“Avevo già questa grande passione per i viaggi, per scoprire il mondo in generale, l’ho sviluppata da quando ero bambino. Quando mi è stato diagnosticato il diabete di tipo 1 all’inizio l’ho vissuta come una totale perdita di libertà, quella libertà che il viaggiare ti dona e che non si concilia bene con una malattia che richiede routine e giornate sempre uguali.”
L’intervista con Leonardo è iniziata così: con i suoi occhi che brillano alla sola idea di parlare della sua più grande passione, il viaggio, un amore incondizionato che nemmeno la diagnosi di diabete 1 ha saputo fermare.
“Ho provato rabbia al momento della diagnosi, ma ora non più: sono arrivato in ospedale sulle mie gambe ma in condizioni molto critiche, mi hanno detto più volte che ero fortunato ad essere vivo e ora provo solo gratitudine.”
Leonardo sprizza energia da tutti i pori, mentre racconta dei suoi viaggi post-diagnosi, dal Portogallo agli Stati Uniti e infine alla Colombia, il viaggio che aveva dovuto rimandare proprio a causa della diagnosi, nonostante avesse già il biglietto in mano.
“Ho voluto imparare a gestire bene il diabete in fretta proprio per non abbandonare il mio sogno: essere nomade digitale e viaggiare quanto più possibile. Poi ho dovuto re-imparare a viaggiare, perché farlo con il diabete è completamente diverso: devi saperti organizzare ed è importantissimo fare rete con associazioni sul territorio e con le persone, perché quando sono stato in difficoltà è grazie a loro che ne sono uscito.”
Leonardo è diventato talmente esperto da riuscire non solo a fare quel famoso viaggio in Colombia, ma a viaggiare continuativamente nel Sud America per 9 mesi, durante i quali ha anche vissuto con una famiglia indigena in Amazzonia.
“Avevo bisogno di fermarmi perché stavo andando incontro a quello che viene chiamato travel burnout, così con la piattaforma workaway ho trovato delle sistemazioni più stabili per fermarmi in determinati posti alcune settimane. Mi sono riposato scoprendo di più le culture locali, venendo a contatto con le persone del luogo per più di un qualche semplice scambio di conversazione.”
Quando gli chiediamo tre consigli per chi vuole viaggiare con il diabete non ha dubbi.
“Innanzitutto partire anche da mete più piccole come una gita o un piccolo viaggio fuori dalla propria regione, questo aiuta a misurarsi con piccole sfide e prendere confidenza con imprevisti minori.
La seconda regola è organizzarsi: non basta avere un piano B, bisogna avere anche un piano C e D. In questo vengono in aiuto le associazioni locali. Per ogni viaggio che io ho fatto ho sempre contattato preventivamente le realtà del luogo per farmi un’idea precisa di cosa fosse disponibile, che tipo di aiuto potessero eventualmente fornirmi ecc.
E così arriviamo al terzo consiglio: fare rete il più possibile. Esistono i gruppi Facebook, i canali discord e gli influencer su Instagram, possiamo reperire tantissime informazioni da questi spazi ma soprattutto aiuto pratico. Io e il mio viaggio in Sud America (ndr: per il quale Leonardo ha organizzato una staffetta da Vignola fino all’Ammazonia per farsi portare altri sensori) ne siamo la prova.”