Nuotare come un pesce

MONICA PRIORE, ATLETA DIABETICA DA RECORD
Nuotare come un pesce

Convive con il diabete da trent’anni, ha traversato prima lo Stretto di Messina e poi i venti chilometri da Capri a Sorrento, gareggia in piscina e vince medaglie. Dimostra a tutti che “se impari a gestirti, niente è precluso”

Sul suo biglietto da visita c’è scritto: “Impara a gestire il tuo diabete ed inizierai a vivere a pieno la tua esistenza…Vivi la tua vita, non sprecarla!!!”. Racconta Monica Priore: “È il mio motto, è quello che dico sempre a tutti i diabetici che incontro”. Ed è una autentica filosofia di vita forgiata nell’esperienza.

Monica è infatti una giovane donna di 35 anni, di Mesagne (provincia di Brindisi), diabetica di tipo 1 da quando ne aveva 5, una persona che ha vissuto una vicenda simile a quella di tanti altri che condividono la sua condizione, ma che è riuscita a diventare un emblema di come il buon controllo del diabete consenta di condurre una vita non soltanto normale, ma persino normalmente straordinaria. Monica è un’eccellente nuotatrice, specializzata nello stile libero, ma esperta in tutti gli altri, capace non soltanto di gareggiare in piscina, collezionando podi e vittorie (nel circuito nazionale master, over 25), ma anche di attraversare lo Stretto di Messina, come ha fatto nel 2007, e, addirittura, di coprire a bracciate, il 4 settembre 2010, i venti chilometri di mare che separano Capri (Marina Grande) da Meta di Sorrento. Quest’ultima impresa, la più ardua e clamorosa, è stata non soltanto un grande exploit sportivo, ma anche un potente messaggio per tutte le persone con diabete e per i loro familiari, la dimostrazione che, come dice Monica, “se si impara a conoscere il problema e a gestirlo nel migliore dei modi, allora niente è precluso” e, a maggior ragione, “si può ben vivere la vita di tutti i giorni nella normalità”.

Delle tante medaglie ottenute, ori compresi, afferma Monica “quella per me più importante in assoluto mi è stata data, proprio per la Capri-Sorrento, dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che me l’ha spedita con una lettera prima della prova: mi scriveva, che, a prescindere dal risultato, che ce la facessi o no, ero già vincitrice comunque. Ha voluto premiare il mio impegno”.

E Monica ce l’ha fatta. Si è preparata per mesi, con il suo allenatore Davide Perez per l’aspetto sportivo e con il suo team diabetologico per quello terapeutico, ha fatto prove su prove, sia con l’acqua sia con il dosaggio degli integratori e il bilanciamento della terapia insulinica (grazie anche alla preziosa consulenza del diabetologo Geremia Bolli) finché non si è sentita pronta. L’evento è stato sostenuto, anche economicamente, dall’Associazione di volontariato Sostegno70 (vedi box), con l’appoggio locale delle Fand campane di Sant’Agnello, Qualiano e Castellammare, ed è stato pubblicizzato sia dagli organizzatori sia dagli amici di Monica tramite Facebook. Alla fine, erano in molti a saperlo e ad attendere Monica sulla spiaggia di Meta di Sorrento, insieme con le autorità dei Comuni coinvolti: giunti un po’ da tutta Italia, adulti e piccini legati al problema diabete, circa 300, si sono dati appuntamento per applaudire la performance di una persona speciale. E a un certo punto lei è arrivata, stremata e felice, vincitrice per sé stessa ma anche per gli altri.

Certo non è stata, né poteva essere, una passeggiata. Racconta la protagonista: “È stata anche più dura del previsto. La Capri-Meta di Sorrento è circa 18,5 km, ma per me è stata più lunga di quasi tre chilometri. Infatti, ho avuto la sfortuna di capitare in una giornata di vento e il maestrale, quando soffia nel golfo di Napoli, è abbastanza brutto, creava onde di 50-55 centimetri, per cui, a causa delle correnti contrarie, ho dovuto fare deviazioni e allungare il percorso”.

