Tipo 2: è un problema di serratura

Tratto dalle Lezioni di educazione sanitaria del prof. Sergio Marigo

Al contrario del diabete di tipo 1 che nelle nostre popolazioni è piuttostoraro, il diabete di tipo 2 è invece molto frequente. Su 1000 persone, circa una ha ha il diabete di tipo 1 mentre circa cinquanta hanno quello di tipo 2 anche se spesso ignorano di esserne affetti. Una bella differenza, non vi pare? Come dire che se ce ne andiamo in mezzo a una folla formata di gente di tutte le età, per ogni venti persone incontrate uno che ha il diabete di tipo 2. ma poiché questa forma di diabete, molto rara nel giovane , diviene tanto più frequente quanto più avanza l’età, si può pensare che in ambienti formati da persone non più giovani, come per esempio in un ospizio per persone anziane, ci sia un diabetico ogni cinque- otto ricoverati.
Per di più, mentre il diabete di tipo 1 non sembra avere ai nostri giorni una evidente espansione, quello di tipo 2 invece sembra dilagare tra le popolazioni dei paesi occidentalizzati senza incontrare limiti, tanto che i soliti ottimisti pensano che di questo passo, potremmo arrivare al 30-40% dei diabetici. Vale a dire una persona su tre sarà diabetica.
Come ricorderete, nella tabella che accompagnava la precedente lezione il diabete tipo 2 veniva anche definito non – insulinodipendente.
Che cosa significa questo termine? Vuol dire che, a differenza dei diabetici tipo 1, quelli tipo 2 non hanno bisogno di praticare iniezioni di insulina: se il diabetico tipo 2 non sa, come spesso succede, di avere questo malanno o non lo cura, non svilupperà il tipico quadro della mancanza di insulina, vale adire la chetoacidosi, ma porterà a spasso la sua iperglicemia senza molti disturbi e vedrà così comparire precocemente le complicanze croniche del diabete.
È infatti caratteristico del diabete tipo 2 il fatto che le sue cellule B, almeno all’esordio, sono ancora in grado di produrre insulina e perciò questo diabete non può essere definito insulinodipendente come il diabete di tipo 1.
Ma allora com’è che salta fuori la glicemia elevata e, a gioco lungo, hanno inizio le complicanze proprio come nel diabete di tipo 1? La spiegazione non è facile né certa. Quando parlammo di insulina dicemmo che quest’ormone può esser paragonato ad una chiave che apre al glucosio la porticina della cellula. Perché una chiave possa aprire la porta, bisogna però che la serratura sia in buono stato, pulita ed oliata, sennò a che serve avere la chiave se questa non entra nella toppa o i meccanismi della serratura non scattano perché arrugginiti?
Sembra che questa sia la situazione del diabete di tipo 2: le cellule B producono insulina, ma qualche cosa ha guastato il recettore nel quale l’insulina deve inserirsi per aprire la porticina della cellula. Il glucosio ne resta così fuori con tutte le conseguenze che conosciamo: glicemia alta, glucosio nelle urine, complicanze nei vari organi a causa di questo… dolce avvelenamento dovuto all’iperglicemia. Se non insorge la chetoacidosi, è perché v’è così tanta insulina che qualche serratura riesce ancora ad aprirsi.
Ma c’è di più. Con il tempo la cellule B si stancano di produrre insulina in così alta quantità e di farlo senza ottenere risultato o quasi. Così, a poco a poco, con gli anni, se ne produce sempre meno fino ad ottenere una situazione abbastanza vicina a quella del diabete di tipo 1. Lo prova il fatto che dopo 20 o più anni di malattia se il diabetico di tipo 2 vuole abbassare la sua glicemia deve praticare le iniezioni di insulina e, se non lo fa, può sviluppare anche una chetoacidosi.
Ma che cosa è avvenuto perché il recettore insulinico si…arrugginisca? Qui si va davvero nel difficile e nel misterioso! La cosa più probabile è che il recettore sia mal funzionante fin dalla nascita per un effetto ereditario di cui parleremo nella prossima lezione. In qualche modo l’insulina riesce per un certo periodo della vita ad aprire queste serrature di cattiva fabbricazione finché qualche cosa non mette in crisi tutto questo sgangherato sistema. Ed allora comincia il diabete tipo 2.
Sono stati individuati e messi alla sbarra numerosi imputati: la sedentarietà, la vita affannosa, i cibi troppo raffinati e così via. Ma tra i tanti imputati ve n’è uno fortemente indiziato, l’obesità. Infatti quasi l’80% dei diabetici di tipo 2 sono da lungo tempo obesi ed inoltre tanto più frequente è l’obesità in una popolazione, altrettanto frequente risulta essere il diabete.
Ecco quindi l’origine del diabete tipo 2: una predisposizione ereditaria, interessa circa un terzo della popolazione generale, che è responsabile della produzione di serrature difettose e molti fattori esterni in continuo aumento nella nostra società occidentale che le rendono arrugginite, il più importante dei quali è certamente l’obesità. All’inizio le cellule B producono tanta insulina per veder di forzare queste serrature maledettamente ingrippate, poi con gli anni, si stancano e finiscono per produrre sempre meno ormone.