Lei era l’unica donna.
E sono certa ci fosse molto bisogno della sua presenza.
Per quel punto di vista femminile che apre mondi e possibilità.
Lei pedalava come loro, ma conoscendo il suo corpo, dopo un lungo allenamento di mesi, era preoccupata: la sua velocità non sarebbe stata quella degli altri.
“Non importa. Andremo tutti alla tua”, le hanno risposto.
E così è stato.
E il tour del Triveneto di 700 km, organizzato da “I Falchi di Tuxon”, tra il 3 e l’8 settembre, è iniziato con i migliori presupposti, che si chiamano gruppo, attenzione, ascolto.
“E com’è andata?”, le chiedo.
“L’unione ci ha reso forti” risponde Erica.
E infatti queste sette persone, munite tutte di una storia segnata dal diabete di tipo 1 o 2, animate dalla voglia di libertà che solo la fatica e la natura possono restituire, si sono viste due sole volte prima del tour, ma hanno continuato a sentirsi in tutti i mesi successivi.
Seguendo le direttive di Marco Compri che ha pensato per loro una sessione di allenamenti (4 a settimana), proponendo uno stile alimentare alternativo rispetto a quello a cui erano abituati, hanno assistito a un evidente cambiamento fisico ed emotivo.
“Marco ci ha insegnato a fidarci delle nostre percezioni”.
E così gli allenamenti sono proseguiti, condividendoli tramite messaggi. Aiutando chi non ce la faceva; esortando a non mollare, a proseguire. E finalmente è arrivato il 3 settembre. Il gruppo coeso, ha inforcato la bicicletta.
“La prima tappa è stata durissima. Non ho saputo dosare le forze e ho dovuto fare gli ultimi 40 km sul pulmino. Stavo arrivando nella mia città, Trieste, e il troppo entusiasmo ha giocato a sfavore. La mattina dopo ho avuto una crisi di sconforto, ma Guido, uno dei componenti del gruppo, mi ha abbracciato forte e mi ha detto: “Erica, tu hai il diabete, e il diabete è una patologia per persone intelligenti. Lo stress sta peggiorando le cose. Devi fidarti di te. Puoi farlo”.
E l’ha fatto, Erica. Ha finito il tour.
E ha anche aiutato tutti gli altri ad andare più lentamente e a godersi la natura intorno. A cogliere e apprezzare ogni singolo istante…
“Torno da questa esperienza meno vulnerabile, più forte, perché più cosciente”.
Ma Erica – in realtà – forte lo è sempre stata. Una viaggiatrice, una persona determinata, coraggiosa.
Il diabete ha cominciato a minare piano piano la fiducia in sé stessa.
“Ho rifiutato una cattedra a Istanbul, perché temevo le ipoglicemie”.
La paura ha fatto il suo corso, ma l’incontro con la giusta diabetologa, l’utilizzo dei social per far parte di gruppi nei quali era di primaria importanza il confronto, la conoscenza di persone speciali, tra le quali suo marito, hanno cambiato le cose.
È un piacere parlare con lei. È un piacere la sua energia, l’ironia e il garbo. È un piacere ascoltare del suo lavoro, nel quale propone viaggi davvero al di fuori dei classici circuiti turistici.
“Porto le persone a vedere i giardini, in Europa (viaggifloreali.com). Sono per il viaggiare lento e a stretto contatto con la natura”.
A me sbalordisce questa idea. E penso che questi viaggi floreali, solo un animo gentile può averli pensati.
E sull’importanza della gentilezza ci soffermiamo, infatti.
“Quando hai a che fare col diabete, è necessario sentirsi liberi di chiedere anche 100 volte la stessa cosa, senza venire giudicati.
Bisogna poter chiedere, perché il diabete è complicato.
Se hai l’ausilio di persone gentili, accudenti, e se sarai presente, usando la testa, tutto andrà bene.
“Questi 6 mesi di allenamenti sono stati rivoluzionari, per me. Mi sono rimessa al centro. Una grandissima scuola di vita.”
A cura di Patrizia Dall’Argine