Campo base avanzato, 15 settembre 2002

Campo base avanzato (5775 m.), 15 settembre 2002

Il 7 settembre da Tingri con delle jeep arriviamo al Campo Base cinese (4800 m.). Posto ideale per montare le tende. Torrente con a lato un terreno morbido, erbetta verde, tane di piccoli e simpatici roditori ovunque. In fondo alla valle si stagliano verso il cielo le candide e complesse strutture del Cho Oyu (8201 m.), del Cho Ahui (7700 m.), e dello Changtse (7920 m.). Montiamo 10 tende più quella mensa e quella cucina e pesiamo tutto il nostro materiale (1300 Kg.). Alla quota di 4800 m. inizia il terzo step del protocollo medico-scientifico.
Il primo era stato effettuato a casa (300 m. circa), il secondo a Lhasa (3600 m.). Durante il percorso previsto dal protocollo, molti sono in affanno a causa dell’ipossia. Come di consueto, oltre ai dati pressori e funzionali prima e dopo la sessione, i 6 diabetici, ogni ora controllano la glicemia. Si nota in tutti i partecipanti una elevata variabilità all’esecuzione dell’attività fisica prevista. Il 9 settembre è già ora di partire per il Campo Base Intermedio (5345 m.). Secondo giorno di protocollo. Percorreremo una valle di 15 Km., attraversando 2 torrenti privi di ponti.
Arrivo scaglionato al Campo Intermedio, con tutto il gruppo visibilmente provato. Oltre alla solita aspirina, alcuni iniziano la terapia preventiva del mal di montagna con “Diamox”. Il mattino del 10 settembre sulle tende c’è un leggero strato di brina ma la giornata si preannuncia meravigliosa. Tutti però si sentono affaticati. L’ascesa prevede di rimontare un terreno morenico (kumbu), proprio a lato e sopra il ghiacciaio Gyabrag alimentato dalle nevi del Cho Oyu. Tutt’intorno alla morena, decine di bellissime cime per lo più inviolate, attirano la nostra attenzione. Arriviamo al Campo Base Avanzato (5775 m.) verso sera, mentre scende un freddo nevischio.
Il luogo è una città di sassi. Ogni angolo piano deve essere ricavato con estrema fatica. Siamo tutti un po’ delusi anche perché alla lunghezza e all’impegno del percorso, i diabetici ogni ora si devono fermare a controllare la glicemia. Montiamo le tende ancorandole solo con i sassi, perché i picchetti non entrano nel terreno. Tutti si danno da fare senza risparmiarsi e le cose da fare veramente non mancano. Prima di dormire però, sul volto di tutti si legge una profonda stanchezza. Questa notte, come le altre che seguiranno in questo luogo, saranno causa nel gruppo della classica patologia da freddo (di notte sottozero, spesso con neve, di giorno caldo fino a 18 ° C). Mal di testa, mal di gola, raffreddore, naso chiuso che impedisce di respirare ed infine l’affanno per la quota elevata e l’ipossia.
Nonostante l’efficienza fisica del gruppo risulti in netto ribasso, ben undici componenti si sottopongono a un ulteriore protocollo medico da effettuarsi sopra il Campo Base, mentre l’indomani si sottoporranno ai test i rimanenti cinque componenti. Il tempo ormai è una fotocopia del giorno precedente. Bello fino al primo pomeriggio, poi nuvole freddo e neve fino a notte fonda. Nonostante lo scarso acclimatamento e le condizioni di salute non eccellenti, un gruppo decide di raggiungere il Campo 1 (6400 m.), attrezzandolo con 2 tende e con materiali vari. Sono della partita anche i coraggiosi diabetici Pietro Piccolo e Ilaria Carpen che coprono l’impegnativo percorso in circa 4 ore. Per entrambi un grosso risultato a coronamento del record di altezza personale mai raggiunto prima. Quella stessa notte (13 settembre), risulterà tra le più movimentate tra quelle vissute. Alcuni non riescono a dormire e altri accusano mal di testa, altri ancora non riescono a respirare o peggio ancora cresce la necessità da parte di alcuni di urinare spesso (e con il freddo nevischio che impazza fuori dalla tenda) non è proprio la situazione più raccomandabile.
Ma il diabete? Sembra proprio che per tutti i diabetici presenti, il diabete è l’ultimo dei problemi. Il 14 settembre è il giorno della partenza del gruppo dei diabetici (Daniele Mirolo, Ilaria Carpen, Pietro Piccolo) che hanno partecipato fino in fondo all’esecuzione e alla riuscita del protocollo scientifico. Partono con loro anche Laura Cucco (salita anch’essa fino al Campo 1), Francesca Zerbo (che ha fornito la sua importante esperienza nell’esecuzione dei prelievi arteriosi previsti dal protocollo) e Paolo Baldassa (sempre entusiasta nel dare una mano nel momento opportuno). I cinque yak sono pronti, non resta che il momento per i saluti evidentemente carichi di forti emozioni. Credo che per tutti sia stata un’avventura e un’esperienza molto intensa sotto tutti gli aspetti. Spero solo che, una volta a casa, ogni giorno nel loro cuore ci sia un posto per chi rimarrà su questa morena per tentare di salire questa bella cima della Dea del Turchese.

Vittorio Casiraghi