La distinzione tra carboidrati "buoni" e "cattivi" non aiuterebbe il controllo della glicemia.

 

L'indice glicemico si basa sulla distinzione tra carboidrati "buoni" e "cattivi" in base alla rapidità con cui vengono assimilati. Ha ottenuto una grande notorietà grazie ad alcune diete dimagranti che lo applicavano. Ma la maggior parte dei dietisti non lo ha mai considerato pienamente affidabile ed è da tempo un argomento di discussione tra gli studiosi.
La dottoressa Elizabeth Mayer-Davis, ricercatore in diabetologia all'Università del South Carolina afferma ora che l'indice glicemico andrebbe abbandonato del tutto e auspica un ritorno ai metodi più tradizionali per perdere peso e per ridurre il rischio di diabete: mangiare meno e fare più esercizio fisico.
L'indice glicemico attribuisce ai vari alimenti un punteggio che dipende dalla rapidità con cui entrano in circolo come zuccheri nel sangue. Il punteggio massimo è 100, corrispondente al pane bianco.
I cibi con un indice glicemico alto, come il pane e le patate, andrebbero quindi evitati perché aumenterebbero rapidamente la glicemia. Al contrario, alimenti con un indice glicemico basso, come le carote e le mele, essendo assimilati più lentamente, indurrebbero una sensazione di sazietà prolungata e non provocherebbero ipoglicemia reattiva. Inoltre causerebbero minori fluttuazioni dei valori di glicemia nel sangue.
La ricerca della dottoressa Mayer-Davis è stata pubblicata nel numero di febbraio del British Journal of Nutrition. Si basa su questionari distribuiti nel corso di 5 anni a più di 1000 persone e riguardanti il consumo di alimenti valutato rispetto all'indice glicemico. Il glucosio era controllato due volte per ciascuna persona durante il periodo oggetto di studio. Non è stata riscontrata nessuna correlazione significativa tra l'indice glicemico dei cibi assunti e i livelli di glicemia dei partecipanti.
Mayer-Davis afferma che i ricercatori dovrebbero sviluppare un nuovo sistema per misurare il modo in cui i diversi tipi di carboidrati influiscono sulla salute. Secondo la dottoressa sarebbe più affidabile un indice che valuti tutte le caratteristiche fisiche dei cibi, compreso il contenuto di grassi e calorie, poiché numerosi fattori influenzano l'effetto degli alimenti sui livelli di glicemia.
La professoressa Beth Kunkel, docente di scienza dell'alimentazione alla Clemson University e presidente della South Carolina Dietetic Association, pensa sia un errore rifiutare completamente il concetto di indice glicemico. Secondo la professoressa Kunkel, ci vorranno ancora 5-10 anni di ricerche per comprendere i meccanismi di assimilazione degli zuccheri da un punto di vista scientifico.
Studi effettuati nel passato hanno dato risultati contradditori. Uno studio di ampiezza limitata aveva mostrato che chi seguiva una dieta a basso indice glicemico aveva meno appetito durante la giornata rispetto a chi seguiva un regime ad indice glicemico alto. Un altro studio, che aveva coinvolto 39 persone sovrappeso, aveva mostrato una riduzione del rischio cardiovascolare tra chi seguiva una dieta a basso indice glicemico. Entrambi gli studi sono stati messi in discussione dalla American Heart Association.
Fonte: ADA Diabetes News