16-17/7/04 Aggiornmento alpinistico

16-17/7/04 Aggiornmento alpinistico

Solita ora, 6 del mattino, solito tempo, nevischio e vento, Mirco, Anna, Nikki e Daniele, hanno deciso di partire per i campi alti con l’obiettivo principale di riuscire a collocare la tendina abbandonata chiusa a quota 6500 al campo 3, quota 7100-7300. Obbiettivo frustrato questa volta da forti venti in quota con precipitazioni nevose diffuse. Mirco raggiunto ha raggiunto il campo 2 venerdì 16 alle 13.00, Daniele e Anna il campo 1 tra le 9.50 e le 10.30, Nikki al campo intermedio verso le 11.00. L’obiettivo secondario ma importante era anche quello di rimanere in quota per l’acclimatazione il più possibile, si prevedevano 2 o 3 notti: fatta solo una.
Sapevamo già che il tempo sarebbe stato variabile (lo dicevano le previsioni) ma non immaginavamo che la forza dei venti che hanno spazzato la montagna dal pomeriggio a tutt’oggi, rendendo la permanenza in quota una reclusione in tenda. Si doveva pure spostare la tenda del campo 2 in un sito migliore (oggi sta sul bordo del baratro pur ancorata su solida roccia), anche questa un’operazione impossibile.
Riassumendo: fuori vento gelido con neve sferzante come una sabbiatrice, dentro in tenda temperature da forno crematorio essendo che i raggi infrarossi passano le nubi e rimangono intrappolati nella tenda creando una vera serra d’alta quota, ideale per piante tropicali ma disagevole per l’uomo. Al campo 2, dove c’era Mirco, ci sono stati circa 20 cm di neve, poi spazzata dal vento, per gli altri due, al campo 1 è stato impossibile proseguire la mattina odierna per il due vista l’impossibilità di condurre anche le semplici operazioni di cui sopra. Il campo 3 rimane un miraggio. Dalle altre spedizioni siamo venuti a sapere che le tende del 3 sporgono solo di una decina di centimetri dalla superficie nevosa! La speranza è l’ultima a morire. Si attende una finestra di bel tempo nella settimana entrante ed un gruppo di tre farà un tentativo alla vetta. Nikki nel frattempo resta un’altra notte al campo intermedio per migliorare il suo acclimatamento.
Daniele

Una giornata al campo 2. (di Mirco Scarso)
Mi accingo a scrivere qualche considerazione su una nuova esperienza provata in quota, sono salito al campo 2 (6200 m) da solo, 1440 metri di dislivello di cui 400 sotto una bufera di vento e neve. Ero partito con Daniele Anna e Nikki, i primi due si primi due si fermavano al campo 1 (5700) mentre Nikki si fermava al campo intermedio (5300 m). Alle 13.00 riuscivo a mettere piede dentro alla tenda, ero infreddolito ed affamato. Speravo in peggioramento passeggero, tutto invece durerà tutto il pomeriggio e la notte convincendomi al mattino successivo di rientrare al campo base. Durante la notte la tormenta è aumentata, ero abbastanza preoccupato per l’integrità della tenda, probabilmente il vento soffiava a 50 km/h e la neve si infilava dentro l’abside con estrema facilità, al mattino ce ne saranno stati 7/8 cm.
Il pomeriggio non potendo uscire dalla tenda, ho continuato a scogliere neve, mi serviva sia per bere che per fare da mangiare. Riuscivo a recuperare la neve senza uscire, prendevo la pala, aprivo un po’ l’abside e allungavo il braccio verso i cumuli di neve portati dal vento. Al mattino senza far colazione, l’accendino non funzionava più, sono sceso, la neve era bella, dura, ramponabile, in poco tempo ero già alla base del Broad Peak, prima però ero passato al campo 1 dove Daniele e Anna mi avevano preparato tè e biscotti. Questa avventura per me è stata molto importante, mi sono confrontato con le mie forze fisiche e mentali ed ho avuto un riscontro positivo. Si deve tener presente che, quando si tenta di salire un 8000, si arriva ad un certo punto che le uniche forze che ti sorreggono sono le proprie quindi sono da tenere bene in considerazione.
Io speravo di riuscire a restare un’altro giorno in quota assieme a Daniele e Anna per poter portare più avanti il campo 3 che non è stato ancora montato per le condizioni non certo favorevoli del tempo. Speriamo nella settimana prossima.

La montagna ed il mito
Forse in poche parti del mondo come tra queste montagne si avverte la forza del mito. Cos’è il mito se non il tentativo di ricondurre eventi sovraumani, spesso naturali, alla nostra dimensione, addomesticandoli, associando però a questa ridotta dimensione poteri divini, imperscrutabili, ma sensibili alle nostre preghiere.
Dalle smisurate dimensioni di ciò che ci circonda alla eco, ancora viva, delle epiche imprese dei primi alpinisti fino all’incontro, al contatto, con alcuni uomini che sono la storia di queste montagne. Molto ci conduce ad una dimensione mitologica di ciò che stiamo vivendo, proprio ora, in questo momento in cui sembra che gli dei che vi dimorano oppongano il loro rifiuto alla nostra ascensione.
Si era detto che il Baltoro è il tempio degli Dei di tutte le montagne, e così è, gli dei hanno la loro volontà e loro preferenze. Come nell’era eroica così noi stiamo attendendo di comprendere chi vorranno favorire, chi godrà della loro benevolenza. Non faremo sacrifici per questo, siamo uomini moderni, è vero, ma viviamo nel sogno, attraverso il sogno gli dei parleranno, se vorremmo credergli e se non mentiranno, potremmo avere il nostro Eroe.
Lo spirito di sfida ci anima, la tensione che si nutriva nei primi giorni, in attesa di conoscere la via, ha gradualmente ceduto il posto al desiderio di salire più in alto mentre il nostro corpo si adattava alle nuove condizioni ambientali. Taluni vivono il sogno come una sfida con i propri limiti ed il desiderio, inconfessabile ma reale, di giungere soli in vetta, soli dall’inizio alla fine, prediletti dagli dei e per questo eroi.
Ed in questo sogno, irrealizzabile per tutti, ancora il mito si manifesta in una caccia la più bella e terribile, come Melville la descrisse. Tre giorni di caccia, l’ultimo, la vetta. Partire come Achab contro il terribile mostro bianco che abbiamo di fronte, contro quelli non meno terribili del nostro animo, e tornare come Ismaele, orfani, soli, aggrappati all’indispensabile contenuto dello zaino come Ismaele alla bara, alla deriva nell’oceano bianco di ghiacci, salvi solo quando giunti alla Rachele, il campo base. Achab muore nella sua sfida. Ismaele l’uomo liberato torna. Il mito, il sogno, vere dimensioni dell’uomo.
Daniele Mirolo.

ADIQ