In cucina con il diabete
Il terzo supplemento dedicato alla corretta nutrizione ha per tema “le virtù”, culinarie e no: piatti appetitosi e sani, eredi di una tradizione popolare che sa valorizzare gli ingredienti più semplici, esaltandone le qualità di gusto e digeribilità. Protagoniste sono le benefiche fibre
La cucina è una delle tradizioni che connotano una regione, un territorio, e ne segnano profondamente la cultura, al pari della storia, del dialetto, del folklore. Il modo di mangiare di una popolazione è una testimonianza che sicuramente va conservata e tramandata. Nell’ambito del “Progetto Chef nutrizionista” uno degli aspetti caratterizzanti è quello di conservare e promuovere la cucina regionale. Il piatto principale che proponiamo in questo numero sono “Le virtù”, specialità culinaria regionale e in particolare del territorio teramano. E’ un piatto che raccoglie tanti aspetti della tradizione e suggerisce considerazioni culinarie importanti, ma ha anche implicazioni sociali e culturali. E’ un piatto che si lega a un periodo dell’anno, ovvero l’inizio della primavera e per la precisione il primo maggio. E’ composto da un insieme di alimenti che le massaie recuperavano dalle madie, quando, finito l’inverno, si impegnavano nella pulitura con recupero di piccole quantità di cibi conservati, legumi, carni stagionate (prosciutto, lardo), pasta secca, che da soli non avrebbero acquistato dignità di piatto. Sapientemente lavorati e amalgamati alle verdure fresche e agli odori delle erbette della primavera, producono un connubio oltremodo gradevole; un piatto che, elaborato con calma, pazienza, fantasia, genera “Le virtù”. Il nome richiama non soltanto qualità delle donne capaci di non sprecare nulla e di valorizzare ingredienti semplici, ma anche le componenti del piatto, frutto virtuoso del lavoro nei campi. Il piatto era preparato in grandi quantità e offerto agli amici e ai poveri in segno di amore e speranza che la primavera portasse abbondanza. La leggenda ricorda che il piatto deve contenere sette tipi di verdure, sette tipi di legumi, sette tipi di pasta, cibi lavorati da sette vergini. Ma la tradizione più recente ammette ampia discrezionalità rispetto al dogma e soprattutto permette il recupero di tutto quello che la natura offre all’opera virtuosa delle donne abituate alla parsimonia e all’economia. Pertanto, la classificazione del piatto è difficile: potrebbe essere catalogato come piatto unico, come pietanza, come minestrone (anche se ai cultori questa ultima definizione non piace).
La proposta degli chef nutrizionisti è una ulteriore variazione sul tema che presenta un bilancio calorico accettabile e quindi qualche mestolo di replica. Ma sottolineiamo la grande quantità di fibre, la buona presenza di proteine animali e vegetali, l’accettabile dose di carboidrati. Il punto debole rimane il tempo per la preparazione, di cui le donne del terzo millennio non possono disporre come le nostre nonne.
Il secondo piatto si inserisce bene nell’ambito della “cucina povera” che è la traccia di questo numero: per rimanere in tema, proponiamo infatti “l’agnello al forno con cipollotti al profumo di maggiorana”. Il quantitativo calorico è contenuto, la preparazione non particolarmente lunga e difficile. Accettabile la quantità di proteine. La terza proposta è un secondo mascherato da pietanza; “Millefoglie di ortaggi” con un ampio quantitativo di fibre e discreto apporto di proteine.
In sintesi, protagoniste di queste tre proposte sono le fibre, ampiamente rappresentate in ogni piatto ed elemento imprescindibile della dieta del paziente diabetico (ma non soltanto della sua). Le fibre sono utili al diabetico perché rendono più graduale l’assorbimento dei carboidrati, evitando picchi troppo elevati di glicemia dopo i pasti, sono efficaci nel ridurre il colesterolo, hanno un effetto saziante e quindi diminuiscono il senso della fame, forniscono vitamine e minerali. Le fibre più "vantaggiose" per il diabetico sono quelle solubili, contenute soprattutto nei legumi e nella frutta; sono meno presenti negli ortaggi (prevalentemente insolubili), anche se carciofi, melanzane e broccoli ne contengono abbastanza. La quantità da raggiungere è di circa 30-40 grammi al giorno e questo obiettivo non è facile da raggiungere in una società costretta a correre e dove spesso si finisce per saltare il pasto a pranzo, rimpiazzandolo con uno snack. Le fibre devono essere consumate quotidianamente, in cinque porzioni al giorno. E gli chef Remo Fioriti, Sergio Di Giulio, con il ben equilibrato indirizzo della dietista Assunta Carnevale, continuano così il loro “percorso virtuoso” per suggerire una proposta nutrizionale corretta.
dr. Mario Pupillo
Responsabile U.O. di Diabetologia e
Malattie metaboliche del P.O. Lanciano
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