La dottoressa Kari Stefansson di DeCode Genetics e il suo gruppo di lavoro hanno reso noto nella rivista Nature Genetics i risultati di uno studio compiuto in Islanda.
DeCode è un'organizzazione che sta studiando il DNA donato volontariamente dalla quasi totalità della popolazione islandese. Lo studio è iniziato da tempo ed è particolarmente interessante perché gli islandesi, per il loro isolamento geografico, non si sono mescolati con altre popolazioni.
Il team della dottoressa Sefansson ha scoperto il gene prima negli Islandesi. Sono stati successivamente messi a confronto: 228 donne danesi con il diabete di Tipo 2 e 539 sani; 361 Nord Americani di origine europea diabetici e 530 sani.
La mutazione del gene scoperta dal team si chiama TCF7L2 ed è associata a un'insorgenza precoce della malattia. Inoltre i pazienti sono più magri rispetto alla media di chi è colpito dal diabete di Tipo 2.
Il gene è stato individuato nel 38% della popolazione nordeuropea oggetto dello studio ed è comune anche tra gli Afro-americani. Chi presenta questa mutazione genetica ha il 40% di possibilità in più di sviluppare il diabete.
Il gene TCF7L2 è rintracciabile nel cromosoma 10q, che è un fattore di trascrizione: si tratta cioè di un gene che controlla un altro gene, in questo caso la famiglia di proteine Wnt. Le proteine Wnt controllano lo sviluppo e l’accrescimento cellulare.
La scoperta mette in risalto le possibili cause biologiche della malattia. Il rischio di sviluppare il diabete di Tipo 2 potrebbe essere valutato attraverso l'analisi di alterazioni del DNA. Al rischio individuale valutato su base genetica, andrebbero associate le strategie di prevenzione più adatte. Secondo gli studiosi sarebbe inoltre possibile sviluppare nuove terapie specifiche per la prevenzione e la cura del diabete di Tipo 2.