Monica è rimasta in acqua sei ore e mezza, seguita passo passo dalla sua barca d’appoggio su cui avevano preso posto, con il suo team (Perez, i medici Luciano Improta e Maria Rosaria Improta, l’infermiere Ciro Cinque), anche la madre e il fratello, mentre il padre aspettava sulla riva: tutti emozionati, preoccupati, ma anche orgogliosi.

“Avrei potuto anche metterci cinque ore e mezza -continua Monica- se non avessi sofferto di mal di mare, che, con quelle condizioni meteomarine, si patisce anche in acqua, e sono stata costretta a star ferma un’ora, nell’attesa che mi portassero un farmaco contro il mal di stomaco”.

Ma quel tipo di incidente capita tutt’altro che di rado ai nuotatori di fondo. L’importante è che Monica non abbia avuto alcun problema legato alla glicemia: si era infatti preparata al meglio, con la terapia insulinica classica al posto dell’abituale microinfusore (sconsigliabile per una traversata così lunga) e con un programma di regolari controlli.

“Ogni 40-45 minuti mi accostavo alla barca d’appoggio -racconta- mi controllavano la glicemia, e in base al valore si valutava se dovessi prendere un’integrazione di zuccheri, per evitare una ipoglicemia, o se le cose andavano bene così. Ho fatto l’impresa in sicurezza, ero sicura di gestire al meglio il mio diabete e dovevo preoccuparmi solamente di nuotare e andare avanti fino alla fine”.

Monica sottolinea che per farcela, per non mollare, occorreva una volontà ferrea: “E io avevo una motivazione forte, volevo assolutamente arrivare a Meta, perché sapevo che tanti mi aspettavano: sentivo la responsabilità di arrivare, non potevo deluderli. Io ho messo a loro disposizione la mia forza di volontà e fisica, ma in acqua con me c’erano tutti, anche se solo con il cuore. La mia impresa è stata l’impresa di tutti”.

Quanto ciò sia vero, lo testimoniano le tante lettere inviatele da giovani diabetici e genitori e i tanti contatti con persone che hanno tratto dalla vittoria di Monica, sul mare e sul diabete, una speranza e una carica psicologica nuove: dalla bambina che vede nell’atleta brindisina la sua eroina, “più grande di Wonder Woman”, alla ragazza che finalmente ha accettato la sua condizione e le cure necessarie, dopo averle cocciutamente rifiutate, proprio vedendo quel che ha fatto Monica.

Monica Priore non è Wonder Woman, ma ciò non sminuisce, dà anzi ancor più risalto a quel che ha saputo fare. E’ infatti una persona normale, che ha sofferto, lottato, preso coscienza di sé e infine trovato la chiave per affrontare la sua condizione, governarla, e conquistare la pienezza del vivere, a dispetto del diabete.

Non è stato facile: “La mia storia di diabetica -ci confida- è stata una storia fatta di tante sofferenze iniziali, sia per me, sia per la mia famiglia, perché una patologia del genere ti devasta l’esistenza e la quotidianità. E la prima fase di rifiuto l’ho passata anch’io: ho nutrito rabbia verso tutto il mondo che mi circondava per tantissimi anni. Poi si arriva a un bivio dove si deve decidere. Ed è stato quando ho cominciato a fare attività sportiva. Mi sentivo libera, quando facevo sport: mi sentivo normale, mentre prima avevo sempre addosso quel peso, quel senso di diversità dagli altri. Nello sport mi sforzavo di fare tutto quello che facevano gli altri e ci riuscivo. Mi rendevo però conto che, se non gestivo bene la mia patologia, non ottenevo prestazioni ottimali e questo mi dava fastidio. Ci è voluto un po’ di tempo, ma mi sono impegnata, ho cominciato a studiarmi a documentarmi e ho portato avanti la mia battaglia, avendo anche compreso che i miei problemi erano comuni a tante altre persone affette da una patologia cronica”.

Monica Priore ha cominciato con la pallavolo, poi, a 17 anni, è passata al nuoto. Anche se oggi è ben contenta dei suoi risultati di nuotatrice, un po’ le dispiace di non praticare più il volleyball, che le piaceva moltissimo: il fatto è che anche dietro questo passaggio vi sono stati problemi. Infatti, ci racconta, “ho avuto difficoltà per ottenere il certificato di idoneità all’attività agonistica, perché nessun diabetologo era disposto a prendersi la responsabilità. Inoltre, negli anni Novanta, si sapeva ancora poco dei benefici dello sport per il diabete”.

