Per le donne è diverso

DIABETE E QUESTIONE DI GENERE

Per le donne è diverso
Nasce il Gruppo Donna Amd per studiare la specificità della patologia per il sesso femminile: assistenza un po’ meno accurata, fattori di rischio particolari, disagi sociali e culturali. E realizzare pari opportunità di cura

In Italia le donne sono il 46% delle persone con diabete, vale a dire circa due milioni. Questa ampia fascia di popolazione merita un’attenzione particolare che consenta pari opportunità di cura e assistenza mirata alle sue esigenze specifiche. Da questi presupposti nasce il “Gruppo Donna Amd”, (presentato al recente V Congresso nazionale del Centro studi e ricerche – Fondazione Associazione medici diabetologi) formato da donne diabetologhe. Il Gruppo -che intende accogliere la componente femminile degli specialisti che lavorano nei 650 servizi di diabetologia italiani (circa 800 le donne, più del 40% del totale)- è coordinato da Mariarosaria Cristofaro.
Quali sono le problematiche che distinguono la donna diabetica dall’uomo che vive la medesima condizione? Per cominciare, come attestato dagli stessi Annali Amd, un livello di assistenza leggermente meno buono: l’indice Q, con il quale se ne misura l’efficienza e l’efficacia, in termini di modalità degli interventi e di prevenzione delle complicanze, risulta infatti di 24,6 punti per gli uomini contro i 23,8 punti per le donne (il punteggio varia da 0 a 40 punti, con 15 o meno identificati quali valori negativi).
Secondo Mariarosaria Cristofaro, “il modello organizzativo e l’assistenza che i centri diabetologici italiani prestano sono di assoluto livello, ma evidentemente anche nel diabete esiste un lieve gap in sfavore della donna”. Essere donna, quindi, implica qualche problema in più anche di fronte al diabete. Tra gli scopi del Gruppo vi è dunque quello di capire le ragioni di una differenza di trattamento che deve essere superata.
Fa notare Maria Franca Mulas, membro del direttivo Amd e fondatrice del Gruppo Donna: “Una donna diabetica ha lo stesso rischio di incorrere in infarto, ictus o scompenso cardiaco di un uomo, diversamente da quanto avviene per la donna non diabetica. Inoltre, ha un rischio di morte maggiore: il doppio dell’uomo”.
Per affrontare la questione nel suo complesso, il Gruppo Donna ritiene di doversi impegnare perché ogni barriera nell’accesso alle cure diabetologiche sia abbattuta.
A giudizio di Valeria Manicardi, anch’essa membro del direttivo Amd e tra i fondatori del Gruppo, “esiste anche un problema di disagio sociale e culturale. Già tradizionalmente la donna si cura di meno: ha una soglia del dolore più elevata, tende a sottostimare la propria malattia in favore delle cure per i familiari; poi non dobbiamo dimenticare che cresce il numero di assistite provenienti da Paesi in cui il diabete è un problema maggiore che da noi e nei quali il solo fatto di essere donna è già di per sé una bella sfida”.
“Un altro obiettivo che ci poniamo -dichiara infine Cristofaro- è scientifico: vogliamo vedere se, come accade nelle malattie cardiovascolari, anche in quelle metaboliche come il diabete, esistono differenze tra uomo e donna. E vogliamo anche sollecitare il mondo dell’industria a promuovere studi scientifici nei quali i farmaci non siano testati solo o prevalentemente sugli uomini. E’ evidente a tutti che dal punto di vista della fisiologia, e quindi anche della risposta a un farmaco, uomini e donne siano molto diversi”.

