Mamme troppo dolci

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Come si cura il diabete gestazionale

Il fenomeno dell'iperglicemia in gravidanza riguarda il 5% delle gestanti e di solito scompare dopo il parto. Ma, se non individuato e messo sotto controllo, può causare problemi sia alla madre sia al nascituro

prof. Paolo Brunetti
Direttore Dipartimento di Medicina interna Università degli Studi di Perugia

Quando si parla di "diabete gestazionale" ci si riferisce a una forma particolare, che viene riconosciuta per la prima volta durante una gravidanza e che colpisce circa il 5% delle gestanti. Qualche volta, il diabete può precedere la gravidanza, ma, se non provoca alcun sintomo, può essere totalmente ignorato dalla paziente. Il più delle volte, invece, è proprio la condizione di gravidanza di per sé che, in soggetti particolarmente predisposti, fa emergere un diabete, destinato peraltro, in genere, a scomparire subito dopo il parto. Perché il diabete gestazionale compaia sono perciò necessari due fattori: il primo è, ovviamente, la stessa gravidanza, con le modificazioni ormonali che induce nell'organismo materno e il secondo è una predisposizione genetica che non è diversa da quella che condiziona la comparsa del diabete di tipo 2.
Il diabete gestazionale compare tipicamente nella seconda parte del secondo trimestre  e all'inizio del terzo, quando, per effetto degli ormoni prodotti dalla placenta, si assiste a una riduzione della sensibilità dei tessuti materni all'azione dell'insulina che, nella donna normale, è compensata  da un aumento della secrezione di insulina da parte delle insule pancreatiche. Se le insule materne non adeguano la propria funzione alle aumentate richieste di insulina, compaiono intolleranza al glucosio e diabete, denominato appunto gestazionale.
Il principale artefice di questa profonda modificazione del metabolismo materno è l'ormone lattogeno placentare (hPL), così chiamato per le sue analogie di struttura e di funzione con la prolattina, immesso dalla placenta nel circolo materno, ma non in quello fetale, a partire dalla sesta settimana di gestazione,  per raggiungere gradualmente, in parallelo con la crescita del prodotto del concepimento, i valori più elevati solo nella seconda metà della gravidanza. La funzione dell'ormone lattogeno placentare è quella di modellare il metabolismo materno, così da soddisfare le esigenze nutritive del feto. Infatti, la minore efficacia dell'insulina materna dovuta all'ormone lattogeno produce un aumento della glicemia nel sangue materno dopo l'assunzione dei pasti e questo facilita il passaggio, attraverso la placenta, del glucosio destinato a soddisfare le esigenze energetiche del feto. Ed è ancora per effetto dell'ormone lattogeno che la madre è in grado di utilizzare meglio le sue riserve di grasso, favorendo, per il proprio metabolismo, l'impiego preferenziale degli acidi grassi e risparmiando quindi il glucosio per le esigenze prioritarie del feto. Non solo l'ormone lattogeno placentare, ma anche la prolattina, il progesterone, l'ormone della crescita e il cortisolo presenti, in maggiore quantità nel sangue della gestante, contribuiscono a questa trasformazione.
La voracità con cui il feto assorbe il glucosio materno giustifica il rilievo, in condizioni fisiologiche, di glicemie mattutine ai limiti bassi della norma e impone perciò la necessità di assicurare alla gestante una introduzione adeguata di carboidrati a intervalli regolari, evitando periodi di digiuno interprandiali troppo prolungati.
Quello che è un meccanismo fisiologico di adattamento metabolico alla gravidanza diventa un motivo di patologia e dà origine al diabete gestazionale, se il pancreas endocrino materno, cioè le cellule insulari secernenti insulina, non sono in grado di far fronte alla aumentata richiesta dell'ormone, propria dello stato gravidico.
Il diabete gestazionale è una condizione abitualmente del tutto asintomatica, ma che, se non adeguatamente trattata, comporta rischi rilevanti per l'evoluzione della gravidanza, per il benessere del feto e del bambino e per la futura salute della madre. Sono questi i motivi che rendono necessario il riconoscimento diagnostico precoce del diabete gestazionale, allo scopo di prevenire ogni possibile conseguenza negativa sull'esito della gravidanza. Da qui la necessità di eseguire, nelle donne in gravidanza, un semplice screening diagnostico fra la 24a e la 28a settimana.
Oggi si ritiene che non tutte le donne debbano essere sottoposte allo screening. Infatti, possono esserne escluse quelle che hanno giovane età, peso normale prima della gravidanza e assenza di diabete nei familiari di primo grado, e che perciò vengono definite a basso rischio. Diversa è la situazione delle donne che affrontano la gravidanza con un notevole eccesso ponderale, che hanno una significativa storia familiare di diabete o che hanno già sofferto di diabete gestazionale in una gravidanza precedente. Queste donne vengono definite ad alto rischio e dovrebbero essere sottoposte al test di screening ancor prima della 24a settimana. Nelle tabelle pubblicate in questo dossier trovate in sintesi le caratteristiche dei soggetti a maggiore e minore rischio.
Poiché, per effetto della gravidanza, il metabolismo del glucosio subisce quelle profonde modificazioni che abbiamo prima ricordato, non è possibile usare in corso di gestazione gli stessi criteri diagnostici che valgono al di fuori dello stato gravidico. Questo problema è stato oggetto di intensa ricerca per molti anni e si è ancora in attesa di un nuovo criterio diagnostico, che dovrebbe essere enunciato entro l'anno sulla base dell'analisi di un grande studio, lo studio Hapo (Hypoglycemia an adverse pregnancy outcome) che ha esaminato, in oltre 25 gestanti di nove Paesi, la risposta a un carico di glucosio per stabilire quali siano i limiti di normalità delle escursioni glicemiche dopo carico, durante la gravidanza.
Attualmente, in attesa di una risposta definitiva, vengono proposte, dal 4° Workshop internazionale sul diabete gestazionale, due modalità di accertamento diagnostico. La prima prevede l'esecuzione del test in due tempi, con uno screening seguito da un esame definitivo, mentre la seconda prevede l'esecuzione di un'unica analisi.
Quando si procede secondo la prima modalità, si somministra inizialmente un carico orale di 50 g di glucosio disciolto in acqua, preferibilmente la mattina a digiuno, in condizioni di riposo, e si misura la glicemia dopo 60 minuti. Se si riscontrano valori di glicemia superiori a 140 mg/dL si procede a una ulteriore indagine, consistente ancora in un carico orale di glucosio, eseguito però con una tecnica più elaborata, con un maggior impegno per la paziente ma con una maggiore precisione diagnostica. Questo test, che porta il nome del medico americano al quale si deve la sua introduzione, John B. O'Sullivan, nella sua versione attuale, modificata rispetto a quella originaria, consiste in un carico di 100 g di glucosio e nella determinazione della glicemia ogni ora per tre ore. Si pone diagnosi di diabete gestazionale se si riscontrano almeno due valori eguali o superiori a quelli indicati nella tabella che pubblichiamo in queste pagine: per esempio, se maggiori di 180 dopo la prima ore e più alti di 140 dopo tre.
Quando si utilizza la seconda modalità di diagnosi, proposta dalla Organizzazione mondiale della sanità, si fa ricorso a un carico orale di 75 g di glucosio e si determina la glicemia dopo una e due ore. Si diagnostica il diabete gestazionale se si riscontrano almeno due valori eguali o superiori alla norma fra quelli indicati nella tabella: per esempio, con 200 mg/dL dopo un'ora e 170 mg/dL dopo due.
Il riconoscimento precoce del diabete gestazionale è importante, perché, se non adeguatamente trattato, può dare origine a varie complicanze sia nella madre sia nel prodotto del concepimento.

