“Mi sono sentita un ingranaggio imperfetto”. La storia di Federica

Federica è entrata nella mia vita circa vent’anni fa. Abbiamo fatto il passaggio dall’infanzia all’età adulta insieme, condividendo ogni momento importante. Tranne uno: qualcosa che ha che fare con la sua vita quotidiana, ma che omettiamo sempre
Quando ieri mi ha chiamata, dicendomi che avrebbe voluto parlarmi, non sapevo che di lì a poco avremmo superato insieme anche quel gradino di confidenza. E, invece, così è stato. Mi ha raccontato tutto, partendo dall’inizio.

Prima il bianco della neve poi, di colpo, nero. Il suo incontro con il diabete è iniziato così: senza preavviso, senza la possibilità di prepararsi.

“Ero sulla neve, ma di quel giorno non ricordo niente di bianco, solo nero. Un momento prima ero sulla tavola da snow, il minuto dopo in ospedale. Coma farmacologico e diagnosi: diabete di tipo 1, detto anche diabete giovanile. Avevo 25 anni, di solito il diabete di tipo 1 viene prima. Nel mio caso è arrivato dopo una crisi metabolica, dovuta a una situazione di forte sofferenza in famiglia”. 

Sono passati cinque anni, eppure ricordo benissimo quello che mi racconta Federica. 
La chiamata del suo fidanzato, i momenti di attesa, la mia preoccupazione e il suo principale tormento: passare improvvisamente dal non avere nulla, a convivere con qualcosa che sai non guarirà. La cosa che mi ha sempre detto, e che mi ripete anche durante l’intervista, è quanto le dia fastidio proprio quel “per sempre” con cui deve fare i conti tutti i giorni. 

“All’inizio non è stato facile rispettare le regole del diabete, volevo essere io a decidere quando controllarlo. Ma combatterlo non serve a nulla. Anche se ho un rapporto distaccato con lui, e probabilmente sarà sempre così, ho capito che accettarlo è l’unica via per tornare a essere liberi e godere delle piccole cose della vita”.

Le vedo gli occhi lucidi, ma non si ferma. Continua a raccontarsi, svelandomi che il diabete riesce a smuoverle ancora emozioni nuove. Mi dice che negli anni ha imparato a conoscerlo e che non è matematica come si potrebbe pensare. Nonostante alla base ci sia un discorso di calcolo quotidiano, infatti, Federica mi racconta che ci sono fattori che sfuggono a quel calcolo: psicologici, mentali, fisici, sportiviUn giorno va bene, l’altro no. Sei sempre in una costante battaglia. Mi svela che quando va in ipoglicemia, per esempio, deve fermarsi per quindici minuti e lasciare perdere qualsiasi cosa stia facendo. “Mi è successo a lavoro e mi è successo quando mio figlio era neonato. Aveva bisogno di me e non sono riuscita a prenderlo in braccio perché dovevo pensare a come riprendere il controllo del mio corpo.

A quel punto, forse sentendosi nominare, ci interrompe Ludovico: il suo ometto di quattro anni. Vuole salutarmi e attirare la mia attenzione. È un bambino sveglio, capisce che stiamo parlando di qualcosa di serio. Vuole venire sulle mie ginocchia e ascoltare cosa diciamo.

“Ecco”,mi dice Federica, “lui è la parte migliore di tutta questa storia”. 

Quando le chiedo se Ludovico si rende conto della situazione, lei si ferma un attimo, lo guarda sorridendo e mi dice che gli ha subito insegnato l’importanza delle piccole cose. È fondamentale, mi spiega, informare i bambini. Spiegargli che le punture e i sensori fanno parte della vita di alcune persone che non sono diverse, ma hanno solamente un accessorio in più. 
Federica ci tiene a puntualizzare che la sensibilizzazione parte dai più piccoli e va fatta per normalizzare il problema.

A quel punto Ludovico scende dalle mie ginocchia e va ad abbracciare la sua mamma. Federica mi guarda e dice:

Con il diabete mi sono sentita un ingranaggio imperfetto. Poi è arrivato lui e tutto ha ripreso a funzionare. Mi ha reso la vita piena. Se prima sfidavo il diabete, facendo solo del male a me stessa, oggi ho capito quanto sia importante prendermi cura di me, soprattutto perché vorrei essere immortale per Ludo. Lo stile di vita che ho imparato ad avere lo sto trasferendo anche a lui: dall’alimentazione all’aria aperta. Mi sono messa nell’ottica di crescerlo al meglio di quello che posso.”

Si è fatta l’ora di pranzo. Prima di andare, assisto alla misurazione. 
Ludo la guarda e, come fosse la cosa più naturale del mondo, le chiede: “mamma, voglio farti compagnia. Posso fare la puntura anche io?”.
A quel punto, chiudo il computer e mi godo lo spettacolo. Una mamma e il suo piccolo pieni d’amore l’una per l’altro. Poche volte ho visto Federica così vulnerabile.

Pensavo che raccontare la storia di un’amica fosse semplice, non avevo tenuto in considerazione il coinvolgimento emotivo da entrambe le parti. Ma sono comunque felice di averlo fatto, di aver dato voce a una delle migliori persone che conosca. E alla sua incredibile e stimabile forza. 

A cura di Francesca Conti