Diabete di tipo 1 in età adulta: l’impatto della diagnosi

Il Diabete di tipo 1 generalmente si manifesta in età infantile, tuttavia esistono casi di diabete di tipo 1 diagnosticato in età adulta. Questa forma di diabete nell’adulto a volte può essere confusa con il diabete di tipo 2 e quindi la diagnosi corretta arriva in ritardo rispetto all’esordio. Poco si sa sull’impatto psico-sociale di questa diagnosi sugli adulti.

Un bambino con una diagnosi di diabete di tipo 1 passa attraverso un periodo di educazione, di supporto da parte dei caregivere sviluppa la sua identità personale, con questo sgradito compagno di viaggio presente fin dall’inizio. Per un adulto, che ha già costruito la sua identità personale, professionale e relazionale, l’impatto della diagnosi probabilmente sarà diverso. Quando riceve la diagnosi di diabete 1, si trova d’improvviso catapultato in un mondo alieno, con un’identità alterata e con la richiesta implicita di cavarsela da solo, “in maniera adulta” e responsabile, senza troppi aiuti dall’esterno.

Certo un adulto possiede più risorse di un bambino, ma riesce sempre a sviluppare strategie adattive? Riesce ad accettare la malattia e imparare a gestirla? E con quali difficoltà?

Uno studio ha voluto indagare le narrazioni di 30 adulti con diabete di tipo 1, inglesi e danesi, attraverso la raccolta di interviste semistrutturate che sono state poi analizzate secondo il paradigma narrativo. Emergono alcuni temi interessanti, per comprendere meglio come può essere l’esperienza vissuta da queste persone e immaginare strategie di supporto da parte del personale sanitario.

I luoghi, i personaggi e la trama

Le narrazioni raccolte sono ambientate prevalentemente in 3 contesti di vita: la vita prima della diagnosi, il sistema sanitario, la vita quotidiana (casa, lavoro e contesti relazionali). Il problema (Aristotele parlerebbe di peripateia) da cui scaturisce la narrazione è l’esordio del diabete di tipo 1 e i protagonisti della narrazione, oltre a chi racconta, sono i familiari, gli amici, i conoscenti, i professionisti sanitari e anche il diabete, descritto come un personaggio metaforico. Uno degli intervistati, per esempio, ne parla come di un bambino da accudire: “è come avere sempre con sé un bambino. Devi sempre prenderti cura di lui, non puoi lasciarlo e andartene via, non devi mai levargli gli occhi di dosso”.

La trama è analoga per la maggior parte dei narratori: la malattia ha un impatto sulla vita e il protagonista si muove attraverso l’acquisizione di nuove conoscenze e delle competenze necessarie per gestire il diabete. I tempi però sono diversi: molte delle persone intervistate sono ancora all’interno di questo percorso, con nuove difficoltà che si presentano di volta in volta ancora da affrontare: l’apprendimento è esperienziale e mai definitivo.

I temi: la rottura biografica e l’impatto psico-sociale

L’inizio dei sintomi prima della diagnosi è descritto come un periodo di incertezza, in cui spesso le persone non chiedono aiuto perché non riconoscono il diabete. Oppure vivono la frustrazione di una diagnosi sbagliata. La diagnosi porta un po’ di sollievo, ma dura poco, fino a quando non si comincia a capire che cosa concretamente quella diagnosi comporta.

A questo punto entrano in gioco i professionisti sanitari: alcuni descrivono in maniera minacciosa il diabete, altri sminuiscono il problema “non è così grave, basta imparare a gestirlo”.

Ma per tutti il diabete rappresenta un’importante rottura biografica, più significativa di qualsiasi altra esperienza di malattia precedente, che ha comportato una ristrutturazione così radicale della propria vita: l’attenzione costante alla gestione della malattia, che fa perdere in flessibilità e spontaneità, i cambiamenti nelle abitudini quotidiane, la necessità di rivalutare i propri progetti di vita futura.

La rottura biografica è comune anche se per i più giovani è descritta con sfumature meno drammatiche. L’impatto emotivo è simile all’elaborazione di una perdita, un lutto, con diverse manifestazioni di accettazione o rigetto. L’accettazione è comunque un processo, spesso ancora in corso.

Anche il tema dell’impatto sociale emerge di frequente nelle narrazioni: il partner che vuole aiutare (generando in alcuni reazioni positive, in altri, conflitto); il lavoro, con la paura di essere meno efficienti o con le difficoltà concrete di trovare spazi e tempi per la gestione della malattia.

Prestare attenzione alle parole, quelle che si ascoltano e quelle che si pronunciano

Un aspetto che emerge dalle narrazioni può essere molto utile per migliorare la qualità della vita: tutti i partecipanti alla ricerca lamentano nei professionisti sanitari un disinteresse per gli aspetti emotivi e sociali del diabete di tipo 1. Sappiamo quanto queste dimensioni possano impattare anche sugli esiti clinici (Schmitt 2014).

L’attenzione a questi aspetti fin dal momento della diagnosi, con un adeguato supporto che prosegue nel tempo, potrebbe evitare quegli elevati livelli di stress che la ricerca (Fischer 2016) conferma essere molto diffusi tra la popolazione adulta con diabete. Fornire uno spazio per le domande esistenziali che emergono dalla rottura che la diagnosi comporta (“Perché a me?”) e per i dubbi che non riguardano soltanto il diabete ma il “vivere con il diabete”.

Attenzione poi alle narrazioni che propongono i professionisti sanitari: sminuire le difficoltà della gestione del diabete può essere frustrante quando poi la persona si troverà ad affrontare la concreta complessità che questo comporta, soprattutto nelle fasi di apprendimento. La persona con diabete di tipo 1 deve potersi concedere anche i momenti di fatica e di ansia, che si possono incontrare lungo il percorso, senza sentirsi in colpa o vivere un senso di fallimento. Anche la scelta di parole con significato “morale” – controllo, livelli buoni o cattivi – possono contribuire a veicolare un messaggio giudicante, che può avere un impatto sull’identità personale, già ferita dalla malattia.

Come scrive Giorgio Bert: “Se l’identità personale è costituita da una narrazione a più voci, è chiaro che essa può venire narrativamente danneggiata ma anche narrativamente curata e talora guarita.”

 A cura di Francesca Memini

 


Bibliografia
  • Due-Christensen M, Willaing I, Ismail K, Forbes A. Learning about Type 1 diabetes and learning to live with it when diagnosed in adulthood: two distinct but inter-related psychological processes of adaptation A qualitative longitudinal study. Diabet Med. 2018 Oct 17
  • Fisher L, Hessler D, Polonsky W, Strycker L, Masharani U, Peters A. Diabetes distress in adults with type 1 diabetes: Prevalence, incidence and change over time. J Diabetes Complications 2016; 30:1123–1128.
  • Schmitt A, Reimer A, Kulzer B, Haak T, Gahr A, Hermanns N. Assessment of diabetes acceptance can help identify patients with ineffective diabetes self-care and poor diabetes control. Diabet Med 2014; 31:1446–1451.
  • Giorgio Bert,Medicina narrativa. Storie e parole nella relazione di cura, Il Pensiero Scientifico, 2009