Il 2018 si è aperto in Italia con una maggiore attenzione verso le cosiddette “malattie croniche”. In parallelo all’innalzamento dell’aspettativa di vita, infatti, negli ultimi decenni è aumentato anche il numero di persone affette da patologie croniche. Il Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute (CNaPPS) include nelle patologie croniche le cardiopatie, l’ictus, il cancro e le malattie respiratorie croniche. Non solo: sono incluse anche le malattie mentali, i disturbi muscolo-scheletrici e dell’apparato gastrointestinale, i difetti della vista e dell’udito, le malattie genetiche. Uno spettro molto ampio, insomma, che comprende anche il diabete, con un ruolo importante nello scenario attuale. Basti pensare che ad oggi, in Italia, i pazienti affetti da diabete sono più di 3 milioni, quasi il 5% della popolazione: si tratta di una percentuale che è destinata ad aumentare nei prossimi anni.
La lotta alle malattie croniche rappresenta una priorità di salute pubblica: da qui nasce la necessità di investire nella prevenzione e nel controllo di queste malattie, anche riducendo i fattori di rischio, come l’alimentazione scorretta, la mancanza di attività fisica e il consumo di tabacco e alcolici, che possono provocare obesità, glicemia alta e ipertensione, causa di molte malattie croniche.
Per cercare di gestire al meglio l’aumento delle patologie croniche, nel 2016 è stato emanato il Piano Nazionale della Cronicità (PNC), nato dall’esigenza di armonizzare a livello nazionale le attività in quest’ambito, proponendo un documento condiviso con le Regioni che delinei un disegno strategico comune. Secondo le sue stesse premesse, il Piano è “centrato sulla persona ed orientato su una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell’assistenza”.
Da poco più di mese sembra che il Piano sia più vicino a essere applicato ovunque: a fine gennaio si è infatti insediata la Cabina di regia che ha il compito di coordinare a livello centrale l’implementazione del Piano Nazionale Cronicità, monitorandone l’applicazione e l’efficacia e indirizzando le regioni verso un nuovo modello di presa in carico dei cittadini affetti da patologie croniche. Lo scopo è di integrare al meglio le cure di ospedali e medici di famiglia, coinvolgendo quanto più possibile anche i pazienti, attori principali nella gestione della patologia.
Per quanto riguarda il diabete si rimanda al Piano Nazionale Diabete del 2012, recepito da tutte le regioni ma ben lontano dall’essere attuato ovunque. Il punto centrale su cui si basa è infatti la necessità della presa in carico del paziente con diabete sia da parte del medico di base che di un apposito “team diabetologico”. Il motivo è semplice: il diabete è una malattia dove tutto l’organismo è coinvolto, e necessita quindi di un supporto integrato da parte di vari specialisti. Oggi in Italia queste direttive non sono recepite ovunque, a causa di una forte disomogeneità all’interno delle stesse regioni e dei più di 600 centri di cura della Rete Diabetologica, che operano senza una linea guida comune. Il ruolo del Piano Nazionale Cronicità dovrebbe quindi essere quello di sanare per quanto possibile questa disomogeneità di trattamento e la disparità di accesso alle cure, individuando in tutta Italia modelli di gestione efficaci.
Il Piano mette il paziente al centro e promuove la necessità di interventi dell’approccio unitario, attraverso una migliore organizzazione dei servizi e una stretta collaborazione tra medici, dirigenti sanitari, infermieri e professionisti della salute, al fine di migliorare la tutela e la qualità di vita delle persone affette da malattie croniche. Solo in questo modo si può davvero ridurre il peso della patologia dall’individuo, dalla sua famiglia e dalla società.