Allarme diabete negli Usa : uno studio dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie ha rilevato che in 15 anni i casi sono aumentati notevolmente in tutta l’Unione, in 18 Stati addirittura del 100%. Varato un programma nazionale di prevenzione.
Da una indagine dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie degli Usa (Centers for disease control and prevention – Cdc, Morb Mortal Wkly Rep. 2012; 61:918-921) si apprende che, negli Stati Uniti, nel 2010, vi erano 18,8 milioni di diabetici diagnosticati e 7 milioni di soggetti con diabete non diagnosticato. Nel confronto con i dati del 1995, si desume che la prevalenza media del diabete diagnosticato negli Usa sia aumentata criticamente in tutte le fasce di età, in entrambi i sessi e in tutti i gruppi etnici dal valore medio originario del 4,5% a quello dell’8,2%. Ciò significa che nell’arco di tempo considerato, la diffusione del diabete è aumentata in una misura eguale o superiore al 50% in 42 Stati e al 100% in 18 Stati. Questo incremento è in parte dovuto all’aumento della durata di vita, ma un ruolo preminente è svolto dallo stile di vita.
Gli estensori del documento dei Cdc sottolineano la necessità di strategie rivolte all’intera popolazione e ai gruppi di soggetti ad alto rischio per invertire questa tendenza e fanno riferimento al National diabetes prevention program, nato da una partnership pubblico-privato di organizzazioni comunitarie, compagnie assicurative e agenzie governative, che sostiene l’implementazione, a livello nazionale, di una politica volta alla correzione dello stile di vita attraverso la promozione di buone pratiche nutrizionali, di un incremento dell’attività fisica e di una modesta perdita di peso fra le persone ad alto rischio. Tutto ciò è anche quello che dovrebbe essere realizzato con molta determinazione anche nel nostro Paese. (PB)
DOCUMENTO DI ADA E EASD
Le linee guida sull’iperglicemia
L’American diabetes association (Ada) e la European association for the study of diabetes (Easd), a parziale modifica di precedenti dichiarazioni, hanno pubblicato una nuova linea guida per il trattamento della iperglicemia nel diabete di tipo 2 (Inzucchi SE et al., Diabetes Care 2012; 35, – 1364-1379). Oggi, a differenza del passato, possiamo disporre di un consistente numero di classi di farmaci ipoglicemizzanti, ciascuno con specifiche proprietà e vari effetti collaterali, ma non disponiamo in realtà di validi studi comparativi. Si è perciò giustamente ritenuto che nella scelta del trattamento terapeutico si dovesse tenere nella massima considerazione, accanto ai meccanismi di azione e alla tollerabilità dei singoli farmaci, le caratteristiche cliniche di ciascun paziente in termini di età, attesa di vita, durata della malattia, gravità del disordine metabolico, complicanze cardiovascolari e microangiopatiche e di comorbidità di varia natura
Fermo restando che l’attenzione alla dieta, all’esercizio fisico e all’educazione rimangono la base di ogni schema di trattamento, il farmaco di prima linea da usare, in assenza di specifiche controindicazioni, rimane la metformina. Dopo la metformina, non vi sono specifiche indicazioni sull’uso aggiuntivo di un farmaco piuttosto che di un altro in schemi terapeutici più complessi. Infine, molti pazienti avranno bisogno di ricorrere all’insulina da sola o in combinazione con agenti orali. In ogni caso, la terapia dovrà essere concordata con il paziente valutando le sue necessità e le sue preferenze. Non meno importante del controllo della glicemia sarà infine la neutralizzazione di tutti i fattori di rischio cardiovascolari.