C’è una lingua non parlata che mi appassiona molto.
È la lingua delle immagini. La sintassi di linee unite. La grammatica dei colori.
La sintesi in pochi tratti. L’immediatezza del messaggio.
Per Marcella, questa espressione artistica fa parte di lei.
«Ho bisogno di vedere concretamente. Non mi bastano le parole».
Marcella è illustratrice. Illustratrice della famiglia, degli affetti, mi dice.
«Le mie illustrazioni non sono tecniche, non c’è un uso corretto della prospettiva, tutt’altro. Ma quello che si può leggere è un’emozione. Illustro una storia. Prima la ascolto e poi la illustro».
Va bene, è perfetto, mi viene da pensare.
Famiglia e affetti hanno così poco a che vedere con la tecnica, sono una materia intricata che muta, che si scompone e si ricompone, con picchi iperbolici, cadute, accidenti, rincorse e lanci nel vuoto. Potremmo mai preoccuparci della prospettiva, di fronte a questo groviglio di vita?
Occupiamoci invece dei particolari. Delle cose uniche. Piccole, insignificanti, che sono invece il tutto.
Una cosa piccola: il padre di Marcella che fischietta in macchina mentre la stanno portando in ospedale con 450 di glicemia.
«Ho capito che stava succedendo qualcosa di grave, perché mio padre fischietta quando è molto nervoso».
Da lì a poco, ci sarebbe stata la diagnosi di diabete di tipo 1. Marcella all’epoca aveva 15 anni. Aveva passato un’estate molto difficile, stando male, ma senza capire cosa fosse, imbottita di antibiotici contro un’infezione urinaria. Il medico pensava si trattasse di cistite. Era arrivata a pesare 39 kg.
Suo padre fischiettava. Fischiettare per molti è un atto di gioia, di spensieratezza, di gaudio nei confronti della vita. Lui, invece, manifestava la sua pena. La sua atroce ansia, per questa figlia selvatica – così si definisce lei – così diversa dalla maggiore, responsabile, attenta. Questa figlia da tenere d’occhio. Una che prende e va, una che non si lascia domare.
Questa figlia circondata da tre infermieri, da tubicini, che ancora non si rende conto di quello che veramente sta accadendo.
«Anzi, ero quasi eccitata dal fatto di essere in ospedale. Mi sembrava un’avventura. Ricordo però che la notte era stata terribile. Costantemente monitorata. E il giorno dopo abbiamo avuto un colloquio col diabetologo. ‘È diabete di tipo 1’, ha detto. ‘Dovrai farti le punture’. Poi mi ha dato un foglio. ‘Questi sono gli alimenti che d’ora in avanti non potrai più mangiare’. Io ero golosissima e quello è stato un colpo duro. Ho sempre fatto tutto da sola. Dalla prima puntura in avanti. Mi arrangiavo. I miei genitori non sono mai stati invasivi nei miei confronti e io ho fatto finta di niente. Inoltre non sapevo le conseguenze di un diabete non curato. Spesso mi pavoneggiavo addirittura, perché dovevo fare la puntura e questo mi faceva sentire diversa, speciale».
E poi cos’è successo?, le chiedo. Quale illustrazione segue a questa?
Quale immagine?
«L’immagine di me a 26 anni che vado a vivere da sola e che mi scontro con la realtà. Lì è iniziata la vera crisi: ipocondria, paura di ogni cosa, panico. Avevo vissuto un trauma che non avevo affrontato. Una malattia irreversibile, di punto in bianco, e per di più cronica. È tornato tutto a galla con violenza. L’impossibilità di concentrarsi sulla quotidianità, ma di avere sempre uno sguardo sul futuro, su quello che mi potrebbe accadere. Neuropatie, retinopatie sono il mio punto debole. E sebbene io abbia un diabete ben compensato, non sono mai soddisfatta. Mi aiuta la psicoterapia. Un percorso importantissimo. E poi mi aiuta illustrare. È un modo per metabolizzare quello che mi succede, quello che sento».
E quello che sente non è in prospettiva. È materia intricata che muta.
Le sue illustrazioni le potete trovare su Instagram: hem.graphic.illustration.
Hem è la composizione di due nomi. He, sta per Elio (così come lo si incontra nella tavola periodica) M è Marcella, ma anche Mandrina come lei stessa si definisce, forse per quei capelli rossi, bellissimi, tutto fuoco.
Ha inserito il nome di suo marito, perché è lui ad averla spronata, a dirle, guarda che le cose che illustri sono belle per davvero. E in molti le amerebbero.
E lei c’ha creduto. Perché si crede a chi si ama. E ha fatto bene. E Elio aveva proprio ragione.
«Elio ha il rispetto di lasciare a me la gestione del diabete. Non mi fanno bene gli allarmismi, credo sia importante dare al diabete il giusto peso. Fa parte di me, ma non sono io. E, ad esempio, non ci ha mai limitati nei nostri viaggi».
Si sono sposati, He e M, due anni fa, nel loro giardino, luglio 2020. Sul lago Maggiore in un paesino minuscolo, dove vivono. C’erano venti persone, gli amici più intimi, e la famiglia. Un quadretto, che è facile immaginare e chissà come sarebbe bello, restituito e interpretato dalle abili mani di Marcella.
A cura di Patrizia Dall’Argine