“Tra tutte le forme di disuguaglianza, l’ingiustizia nella salute è quella più scioccante e disumana”. Con queste parole, durante una convenzione del comitato medico per i diritti umani tenutasi a Chicago nel 1966, Martin Luther King Jr. denunciava un fenomeno che ancora oggi colpisce l’intera società ma che, soprattutto, colpisce i pazienti: la discriminazione e lo stigma sociale della malattia.
Le persone affette da diabete di tipo 2 non sono esenti da questi meccanismi. In questo caso si intrecciano due variabili che dovrebbero sempre essere considerate nella gestione della malattia: lo stigma del diabete e lo stigma del peso corporeo, con i loro possibili effetti sulla salute dei pazienti.
Di cosa parliamo quando parliamo di stigma
Facciamo un passo indietro: la parola stigma deriva dal latino, e originariamente il termine indicava un marchio, un tratto distintivo. Quando si parla di stigma sociale, non ci si allontana molto da questo concetto: in psicologia sociale, infatti, lo stigma è l’attribuzione di qualità negative a una persona o a un gruppo di persone, soprattutto rivolta alla loro condizione sociale e reputazione.
E in particolare, nel contesto della salute, lo stigma è l’associazione negativa tra una persona o un gruppo di persone che hanno una specifica malattia con delle determinate caratteristiche. È una discriminazione fondata sul pregiudizio, che colpisce duramente non solo le persone affette dalla malattia, ma anche i loro caregiver, la loro famiglia, la loro comunità.
È stato ampiamente dimostrato che lo stigma rappresenta un vero e proprio determinante della salute, e da solo è in grado di generare delle conseguenze negative, empiricamente misurabili, sulla salute delle persone. Molte malattie sono oggetto di stigma sociale, tra cui, per esempio, le malattie mentali, alcuni tipi di malattie sessualmente trasmissibili come l’Aids, e, secondo un recente rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, anche il Covid-19.
Tra le patologie in cui lo stigma e la discriminazione giocano un ruolo molto importante per la gestione e il trattamento della stessa, c’è il diabete di tipo 2. Tuttavia, uno dei fattori di rischio maggiori associati a questa malattia è il peso corporeo: pertanto, quando si parla di stigma sociale legato al diabete, bisogna considerare anche quello associato al peso e all’obesità.
Lo stigma e il weight bias, una discriminazione dentro e fuori il mondo sanitario
Pigre, con scarsa forza di volontà, refrattarie a qualsiasi tipo di cambiamento: così la società immagina le persone che hanno un peso corporeo superiore a quello che le linee guida mediche ritengono più indicato per la salute, quindi le persone che vengono definite sovrappeso e obese. Su questo archetipo, nato su pregiudizi erronei e che non tengono conto della miriade di fattori complessi che sono alla base dell’obesità e che ostacolano la perdita di peso, la società ha costruito le narrazioni che permeano tutta la nostra cultura, dalla televisione fino agli ospedali e ai centri che si occupano di obesità, dando luogo al cosiddetto weight bias, o bias del peso. Il bias del peso è definito come l’insieme degli atteggiamenti e di credenze negative attribuiti a un individuo in base esclusivamente al peso corporeo.
Questo fenomeno implica stigmatizzazione delle persone obese o sovrappeso, in quanto vengono attribuiti loro stereotipi come l’essere pigri, non avere forza di volontà o essere meno intelligenti di chi ha un peso corporeo nella norma. Negli Stati Uniti, il 44% degli adulti ha sperimentato lo stigma del peso, con una stigmatizzazione maggiore per pesi corporei più alti. Lo stigma associato all’obesità e al peso è quindi ampiamente diffuso e anche pericoloso, in quanto influenza negativamente l’accesso e la qualità delle cure mediche, con conseguenze importanti sulla salute delle persone.
Spesso, infatti, si è ben consapevoli dei rischi sulla salute associati a un peso corporeo elevato, ma meno di quelli associati allo stigma: numerosi studi hanno invece dimostrato un legame significativo tra lo stigma del peso, fattori di rischio cardiometabolici e risposte fisiologiche allo stress; in più, spesso le persone che hanno subito esperienze stigmatizzanti le interiorizzano, incolpando loro stesse e peggiorando ancora di più il loro stato di salute. Le conseguenze sulla salute indotte dallo stigma compromettono la qualità della vita, possono rafforzare i comportamenti che contribuiscono all’obesità, interferire con il peso e, infine, possono contribuire allo sviluppo del diabete di tipo 2 e influenzarne la gestione.
Lo stigma e l’importanza della comunicazione medico-paziente
Nonostante le correlazioni evidenti tra stigma, peso corporeo e diabete, questi non sono argomenti esplorati nel dettaglio dalla comunità scientifica: è per questo che uno studio dell’Università del Kent, negli Stati Uniti, ha voluto indagare proprio il rapporto tra stigma del peso corporeo, stigma del diabete e discriminazioni in persone con diabete di tipo 2.
Questi pazienti sono stati contattati da una società di ricerche di mercato specializzata nella salute e hanno compilato questionari online per valutare le loro esperienze con lo stigma del peso e del diabete. I risultati sono particolarmente interessanti ed eterogenei: più della metà dei partecipanti ha riportato precedenti esperienze di stigmatizzazione del peso, e una buona parte di essi ha riferito di aver subito lo stigma del peso in contesto sanitario.
I pazienti inoltre hanno riportato frequenti esperienze con lo stigma correlato al diabete, come sentimenti di colpa e giudizio, auto-stigma e trattamento differenziale in contesto sanitario, anche se il livello di interiorizzazione dello stigma legato al diabete è risultato in linea con la popolazione generale.
Significativa è la presenza dello stigma legato al peso in contesti sanitari: la comunità medica dovrebbe promuovere un’assistenza rispettosa per le persone vulnerabili allo stigma a causa del loro peso o dello stato di diabete. Questi sforzi possono includere una comunicazione sensibile e non stigmatizzante. Lo studio, infatti, ha rilevato che le persone intervistate preferivano, da parte dei professionisti sanitari, l’uso di una terminologia neutra legata al peso (per esempio, non rivolgersi ai pazienti come “obesi” o “grassi”, ma semplicemente riferirsi al “peso”).
In conclusione, prendere coscienza di questi fenomeni discriminanti e trovare al tempo stesso modalità che riducano lo stigma del peso è essenziale per assicurare cure più eque al trattamento del diabete di tipo 2.
A cura di Chiara Di Lucente
Fonti:
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