Ha capito che quella sarebbe stata la sua strada grazie a un evento folgorante.
“Nel 2014 avevo iniziato gli studi in cinofilia. Tramite un caro amico col diabete, nel 2015 ho partecipato alla presentazione di Progetto Serena a Verona. Erano i primi passi, ed erano i primi cani ad essere addestrati. La presentazione era stata fatta all’interno di un parco e, durante una pausa, sono andata a sedermi su una panchina. Devo dire la verità, ero un po’ scettica riguardo a quello che ci era appena stato raccontato. Poi all’improvviso ho visto un cane intento a giocare, che si bloccava alzando il naso come se avesse percepito un cono di odore che l’ha portato fino al suo proprietario col diabete, seduto su una panchina vicino alla mia. Ha segnalato un’ipoglicemia. Ho capito, istantaneamente, che quella sarebbe stata la mia strada”.
E così Antonella Rufo ha cominciato a seguire Roberto Zampieri, ideatore del protocollo cani allerta diabete per Progetto Serena Onlus, e, una volta appreso il protocollo, ha iniziato l’avventura di addestratrice.
“Nell’allerta diabete il padrone si prende cura del cane, ma allo stesso modo il cane si prende cura del padrone. C’è reciprocità. Il cane comprende di avere un ruolo all’interno del nucleo famigliare e questo lo gratifica. Si tratta di un lavoro di tipo olfattivo. Il cane memorizza un odore e impara a discriminarlo dagli altri. In seguito impara anche a decodificare i cambiamenti mimici e posturali del proprietario in ipo e iperglicemia”.
Certamente, affinché l’addestramento vada a buon fine è necessario che il proprietario partecipi attivamente al processo di apprendimento del cane.
“All’inizio gli attori principali sono l’istruttore e il cane. Poi però, una volta che entra in scena il proprietario, l’istruttore deve farsi da parte, dirigendo il tutto come un regista. Il proprietario è responsabile tanto quanto l’istruttore nella riuscita del lavoro. Ogni giorno, per 5/10 minuti, deve fare esercizi col suo cane. Deve aiutarlo a generalizzare quel tipo di lavoro in ogni momento. “
Quello di Antonella, come per tutti gli altri istruttori di Progetto Serena, è un lavoro svolto come volontaria. Per questo, forse proprio perché non c’è un riscontro economico dell’attività svolta (solo un rimborso spese minimo), ma esclusivamente un ritorno in termini di soddisfazione, l’impegno è duplice. Significa dedicare 2 anni della propria vita, entrando a far parte delle dinamiche di una famiglia, creando un rapporto stretto dovuto al contatto costante. Significa essere attenti, presenti, considerare che una persona col diabete può anche essere soggetto a cambi d’umore, e quindi avere gli strumenti per gestirlo, che possono essere tradotti in un’unica qualità: l’empatia.
“In questo momento sto lavorando con un ragazzo adolescente. Il suo cane è un segugio. Un giorno siamo usciti. Lui si era appena provato la glicemia e si sentiva bene, ma il cane continuava a segnalare. Così siamo tornati a casa, perché il ragazzo aveva dimenticato il glucometro e non era munito di sensore, e abbiamo scoperto che la glicemia era calata a picco. Era in piena ipo e molto probabilmente se non fossimo intervenuti a breve, il ragazzo sarebbe svenuto. In casi come questo, ci si rende immediatamente conto di quanto sia importante questo protocollo. Ovviamente, va sempre sottolineato e ricordato che un cane allerta diabete affianca ma non sostituisce nessuna terapia o tecnologia”.
La rete di Progetto Serena si sta ampliando e oramai sono decine gli istruttori sparsi nelle varie regioni d’Italia.
“Ogni vittoria è partecipata. Seppure logisticamente distanti, condividiamo gioia, ma anche momenti di scoramento.
Questo è un tipo di volontariato molto impegnativo dal punto di vista emotivo. È impossibile non esserne coinvolti. Dispiace assistere a momenti di difficoltà delle persone con le quali lavoriamo. Il diabete è una patologia complessa. Prima non ne sapevo molto, poi mi sono informata, l’ho studiata e anche osservata. Proprio per gli incredibili benefici che porta avere un cane allerta diabete, rifarei questa scelta 1000 volte”.
E poi ci sono loro, i nostri amici a 4 zampe, che prestano il loro grande olfatto a favore delle persone che amano, e che devono essere scelti all’interno di una famiglia, solo e soltanto se è ben chiaro e presente il tipo di impegno che porta l’accudimento di un cane.
“Una cosa che mi chiedono spesso è se esiste una razza più adatta per questo tipo di percorso. La risposta è no. Non esiste una razza più adatta a questo lavoro, ma esiste una cane più adatto ad un certo tipo di persona. L’importante è che si tratti di cani equilibrati dal punto di vista comportamentale. Il potenziale olfattivo è patrimonio di tutti i cani, bisogna solo educarli a un corretto utilizzo del naso. Il primo cane di Progetto Serena è stato un meticcio preso in un canile”.
A cura di Patrizia Dall’Argine