Risale al 1987 la prima legge approvata in Italia che delinea le disposizioni per la prevenzione e la cura del diabete mellito, ma da allora poco sembra cambiato nel nostro Paese. Se oltre vent’anni fa l’Europa guardava alla nostra iniziativa nazionale con interesse, ora ci rimprovera perchè da allora poco è cambiato e l’Italia tarda ad attuare un Piano Nazionale. Il 14 marzo scorso il Parlamento europeo è intervenuto sull’argomento con una risoluzione che invita gli Stati membri a destinare maggiori finanziamenti per la ricerca scientifica sul diabete e ad attuare dei progetti dedicati.
“L’Italia è stata tra i primi Paesi a dotarsi di una legge ma da allora siamo ancora fermi con l’attuazione del Piano Nazionale sul Diabete e anche l’ultimo Piano Nazionale Sanitario – spiega Stefano Del Prato, presidente della Società Italiana di Diabetologia – Per questo l’Italia ‘sente’ in modo particolare il richiamo della UE e anche perché è stata scavalcata su questo fronte, pur essendo partita con largo anticipo, da altri Paesi del Nord Europa che da anni si sono dotati di Piani sul diabete”. L’esigenza di realizzare un piano di prevenzione e assistenza del diabete, a livello nazionale, non è dettato solo dalla necessità di uniformarsi agli standard degli altri paesi europei ma è giustificato anche da un numero sempre maggiore di diabetici nel nostro Paese che sembra destinato ad aumentare ulteriormente nel prossimo futuro.
Secondo i dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità, nell’ambito del ‘Progetto Cuore’, in Italia il 10% degli uomini e il 7% delle donne di età compresa tra i 35 e i 74 anni è diabetico. Una cifra in aumento, se si considera che nel nostra Paese si stanno diffondendo sempre di più, negli ultimi anni, anche sindrome metabolica e obesità, due condizioni che incrementano il rischio di manifestare la malattia glicemica. Le attuali disposizioni sanitarie, però, non sono sufficienti per far fronte a un numero crescente di pazienti: secondo le più recenti stime, infatti, solo il 10% dei diabetici è trattato in modo adeguato mentre il 70% circa dei pazienti non è sottoposto ad alcun trattamento farmacologico e questo aumenterebbe le complicanze legate alla malattia. “Secondo le stime della SID – conclude Del Prato – ogni malato di diabete costa ai Servizi Sanitari circa 2.000 euro all’anno e se la spesa per il controllo dell’iperglicemia è stabile da 5-6 anni, a crescere è quella legata alle complicanze dovute alla malattia: per il 50%, queste spese derivano da ricoveri, quindi sono in capo all’ente pubblico”.
Cinzia Pozzi
27 marzo 2012 [FONTE: ANSA/AdnKronos Salute]