Attenzione a obesità e familiarità
CHI RISCHIA DI PIU', CHI DI MENO

In base a precise caratteristiche cliniche, si possono individuare gestanti a basso rischio e gestanti ad alto rischio di sviluppo del diabete gestazionale. Le donne a basso rischio possono essere escluse dal test di screening. Quelle ad alto rischio devono invece essere sottoposte al test diagnostico quanto più precocemente possibile. Le donne con rischio intermedio devono essere sottoposte al test fra la 24a e la 28a settimana.
Donne a basso rischio
• Assenza di diabete nei familiari di primo grado
• Età inferiore a 25 anni
• Peso corporeo normale prima della gravidanza
• Peso corporeo normale alla nascita
• Assenza di episodi precedenti di iperglicemia, glicosuria o intolleranza al glucosio
• Assenza di diabete gestazionale o complicanze ostetriche nella storia clinica
Donne ad alto rischio
• Obesità grave
• Presenza di diabete nei familiari di primo grado
• Storia precedente di diabete gestazionale
• Presenza nella anamnesi di episodi di iperglicemia, glicosuria o intolleranza al glucosio

I valori da non superare
TEST DIAGNOSTICI A CONFRONTO

Il 4° Workshop internazionale sul diabete gestazionale ha suggerito due test diagnostici alternativi validi per la definizione clinica della condizione diabetica in gravidanza. La diagnosi di diabete gestazionale si pone con due o più valori eguali o superiori a quelli indicati.

                                          Test Oms                                  Test O'Sullivan
Tempi                            Carico orale                                  Carico orale
                                          con 75 g                                       con 100 g
                                         di glucosio                                   di glucosio
                                            mg/dL                                          mg/dL
   0'                                         95                                                 95  
   1 h                                      180                                               180
   2 h                                      155                                               155
   3 h                                       —                                                 140