DIABETE GESTAZIONALE: CONSIGLI PREZIOSI

Per una gravidanza tranquilla
Il diabete gestazionale, quella forma particolare che, nella maggioranza dei casi, si risolve dopo il parto, riguarda una donna su dieci: è quindi la patologia più frequente durante la gestazione e, se non curata a dovere, può causare crescita anormale del feto (macrosomia) o rischio per la madre di contrarre il diabete di tipo 2 nei cinque anni successivi.
Per affrontarlo nel modo migliore sono state varate nuove linee guida, presentate al recente congresso Amd di Firenze, che sollecitano anzitutto a tenere presenti i principali fattori predisponenti: il sovrappeso, il parto dopo i 35 anni e la familiarità di primo grado per il diabete. La maggiore novità è la semplificazione dei criteri diagnostici (cfr. anche Tuttodiabete 2/2010). Spiega Antonino Di Benedetto, coordinatore del Gruppo di studio “Diabete e gravidanza” di Amd: “E’ sufficiente una semplice misurazione della glicemia al momento della prima visita ginecologica. Certo, con questi nuovi criteri, il numero di donne diagnosticate con diabete gestazionale è destinato a crescere sensibilmente, da circa il 10% sino al 18-20%. Ma in virtù dell’elevato rischio di avere il diabete tipo 2 come conseguenza di quello gestazionale, è importante che tutte le donne in gravidanza effettuino questo semplice esame e gli altri che vengono normalmente eseguiti per la diagnosi del diabete gestazionale al sesto mese”. La tempestiva individuazione del problema permette di affrontarlo più efficacemente con una alimentazione corretta e, quando occorra, con l’insulina.
Uno strumento utile in materia è il kit educazionale per il diabete gestazionale, “Un aiuto per la tua serenità”, realizzato da Bayer e presentato anch’esso al convegno fiorentino. Contiene innanzitutto un opuscolo che raccoglie informazioni e consigli, ricavati sia dalla conoscenza ed esperienza clinica dei diabetologi sia dalle testimonianze delle gestanti: da un lato, quindi, i concreti pareri medici su prevenzione e terapia, dall’altro il vissuto delle mamme, che raccontano le difficoltà e i dubbi che hanno avuto e come li hanno superati, anche con l’aiuto del loro medico. Il testo -curato da due esperti in materia, Annunziata Lapolla e Graziano Di Cianni- è accompagnato da un diario per annotare i risultati della glicemia e da uno strumento per il controllo glicemico Breeze 2 in versione colorata, Pink e Purple (rosa e porpora): il kit è in distribuzione nei centri diabetologici diffusi sul territorio e intende favorire il confronto e il dialogo tra la donna, il suo medico e il team che segue la gestante (ginecologo, diabetologo, infermiere, dietista e ostetrica).

PREVENZIONE FIN DALL’ALLATTAMENTO

Al seno è più sano
Al recente congresso tenutosi a Verona su “Nutrizione, metabolismo e diabete nel bambino e nell’adolescente: dalla teoria alla clinica” (promosso da Università di Verona, Società italiana di pediatria, Comune, Aulss 20) si è molto parlato di alimentazione corretta come risorsa strategica per la prevenzione, a cominciare dai primi mesi di vita.
Osserva in merito il professor Claudio Maffeis (Unità di Nutrizione clinica e obesità del Centro regionale di diabetologia pediatrica, Dipartimento di Scienze della vita e della riproduzione dell’Università di Verona) che vi sono alcuni obiettivi prioritari da perseguire. Innanzitutto, “l’allattamento al seno prolungato e  uno svezzamento adeguato, accompagnati da un monitoraggio costante della velocità di crescita del lattante”, perché “l’aumento eccessivo del peso nei primi mesi di vita è un fattore di rischio importante per l’obesità nelle età successive”. Tra le raccomandazioni da non scordare vi è quella  di non somministrare latte vaccino nei primi 12 mesi di vita. In secondo luogo, occorre promozione precoce dell’attività motoria fin dalle prime età, perché “i bambini si muovono troppo poco. Infine, è opportuno insegnare ai piccoli a fare regolarmente la colazione mattutina: “troppi bambini non la fanno o la fanno male” e “l’abitudine di non assumere la colazione è  associata all’eccesso ponderale”. Inoltre, “nuovi dati evidenziano lo stretto rapporto tra performance mentale e consumo della colazione al mattino, con un ruolo chiave giocato dai carboidrati”.