Aggiornamento
Un bisturi per il troppo grasso
Le prospettive della terapia chirurgica
Studi recenti hanno richiamato l'attenzione sulla possibilità di ottenere la guarigione del diabete di tipo 2 con interventi chirurgici mirati a una rapida e sostenuta riduzione del peso corporeo. Un'opportunità riservata ai grandi obesi, ma non priva di controindicazioni
prof. Paolo Brunetti – Direttore Dipartimento di Medicina interna Università degli Studi di Perugia
La stretta connessione esistente fra obesità e diabete mellito, la scarsa efficacia, soprattutto a lungo termine, degli interventi mirati alla modificazione dello stile di vita e gli effetti collaterali della terapia farmacologia oggi disponibile, hanno aumentato, in misura considerevole, l'interesse per la chirurgia bariatrica. Questa comprende interventi mirati a restringere la capacità di contenimento dello stomaco e/o a ridurre l'assorbimento intestinale dei nutrienti. Sono interventi di tipo restrittivo il bendaggio gastrico regolabile, la gastroplastica verticale e il bypass gastrico secondo Mason. Gli interventi di tipo malassorbitivo, che comprendono la diversione bilio-pancreatica e la diversione bilio-intestinale, sono caratterizzati da un marcato riarrangiamento della struttura anatomica dell'apparato gastro-enterico, realizzato con l'intento di produrre una condizione patologica di malassorbimento, che, peraltro, insieme con la inevitabile marcata riduzione del peso corporeo, può essere causa di complicanze connesse a importanti deficit nutrizionali. Ciò ne rende l'esecuzione assai poco consigliabile se non nei casi estremi di obesità.
Tutti gli interventi di tipo restrittivo possono essere eseguiti, in mani esperte, con tecnica videolaparoscopica e ciò riduce di per sé la morbilità post-operatoria. Il bendaggio gastrico regolabile consiste nella creazione di una piccola tasca gastrica di circa 25 ml di volume, ottenuta stringendo la porzione superiore dello stomaco con un anello di silicone e comunicante con il resto dello stomaco mediante un piccolo orificio il cui diametro è regolabile dall'esterno. Nella gastroplastica verticale secondo Mason (Edward Mason, considerato il padre della chirurgia bariatrica) la tasca gastrica viene costruita in senso verticale, lungo il margine destro dello stomaco (la piccola curvatura) mediante una sutura realizzata con una apposita cucitrice meccanica che la separa dalla parte restante dello stomaco. La tasca comunica con la porzione restante dello stomaco attraverso un orificio di circa 1 centimetro di diametro che ne limita la velocità di svuotamento. Con entrambi gli interventi, le ridotte dimensioni della tasca gastrica determinano un senso precoce di sazietà e consentono perciò una riduzione dell'apporto alimentare. Risultati migliori, in termini di riduzione di peso, si possono ottenere con il bypass gastrico, anch'esso introdotto da Mason, e consistente nella associazione, alla gastroplastica verticale, di un bypass che mette in comunicazione diretta la tasca gastrica così ottenuta con il tratto iniziale dell'intestino tenue. Con questo intervento lo svuotamento della tasca gastrica avviene direttamente nell'ansa intestinale, cortocircuitando la porzione residua di stomaco e il duodeno. Secondo una linea guida enunciata dal National institute of health nel 1991, le condizioni che rendono accettabile il ricorso agli interventi di chirurgia bariatrica sono un Bmi (indice di massa corporea, dato dal rapporto fra peso in chili e altezza in metri al quadrato) maggiore del 40% oppure superiore al 35% in presenza di patologie, come, per esempio, il diabete.
Dixon e collaboratori hanno eseguito uno studio randomizzato di confronto -il primo finora eseguito- su 60 pazienti diabetici di tipo 2, obesi, con un valore di Bmi compreso fra 30 e 40, sottoposti a terapia convenzionale o a bendaggio gastrico regolabile per via laparoscopica. I risultati, a 2 anni, non lasciano adito ad alcun dubbio. Su 30 soggetti sottoposti a chirurgia, ben 22, pari al 73%, hanno ottenuto una completa remissione del diabete, contro solo 4 (il 13%) di quelli assegnati alla terapia medica e comportamentale. Inoltre, i pazienti trattati chirurgicamente hanno mostrato, al termine dei due anni di osservazione, valori mediamente più bassi di glicemia, di emoglobina glicata e di trigliceridi, più alti di colesterolo Hdl e un minor consumo di farmaci ipoglicemizzanti, anti-ipertensivi e ipolipidemizzanti. In accordo con i risultati ottenuti sul piano metabolico, i pazienti sottoposti a bendaggio gastrico hanno ottenuto, in media, una perdita di peso pari al 20% del peso corporeo iniziale, di gran lunga superiore a quella dei pazienti in terapia standard (1,4%). L'entità del calo ponderale è risultata essere il miglior predittore della remissione del diabete.
