clinico manifesto.
La diagnosi di intolleranza al glucosio richiede un carico di glucosio di 75 g e si definisce intollerante il soggetto che presenta, dopo 2 ore dalla ingestione del glucosio, un valore di glicemia superiore a 140 mg/dl, ma inferiore a 200 mg/dl. Valori inferiori a 140 mg/dl sono considerati normali, mentre valori eguali o superiori a 200 mg/dl fanno porre la diagnosi di diabete.
Naturalmente, anche i valori di glicemia a digiuno sono determinanti per la diagnosi. Il diabete viene definito da valori di glicemia a digiuno superiori a 125 mg/dl, mentre i valori normali sono quelli inferiori a 110 mg/dl. Peraltro anche valori intermedi, compresi fra 110 e 125 mg/dl, e quindi superiori alla norma, indicano una anomalia metabolica che spesso corrisponde a una intolleranza al glucosio o a un diabete mellito.
L’assenza di una sintomatologia clinica associata all’aumento dei valori di glicemia, come si verifica nell’intolleranza al glucosio o nelle fasi iniziali del diabete mellito di tipo 2, fa sì che la diagnosi di queste condizioni possa essere fatta soltanto con l’ausilio del laboratorio. E’ buona norma, perciò, dopo i 40 anni di età, eseguire almeno una volta l’anno una semplice glicemia a digiuno, ricorrendo anche a un carico di glucosio nei soggetti caratterizzati da un maggiore rischio di sviluppare il diabete.
In particolare, sono soggetti a rischio di diabete di tipo 2 tutti gli obesi, i familiari dei diabetici di tipo 2, ma anche chi è affetto da ipertensione arteriosa o da iperlipidemia, condizioni, queste, frequentemente associate al diabete nel quadro della sindrome metabolica.
Questa azione di “screening” è essenziale per arrivare a una diagnosi precoce, sia di diabete sia di intolleranza al glucosio e per instaurare quindi in tempo utile una terapia adeguata con maggiori probabilità di successo.
Negli studi citati -il “Diabetes Intervention Program” e lo “Studio finlandese”- si è voluto indagare l’efficacia di una riduzione dell’apporto alimentare e di un aumento dell’attività fisica nel prevenire l’evoluzione della intolleranza al glucosio verso il diabete e, come si è detto, il risultato è stato positivo. Questi studi hanno confermato perciò che uno stile di vita caratterizzato da un eccesso di alimentazione e da una sostanziale sedentarietà, come è quello proprio della nostra società, è il principale responsabile della comparsa, nel corso della vita, di intolleranza glucidica e di diabete e che il ritorno a un modello più naturale di comportamento è un importante strumento di terapia e di prevenzione. (P.B.)