Viaggi, tanta gavetta all’estero, lavoro in cinque paesi… e poi il diabete.
E poi ancora viaggi.
Questo non è il racconto triste di una persona che ha smesso di vivere dopo la diagnosi. Non è nemmeno quello che vuole essere di ispirazione, di chi dice che per stare bene con il diabete “basta volerlo”.
È la storia di Roberto, trentenne già direttore commerciale a Napoli, che ha vissuto una vita avventurosa fino all’epidemia di Covid-19, quando ha avuto l’esordio di diabete 1, e continua a cercare di viverla dopo.
Sette anni di vita all’estero ma senza diabete:
“Sono stato fortunato, se avessi avuto l’esordio quando vivevo in Cina non mi sarei potuto curare […] sono stato un ‘late bloomer’ che non aveva mai sentito parlare di diabete, nemmeno in casa. Non ho davvero capito cosa significasse finché non sono andato a pranzo da mia madre e non c’era il pane. E lì ho pianto.”
Da quel primo pianto nervoso Roberto ha fatto un lungo percorso “…non di accettazione, perché non lo accetti mai, però ho voluto iniziare ad andare dalla psicologa appena possibile. E dopo due anni di terapia sono stabile, non vedo il diabete come un amico, il compagno, la controparte, ecc. È una malattia e la devo curare. Ma intanto vivo anche la mia vita.”
Una vita ancora piena, soprattutto di programmi
“Ultimamente ho viaggiato: sono stato in Grecia, in Albania… sì il diabete porta qualche complicazione, specialmente in estate quando ti servono le borse frigo. Devi portarti le siringhe di cambio, devi stare attento che il sensore ti duri i giorni giusti portandotene uno del cambio sempre con te. Però si fa.”
Roberto spiega che fare tutto, non solo viaggiare, con il diabete, è come andare a fare un’escursione in montagna: ti servono le corde, l’abbigliamento giusto e tanti accorgimenti senza i quali non puoi fare altrimenti. Punto e basta.
Noi aggiungiamo che, se si è fortunati, come nelle migliori escursioni, a volte hai la fortuna di avere una guida, come è stato Roberto per Laura.
“Quando mi ha detto che pensava di avere il diabete pure lei ho detto impossibile, secondo me stai male per altro, vai a fare un controllo. Quando mi ha dato la notizia del suo esordio ho pianto con lei, perché non lo augureresti a nessuno […] Una guida? Non saprei. Sicuramente abbiamo collezionato varie ore di vocali su Whatsapp. Abbiamo parlato delle ipoglicemie, della prima pizza dopo la diagnosi oppure della voglia irrefrenabile di un cornetto nel momento sbagliato. Guida è un termine che non mi piace. Mi fa onore, ma io sono stato semplicemente stato il primogenito, lo sfigato prima di lei, e un amico come si deve.”
Il peso di essere il primo Roberto lo ha accolto con generosità e con una personale forza che, siamo certi, lo sta accompagnando in tutti i suoi progetti più belli, non solo nelle avversità della vita diabetica.
“Prima sceglievo la mia meta, prendevo un biglietto e partivo. Ora c’è da riflettere. Ma intanto vivo la mia vita.”