Antonio Romano racconta e si racconta

27 Marzo 2019, ore 12.30.
Non una data qualsiasi ma l’esordio di Antonio che, seppur dopo sei anni, ricorda ancora perfettamente. Un esordio tardivo (Antonio aveva 35 anni), completamente inaspettato (in famiglia non ci sono altri casi), che lascia un segno profondo e ancora ben presente nella sua vita.

È stata un’onda anomala che mi ha travolto. Mi sono adattato ad una nuova vita, perché il diabete non mi ha dato un’alternativa. Non accetto la mia condizione ma solo ciò che è in essere per gestire nel migliore dei modi la situazione. Accetto di prendermi cura di me, di ridimensionare la mia patologia, di prevenire gli ostacoli, di conoscere per domare ciò che ne deriva dalla sua complessità.”

È proprio da questa consapevolezza che Antonio percorre nuovi passi diretti su strade sconosciute. Il punto di partenza coincide con la sua forza d’animo tradotta in creatività: in parallelo con la sua carriera di infermiere, infatti, scrive un libro, un racconto corale di persone che affrontano diverse patologie, tra cui il diabete di tipo 1. Al centro di questo romanzo appare la figura di Nepente, personaggio in grado di nutrire la psiche e di curare attraverso l’ascolto.

Nepente è parte del mio Io, ricalca il modo in cui mi sento nei confronti delle tante persone che ho conosciuto e che hanno ispirato questo libro” ci confessa amabilmente.

Antonio, spiega, si è focalizzato su un approccio metodologico denominato “nursing narrativo” che “consiste nell’osservare la persona con patologia dal punto di vista delle emozioni, delle sensazioni, del mondo della vita che alimenta vissuti non solo a livello somatico ma soprattutto sotto un profilo psicologico. Ho sentito l’esigenza di scrivere un libro che ha a che fare con differenti storie e condizioni, come l’Alzheimer, il Diabete di tipo 1, la Fibrosi Polmonare, la Neoplasia, la Depressione, la Cardiomiopatia, la Schizofrenia: esperienze di persone differenti, incontrate durante il mio cammino, che si sono raccontate a me a cui ho voluto dare risalto da un punto di vista inedito e nuovo, quello dell’emozione per raccontare la vita”.

Nepente, ascoltando, lenisce il dolore di persone accomunate da un’interruzione della continuità del loro tempo a causa di un evento avverso caratterizzato della malattia. Antonio durante la sua esperienza da narratore, improvvisamente, si ritrova ad essere narrato da sé stesso, in balia delle correnti.

Da quel 27 Marzo sente di vivere una vita parallela perché “non solo ho dovuto affrontare la diagnosi, ma anche il contesto socio-culturale da cui ero circondato, ho preso coscienza di cosa vuol dire subire lo stigma da parte di persone convinte di conoscere e di altre che vivono la malattia nel silenzio della vergogna. Non dimenticherò mai lo sconvolgimento di una donna, moglie di un amico, che mi redarguì pubblicamente per avere fatto la sottocute davanti ai suoi occhi… salvo scoprire, poi, che anche lei aveva il diabete di tipo 1. Vittima del suo stesso stigma!”

Nel cassetto Antonio ora ha un nuovo libro (di cui non sveliamo la trama!) e una speranza per il futuro: che un giorno non troppo lontano si rilegga quest’intervista con lo stupore di chi vive in un mondo dove il diabete di tipo 1 è solo un ricordo.

Lui ci crede, e voi?