Poi, finalmente, “dopo diverse battaglie, sono riuscita a ottenere quel certificato e ho potuto cominciare ad affrontare sfide agonistiche per dimostrare che anche con il diabete potevo gareggiare come tutti e anche fare più degli altri. Io mi confronto con chi la mia problematica non ce l’ha (sinora non ho incontrato altri nuotatori con il diabete): per me gareggiare e già una vittoria, se poi si strappa anche la medaglia, meglio ancora”.

Oggi Monica Priore è una convinta sostenitrice dei benefici dello sport per tutti, diabetici e no: “Tutti dovrebbero praticarlo, ti fa sentire vivo e ti dà qualcosa in più: magari dopo una giornata stressante, fare sport ti fa stare meglio, ti ricarica, serve a controllare tante problematiche, dai problemi cardiaci a quelli psicologici. Con la vita lavorativa sedentaria che si fa oggi, mezzora di attività fisica al giorno toglie il medico di torno. Io stessa faccio l’impiegata 8 ore al giorno in ufficio ed è un lavoro sedentario, poi però, quando esco dall’ufficio, vado ad allenarmi. Se non facessi sport, questo mi creerebbe problemi anche nella gestione della patologia”.

Oggi Monica non è più arrabbiata come una volta: grazie allo sport, all’aiuto della sua famiglia (”fondamentale, soprattutto nei momenti di crisi”), alla raggiunta consapevolezza delle sue possibilità. In lei ora prevalgono l’ottimismo e la voglia di  continuare a lottare, rafforzati ogni giorno dai contatti con tante persone che le dimostrano che il suo messaggio di speranza è stato capito e accolto.

Saputo della traversata di Monica, tanti bambini hanno chiesto ai loro genitori di iscriversi a corsi di nuoto: prima o poi, ne siamo certi, ci saranno altri nuotatori diabetici.

PARLA PATRIZIA OLDRATI DI SOSTEGNO 70
La forza dell’esempio

Sostegno70-Insieme ai ragazzi diabetici è la onlus lombarda che più ha aiutato, con contributi finanziari e informativi, Monica Priore a realizzare il suo “sogno blu”.

Sostegno70, come si legge sul suo sito www.sostegno70.org, è stata fondata nel 2001 da un gruppo di genitori di bambini e giovani diabetici, con il supporto del Centro di endocrinologia dell’infanzia e dell’adolescenza dell’istituto scientifico universitario ospedale San Raffaele di Milano. E’ presente anche presso la clinica pediatrica degli Spedali civili di Brescia e fa da punto di riferimento anche per molte persone con diabete di altre regioni. Suo obiettivo è aiutare giovani e bimbi con diabete e le loro famiglie ad affrontare la patologia fin dal suo esordio. Il nome si riferisce al valore glicemico ideale, quel 70, ottimale per una persona non diabetica e che si auspica possa divenire presto un traguardo raggiungibile anche per chi il diabete ce l’ha.

La presidente Patrizia Oldrati spiega di aver appoggiato con entusiasmo l’idea di Monica perché, grazie a un esempio così, “si guarda al futuro dei propri figli in modo diverso”. Alla signora Oldrati, il messaggio “forte e positivo” di Monica è piaciuto molto: voleva dire “a ogni ragazzo con diabete e a ogni genitore che, conoscendo tutto quello che si deve conoscere della propria condizione e imparando a gestirla, con un buon controllo metabolico, si può realizzare qualsiasi sogno: quello di Monica era la traversata, ma tutti possono realizzare i loro sogni nella vita”. E così Patrizia Oldrati ha deciso che la ragazza meritava di essere sostenuta.

Conclude la presidente: “Questo sogno realizzato è una testimonianza positiva per chi deve affrontare una malattia cronica, bambini e genitori: non è semplice da accettare, ci vuole energia. Come quella che ci è venuta da Monica”.