Con un leggero anticipo rispetto al lavoro australiano erano stati resi noti i risultati definitivi di un ampio studio svedese (Swedish obese subjects study o Sos) che aveva arruolato oltre 4000 soggetti obesi, con Bmi >34 nelle donne e >38 negli uomini, sottoposti, dietro loro scelta, quindi senza randomizzazione, a un trattamento di chirurgia bariatrica (in prevalenza gastroplastica verticale, ma anche bendaggio gastrico o bypass gastrico) o convenzionale. La percentuale di pazienti diabetici presente nei due gruppi era di circa il 10%. Il follow-up è stato in media di 10 anni e 9 mesi. Alla perdita di peso, dell'ordine del 20-30%, si sono accompagnati una riduzione della circonferenza della vita e valori più favorevoli di glicemia, insulinemia, trigliceridemia -ma non di colesterolemia- uricemia e pressione arteriosa. Nel gruppo chirurgico, la remissione del diabete, come dell'ipertensione arteriosa e della dislipidemia, è stata più frequente, mentre assai inferiore è risultata l'incidenza di nuovo diabete e delle altre alterazioni metaboliche associate. I risultati di questo studio che maggiormente colpiscono riguardano il tasso di mortalità cumulativa, ridotto in media del 24% nel gruppo trattato chirurgicamente.
I risultati dei due studi di intervento descritti sono in accordo con quelli di uno studio retrospettivo, condotto ancora negli Stati Uniti da Adams e collaboratori e pubblicato contemporaneamente allo studio Sos. In una coorte di circa 10.000 pazienti obesi (Bmi > 35%), operati di bypass gastrico, in un follow-up medio di 7,1 anni, si è osservata, rispetto al gruppo di controllo, una riduzione della mortalità del 40%. In particolare, si è osservata una riduzione della mortalità del 56% per malattia coronarica, del 60% per cancro e del 92% per diabete.
Infine, nel primo numero del 2009 della rivista americana Pediatrics, sono stati pubblicati i risultati ottenuti in 11 giovani adolescenti, marcatamente obesi, con Bmi da 43 a 63, affetti da diabete di tipo 2, sottoposti a bypass gastrico. In tutti, tranne uno, si è ottenuta la remissione del diabete con una riduzione, dopo un anno, del 34% del Bmi, del 41% della glicemia a digiuno e dell'81% della insulinemia.
La riduzione del peso corporeo, conseguente alla minore introduzione di cibo, a sua volta derivata dal precoce senso di sazietà, gioca un ruolo fondamentale nel determinare i risultati positivi ottenuti sul piano metabolico. Per quanto concerne il bypass gastrico, si ritiene, tuttavia, che un contributo venga anche dalla modificazione della struttura anatomica e, di conseguenza, della fisiologia gastro-enterica prodotta dall'intervento. Lo svuotamento diretto del contenuto gastrico nel tenue provoca in effetti un aumento della secrezione, da parte dell'intestino distale, del peptide glucagone simile o GLP-1, di cui è nota la capacità di stimolare la secrezione insulinica e di svolgere una funzione protettiva nei confronti delle cellule beta.
Un ulteriore elemento che aumenta l'efficacia delle tecniche di bypass rispetto a quelle di semplice gastroplastica è rappresentato dall'effetto dumping dovuto ancora al rapido svuotamento della tasca gastrica nell'intestino, senza la mediazione dello sfintere pilorico. Come nei soggetti sottoposti a gastroresezione, ciò provoca un rapido riempimento dell'ansa intestinale prossimale, specialmente dopo l'ingestione di alimenti liquidi e ad alto contenuto zuccherino, con richiamo osmotico di acqua, distensione intestinale, e comparsa della tipica sindrome di dumping caratterizzata da sudorazione, dolori addominali, ipotensione ed, eventualmente, perdita di coscienza. L'intervento di bypass gastrico produce perciò i suoi maggiori effetti nei soggetti che sono soliti ingerire elevate quantità di dolci.
Gli interventi di chirurgia bariatrica non sono scevri di effetti collaterali. Nello studio Sos, in circa il 13% dei pazienti sono state registrate complicanze post-operatorie consistenti in sanguinamento, embolia o trombosi, infezioni profonde, complicanze polmonari (alcune di entità tale da richiedere un reintervento). La frequenza di reintervento, incluse le operazioni di riconversione, in oltre 1300 soggetti seguiti per almeno 10 anni, è stata dell'ordine del 20-30% per le varie metodiche utilizzate. Ciononostante, rispetto al gruppo di controllo, nei 90 giorni successivi all'intervento, è stato osservato solo un lieve aumento della mortalità (cinque soggetti, pari allo 0,25% nel gruppo chirurgico, contro due, pari allo 0,10%, nel gruppo di controllo).
Malgrado i successi della chirurgia bariatrica, oggi anche definita "chirurgia metabolica”, questa non viene considerata oggi una opzione terapeutica percorribile in nessuna linea guida elaborata dalle società scientifiche diabetologiche e neppure nel più recente algoritmo terapeutico proposto congiuntamente dalla Easd e dall'Ada. In effetti, malgrado possa ritenersi acquisito che obesità e diabete rappresentano importanti fattori di rischio e che la chirurgia bariatrica si sia rivelata superiore, anche in soggetti diabetici con Bmi di poco superiore a 30, alla terapia farmacologica e rieducativa oggi in uso, predominano, nella scelta, le considerazioni relative al rischio di complicanze post-operatorie e la speranza che i nuovi approcci farmacologici possano fornire alternative efficaci e non traumatiche alla terapia tradizionale.