Anno 21 – n.2
Aprile-Giugno 2004
L’Eros in crisi: chi ne parla e chi no
Secondo il Progetto Aware, la disfunzione erettile è sempre meno nascosta nel cono d’ombra dei tabù e degli imbarazzi: se ne discute e la si cura meglio. Ma resistenze e reticenze non sono del tutto superate.
Un problema troppe volte accantonato, rimosso o vissuto in disagevole silenzio comincia oggi a essere discusso apertamente: ormai di disfunzione erettile si parla di più e più liberamente, anche perché oggi sono disponibili nuovi mezzi di cura efficaci. Essendo questo disturbo piuttosto frequente tra i diabetici, il Centro Studi e Ricerche dell’Associazione medici diabetologi (Amd), in collaborazione con Bayer, ha condotto una ricerca (il Progetto Aware), per capire come il problema sia affrontato oggi dai pazienti e dai loro medici. Lo studio ha coinvolto 1000 diabetici e 1005 medici (502 medici di famiglia e 503 specialisti).
L’indagine ha innanzitutto rilevato un 11,7% di pazienti a cui è stato diagnosticato questo disturbo dell’apparato sessuale, nella grande maggioranza dei casi (56,9%) individuato dal diabetologo. Un primo dato interessante, che testimonia un approccio più aperto al problema, è che nella maggior parte dei casi, il 69%, è il paziente per primo a parlare di disfunzione erettile con il proprio medico, mentre soltanto il 30% ha invece bisogno di essere sollecitato. Un più elevato tasso di scolarità aiuta il paziente a essere più disposto a toccare un argomento per lungo tempo rimasto tabù. E, secondo l’indagine, resta un tema più difficile da trattare da parte di chi abita nell’Italia meridionale.
Commenta in proposito il diabetologo Marco Comaschi, già presidente della Amd e oggi coordinatore del Centro studi dell’Associazione: “Di disfunzione erettile si può e si deve parlare (se non altro con il proprio diabetologo o medico di fiducia), certi di essere ascoltati, compresi e di poter contare su qualche possibile soluzione in più, diversa dagli unguenti e dalle pozioni di non troppo vecchia memoria. Ai giorni nostri infatti incominciano a diffondersi le basi sociologiche e culturali necessarie ad affrontare serenamente il problema e a essere disponibili prodotti farmacologici in grado di ridurlo (se non di risolverlo) in buona parte dei casi”. Ma chi prevalentemente prende in cura il soggetto che accusa questo problema? L’inchiesta del Progetto Aware ci dice che, tra i diagnosticati, circa il 49% è stato inviato dall’urologo, il 40% dall’andrologo; in carico al diabetologo rimane solamente l’11%. Il 30% dei pazienti diagnosticati dichiara di seguire un trattamento farmacologico: sono persone con livello di istruzione medio-alto e relativamente giovani. Fra chi invece non affronta il problema con alcuna forma di terapia, il 19% ritiene non necessario risolverlo, il 26% non ha fiducia nell’efficacia dei rimedi esistenti, il 17% ha incontrato un rifiuto motivato da parte del medico.
E’ in ogni caso la vergogna, l’imbarazzo nel parlarne, l’ostacolo principale al ricorso a una soluzione per la disfunzione erettile. Questo fattore vale per il 36% degli interpellati, il 28% teme invece la banalizzazione del suo disturbo. Sussiste anche una significativa percentuale (il 18%) che confida in una risoluzione spontanea del problema, mentre una quota equivalente ancora non crede nelle capacità terapeutiche dei prodotti in commercio.
E’ evidente che una questione come quella della difficoltà nel rapporto sessuale chiama in causa un altro soggetto, il cui ruolo può essere fondamentale, e cioè la partner. Infatti, il 75% dei pazienti afferma di averne parlato con lei e di averne ricevuto un sostegno attivo. Rimane un 7% che invece ha scelto di tacere, preferendo magari ricorrere a un trattamento terapeutico senza trovare la forza di raccontarlo alla partner.
L’inchiesta si sposta poi su coloro che non sono affetti dalla disfunzione: per la maggioranza di costoro, il primo punto di riferimento, il primo con cui parlare, dovrebbe essere, il medico di famiglia: lo sostiene il 65% degli intervistati; segue, a distanza, lo specialista (22%). Alla moglie per prima lo direbbe soltanto l’1%. Solamente il 3% deciderebbe di non confidarsi con nessuno e di tentare di risolverlo da sé. Anche in questa categoria di persone, invitata a immaginare di trovarsi di fronte al problema in un futuro, è considerato significativo il ruolo della partner: il 70% ritiene fondamentale il suo coinvolgimento. Il 16% degli intervistati però, considera preferibile non dirle nulla e cercare di trovare autonomamente una soluzione. Assumere farmaci per mantenere elevata la qualità del rapporto di coppia è un’opzione indicata, forse un po’ sorprendentemente, soltanto dall’8% del campione.
Passando dai pazienti ai medici, l’indagine rileva che il medico di famiglia tende ad attribuire alla disfunzione erettile un grado di rischio minore di quanto faccia lo specialista. In ogni caso, sia gli uni, sia gli altri valutano come elevato il rischio di disfunzione erettile: 59% per i medici generici, 65% per gli specialisti. Lo screening per individuare il problema è regolarmente praticato dal 39% dei medici di base e dal 41% degli specialisti; la ricerca individua in particolare che nel nord-est il 28% dei medici di famiglia effettua l’accertamento con regolarità, mentre nel sud questa quota sale al 49%.
Fra i medici generici che non effettuano lo screening, il 38% lo spiega con la considerazione di non essere il medico adatto, il 9% con la reticenza del suo assistito. Le percentuali sono diverse nel caso degli specialisti, fra i quali si segnala un inatteso 15% che non si ritiene idoneo a trattare la questione. Il 32% indica esplicitamente il silenzio del paziente come ragione principale della mancata verifica. Rimane come dato significativo, e anche come problema aperto, una percentuale oscillante fra il 20 e il 25% di medici, sia generici, sia specialisti, che, con differenti motivazioni, non effettua screening, né pratica trattamenti.
UN PROGETTO DIVULGATIVO DI BAYER
Una questione di coppia
In tema di disfunzione erettile, Bayer Healthcare ha promosso un progetto divulgativo, inaugurato a fine 2003, dal titolo “Bayer per la coppia”, al fine di sensibilizzare sia gli uomini sia le donne sulla questione, le sue cause e implicazioni -mediche, psicologiche e sociali- e i possibili rimedi. L’iniziativa si è concretizzata in un’attività di comunicazione sul territorio attraverso la realizzazione di incontri medico-divulgativi rivolti al largo pubblico in oltre dieci città italiane, con il coinvolgimento di medici di base, specialisti andrologi e sessuologi. La filosofia del progetto è rappresentata dall’idea che passo fondamentale per affrontare positivamente un problema così delicato e frequente sia conoscerlo bene e parlarne, senza timore, all’interno della coppia e con lo specialista.
Negli ultimi anni sono comparsi sul mercato italiano diversi farmaci orali efficaci contro la disfunzione erettiva, il più recente dei quali è stato sviluppato dalla ricerca Bayer, che ha prodotto una pillola (di colore arancione) a base del principio attivo vardenafil. La specialità ha dimostrato rapidità di azione (ha effetto dopo circa 25 minuti dall’assunzione e fino a 4-5 ore dopo), buona tollerabilità ed efficacia, anche in soggetti diabetici.