Aggiornamento
ALLARME NEGLI STATI UNITI
Bimbi di taglia troppo forte
Aumentano i casi di obesità e di diabete di tipo 2 nei giovani e giovanissimi americani: si stanno sperimentando con successo programmi educativi nelle scuole per arginare il fenomeno
La crescente diffusione dell’obesità infantile negli Stati Uniti crea un notevole allarme nelle autorità sanitarie americane per il rischio di una precoce comparsa del diabete di tipo 2 e delle relative complicanze cardiovascolari. La terza National Health and Education Survey ha dimostrato in effetti che i giovani al di sotto dei 19 anni sono per il 17% obesi e per il 14,7% in sovrappeso. Come conseguenza di ciò, negli ultimi 10 anni, l’insorgenza registrata di diabete di tipo 2 fra gli scolari della scuola media ha superato quella del diabete di tipo 1. L’età media di insorgenza del diabete di tipo 2 è di 13,5 anni per le femmine e di 14,5 anni per i maschi.
Sulla base di questi dati si è deciso di impostare, prima dei 13-14 anni di età, uno studio di intervento che ha interessato 42 scuole medie (22 istituti in cui veniva svolto il programma di intervento e 22 di controllo) e 4603 studenti, la cui età media era di 11,3 anni. L’intervento, protratto per l’intero ciclo scolastico di tre anni, consisteva in un programma di educazione svolto dagli stessi docenti, opportunamente preparati, e articolato secondo quattro linee: una linea nutrizionale volta a orientare verso una scelta corretta dei cibi e delle bevande sia sul piano qualitativo sia su quello quantitativo, una seconda componente diretta al potenziamento dell’attività fisica, una terza di tipo psicocomportamentale, volta a migliorare la capacità di decisione, di automonitoraggio e il grado di consapevolezza e, infine, un’attività che, utilizzando tecniche di comunicazione, intendeva valorizzare, presso le scuole, le famiglie e l’ambiente cittadino, il programma educativo in atto.
Al termine del percorso educativo, i ragazzi delle scuole in cui è stato attuato l’intervento hanno mostrato una minore percentuale di soggetti con valori di Bmi (indice di massa corporea) superiori al 95° percentile e con circonferenza alla vita superiore al 90° percentile e valori mediamente più bassi di insulina a digiuno. I risultati sono stati più evidenti nei soggetti che, all’inizio dello studio, avevano un peso maggiore con Bmi superiore all’85° percentile. Nel loro insieme, i risultati dello studio -pubblicati anche on line sul New England Journal of Medicine (The Healthy Study Group. A school based intervention for diabetes risk reduction. New Engl. J. Med., 27/6/2010) – indicano l’utilità e quindi l’opportunità, valida anche per il nostro Paese, di sviluppare programmi educativi scolastici strutturati per prevenire l’insorgenza di una patologia tanto più grave quanto più precoce è la sua insorgenza.
SOPRA I 65 ANNI IL SOVRAPPESO FA MENO MALE
Un chilo in più a una certa età
L’obesità e il sovrappeso vengono considerati a buon diritto importanti fattori di rischio per l’insorgenza del diabete e degli eventi cardiovascolari a esso collegati. I soggetti più anziani sembrano però fare eccezione a questa regola. In un articolo pubblicato on line sul giornale della Società americana di geriatria vengono presentati i risultati di uno studio australiano condotto su più di 9000 individui di entrambi i sessi, di età compresa fra 70 e 75 anni (Flicker L. et al. Body Mass Index and Survival in Men and Women Aged 70 to 75,Journal of the American Geriatrics Society 2010; 58: 234-241).
I soggetti sono stati classificati come normopeso, in sovrappeso od obesi sulla base del valore di Bmi rispettivamente compreso fra 18,5 Kg/m2, fra 25 e 29,9 Kg/m2 o eguale o superiore a 30 Kg/m2. Durante un follow up di 10 anni i soggetti in sovrappeso hanno presentato un rischio di mortalità inferiore del 13% rispetto a quello dei soggetti normopeso. D’altro canto, il rischio di mortalità dei soggetti classificati come obesi è risultato uguale a quello dei soggetti con peso normale.
Questi risultati concordano con quelli rilevati negli Stati Uniti, nel corso della terza National Health and Nutrition Survey (Nhanes III in Batsis A. et al., American Geriatrics Society 2010 Annual Meeting: Abstract P33, May 15, 2010), condotta su circa 4500 soggetti di età eguale o superiore a 60 anni, suddivisi in terzili sulla base della misura del Bmi, della circonferenza alla vita, del rapporto vita/fianchi, della massa magra e della percentuale di grasso corporeo.
Anche in questo studio, i soggetti compresi nei terzili più alti di Bmi e di circonferenza alla vita hanno presentato un indice di mortalità più basso, a conferma del concetto secondo cui, a una certa età qualche chilogranmo in più di peso corporeo può essere considerato un beneficio anziché un danno.
SCOPERTA UNA INATTESA RELAZIONE
Pancia grassa, cervello magro
Un’interessante osservazione che viene da un gruppo di neurologi dell’Università di Boston aggiunge un altro tassello, del tutto imprevisto, al complesso mosaico di alterazioni metaboliche e strutturali indotto dall’accumulo di grasso viscerale. In un articolo pubblicato on line sugli Annals of Neurology, Stéphanie Debette e collaboratori (Debette S. et al., Visceral Fat Is Associated with Lower Brain Volume in Healthy Middle-Aged Adults, Ann. Neurol. 2010;67:000–000) hanno dimostrato l’esistenza di una associazione significativa tra la quantità di grasso viscerale e la riduzione del volume cerebrale, misurato mediante risonanza magnetica nucleare, in oltre 700 pazienti con una età media di 60 anni, appartenenti alla coorte di Framingham. L’associazione rimaneva valida anche dopo un aggiustamento per il Bmi e la resistenza insulinica.
Gli autori ipotizzano che l’atrofia cerebrale possa essere indotta dalla liberazione di citochine proinfiammatorie come l’interleuchina-6 ed il Tnf-alfa,da parte del tessuto adiposo viscerale, sede di un processo infiammatorio subcronico, caratterizzato da una importante infiltrazione monocitaria e macrofagica. E’ tuttavia prematuro affermare che questo possa essere uno dei meccanismi responsabili della insorgenza della demenza di Alzheimer.