Gli sprechi in diabetologia non solo sono da evitare per le casse dello Stato, ma servono anche per garantire un’assistenza migliore ai malati che vivono in Italia, secondo quanto affermano gli esperti della Società Italiana di Diabetologia (SID). Dai farmaci agli esami esistono infatti una serie di voci che in realtà sono inutili, con spreco di denaro, di tempo e a volte anche con effetti sulla salute complessiva dei pazienti. Se per esempio si prescrivono inibitori della pompa protonica a un paziente che non ne ha bisogno, non solo quel paziente peserà sulle casse dello Stato, ma lui stesso ingurgita un farmaco non necessario, e che comunque possiede effetti collaterali.
Stesso discorso vale per gli esami di laboratorio, in molte circostanze prescritti con troppa superficialità e con automatismi che andrebbero eliminati. Solo per i dosaggi della vitamina D si stima che si spendano in Italia 15-20 milioni di euro l’anno, pari ad un 1/3 del tetto di spesa stabilito dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per i DPP-4 inibitori. Ma non basta, altre spese inutili sono rappresentate dai dosaggi di insulina, peptide C, lipoproteina(a) [Lp(a)], omocisteina, fibrinogeno, proteina C reattiva (PCR). Tutti esami costosi che andrebbero richiesti in casi limitati dallo specialista in contesti specifici e con motivazioni cliniche mirate, ma che vengono invece prescritti spesso, con un grande spreco di soldi, visto che non aggiungono nulla all’inquadramento clinico o alle scelte terapeutiche In questo caso, ridurre le prescrizioni permetterebbe di rendere disponibili quantità di denaro utili per prestazioni sanitarie migliori e più efficienti. La recessione sta portando anche il servizio sanitario, che sembra strano dirlo, ma sulla carta è ancora uno dei migliori del mondo, verso tagli sempre più sostanziali.
L’appropriatezza e l’oculatezza nella prescrizione sono quindi i fattori chiavi ai quali tutti i medici, diabetologi inclusi, devono attenersi. Ma nella pratica, come si traduce questo concetto? Innanzitutto ricordiamo la stesura del Piano Nazionale Diabete, la presenza di un algoritmo terapeutico condiviso, la revisione dei criteri prescrittivi delle terapie basate sulle incretine.
La SID quindi partendo da alcune basi già esistenti e dalle considerazioni su farmaci ed esami, ha intenzione di redigere un documento in modo che si liberino risorse allocate in modo inopportuno e che possono essere d’aiuto, per esempio, per i microinfusori. “Con questo non vogliamo certo dire che i controlli di laboratorio siano tutti inutili e da tagliare – chiarisce Bonora – Tutt’altro! L’appello, anche in questo caso è all’appropriatezza. Anche perché, a fronte di sprechi certi e documentabili, ci sono anche molte ‘inadempienze’. Può essere inappropriato sia il prescrivere che il non prescrivere. Molto spesso le persone con diabete sono sottoposte a monitoraggio inadeguato di esami essenziali, quali l’emoglobina glicata, la creatinina, il profilo lipidico, la microalbuminuria”.
Occhio quindi a non subire il problema opposto, ossia quello dell’inadempienza. secondo i dati del rapporto Arno Veneto del 2012, solo il 70 percento dei diabetici misura l’emoglobina glicata almeno una volta l’anno, ma ben il 76 percento misura la glicemia in laboratorio (spreco) . Solo il 62 percento misura la creatinina (inadempienza), ma il 25 percento misura l’azoto ureico (spreco). Solo il 65 percento misura il colesterolo (inadempienza), ma ben il 39 percento misura il sodio (spreco). Solo il 32 percento infine misura la microalbuminuria (inadempienza), ma ben il 69 percento fa l’emocromo (spreco).
Eleonora M. Viganò
Fonte: Pharmastar