Molte persone con diabete partecipano a gruppi di educazione e supporto tra pari, un approccio che si fonda sulla ricchezza della condivisione e della collaborazione. I partecipanti, guidati da operatori sanitari esperti, non ricevono passivamente informazioni tecniche e teoriche su come gestire il diabete, ma possono imparare dall’esperienza concreta degli altri partecipanti; possono condividere le difficoltà, le emozioni e i vissuti, e cercare insieme soluzioni per i problemi quotidiani; possono mettere a confronto punti di vista differenti, in un clima non giudicante e accogliente. Il punto di vista del paziente è al centro, non prevale la visione medica della malattia e il supporto reciproco facilita il cambiamento e l’empowerment.
Esistono diversi tipi di gruppi, ma generalmente tutti portano buoni i risultati in termini di controllo glicemico, qualità della vita e acquisizione di conoscenze.
Il dipartimento di diabetologia dell’Hospital da Luz di Lisbona, ha messo a punto un progetto di educazione che integra la medicina narrativa nei gruppi di cura. La medicina narrativa, secondo Rita Charon della Columbia University, è una medicina “fortificata dalle competenze narrative”, che permettono di riconoscere, assorbire, metabolizzare, interpretare ed essere sensibilizzati dalle storie di malattia.
Le competenze narrative, secondo il gruppo di ricercatori di Lisbona, non sono utili soltanto a medici e operatori sanitari ma anche ai pazienti, che possono, attraverso attività di lettura attenta e di scrittura riflessiva, trovare le parole per articolare la propria complessa esperienza e condividerla con gli altri, pazienti e operatori sanitari, riprendendo il controllo attivo su un vissuto che a volte si presenta come “magmatico” o difficile da accettare e ricostruendo quel senso di connessione con gli altri che la malattia tende a distruggere.
L’impatto positivo dello storytelling sulla salute è ben documentato, anche nell’ambito del diabete: “c’è un vantaggio significativo nel condividere la propria storia con fiducia ad amici e colleghi. In effetti, è il potere di raccontare (e sentirsi raccontare) la propria storia che rende la relazione tra pazienti così forte. Raccontare la nostra storia agli altri fa emergere le componenti emotive che non emergono quando ci limitiamo a pensare a quella stessa storia. Inoltre, quando raccontiamo la nostra storia ad altri, possiamo permetterci di fare domande che possono condurci più a fondo nella nostra esperienza e stimolare nuove intuizioni” [Anderson e Funnell 2005].
Gli interventi che prevedono la condivisione di storie nell’ambito del diabete spaziano dai laboratori di digital storytelling, all’autobiografia, all’utilizzo di foto ad altre modalità di espressione artistica. Caratteristica di questo progetto è l’utilizzo della scrittura creativa e del close reading a partire da testi letterari. Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta.
Struttura dei laboratori di medicina narrativa
Il progetto è articolato in una serie di incontri su temi specifici, comunicati in anticipo ai partecipanti: “Chi sono nel diabete”, “L’alimentazione”, “Il corpo in cui vivo”, “Paure”, “L’attenzione può cambiare le cose?” e “Radici”.
I gruppi sono formati da 16 partecipanti con diabete di tipo 2 diagnosticato da più di 6 mesi, facilitati da un medico insieme a un professore di letteratura, con il compito di mantenere un clima non giudicante, favorire la partecipazione di tutti, la condivisione delle storie e l’interpretazione dei testi.
Durante ogni incontro vengono presentati 3 testi: un breve racconto, un passo da un brano letterario, una poesia. I testi, scelti dai conduttori dei gruppi in base agli argomenti, non riguardano necessariamente il diabete, e spaziano da autori quali Anton Cechov, Rainer Marie Rilke, Wislawa Szymborska o Eudora Welty.
Sono stati utilizzati anche i racconti di esperienze personali di persone con diabete, raccolti precedentemente per una pubblicazione, dal titolo “Nem de um tipo nem de outro – contos com diabéticos”, curata da Francisco Sobral do Rosário, il diabetologo che ha sviluppato il progetto insieme a Diana V. Almeida del Narrative & Medicine Research Group dell’Università di Lisbona e a João Filipe Raposo, del dipartimento di diabetologia di Lisbona.
Il laboratorio inizia con la lettura ad alta voce di un racconto, seguito da una lettura attenta (close reading) individuale. A partire da questa lettura viene proposto uno stimolo di scrittura (5 minuti) e i testi scritti da ciascuno vengono poi condivisi in gruppi più piccoli di 2-3 persone (15 minuti). Segue poi una discussione aperta a tutto il gruppo (15 minuti). Al termine di ogni incontro viene consegnato un racconto breve, con alcune domande e sputi di scrittura da svolgere a casa, che saranno oggetto di lettura e discussione nell’incontro successivo.
Il close reading è una pratica che attinge dalla critica letteraria e dalle medical humanities e che ha lo scopo di lasciarsi coinvolgere dalle storie, comprendendo come “il significato di un testo è veicolato nella relazione dinamica tra ciò di cui si racconta e come è costruita la narrazione” [Charon, 2006]. La storia non viene analizzata per il suo contenuto, ma anche attraverso la forma, lo stile, le parole scelte e la struttura. Uno degli scopi del close reading è di cogliere come la storia interagisce con il lettore, suscitando emozioni, ricordi e altre narrazioni.
La scrittura creativa serve quindi a riflettere e a dare forma a queste ulteriori narrazioni, nate dalla lettura. Scrivendo, i partecipanti danno forma alle proprie emozioni, ai vissuti intimi riguardo alla malattia e hanno la possibilità di scoprire aspetti delle proprie esperienze su cui non avevano mai posto l’attenzione.
La condivisione con il gruppo, infine, permette un confronto tra punti di vista differenti, l’identificazione di problematiche comuni e la condivisione di informazioni ed esperienze utili a tutti. E anche questo momento è generativo di potenziali ulteriori racconti.
Scrivono gli autori del progetto: “una dinamica di gruppo che utilizza il close reading e la scrittura creativa può innescare diverse intuizioni, promuovere la discussione tra i partecipanti, generare narrazioni autobiografiche e motivare cambiamenti nel nello stile di vita. Per quanto riguarda la malattia cronica, indipendentemente dallo stadio, il cambiamento è un passo fondamentale verso l’accettazione della malattia e la conseguente attivazione e impegno individuale nella gestione della propria salute. La narrazione è una forma universale di comunicazione che crea coinvolgimento, abbraccia la complessità e aiuta a costruire significati. La scrittura e le narrazioni espressive consentono ai pazienti di identificare i loro bisogni specifici, nonché le lacune nelle conoscenze e nelle abilità. Di conseguenza, il livello di controllo percepito sulla malattia dovrebbe aumentare. Inoltre, può ridurre lo stigma associato alla malattia e facilitare il sostegno tra pari. Le narrazioni incorporano informazioni, comunicazione e persuasione per incoraggiare il cambiamento di comportamento”.
Lo studio randomizzato
Il progetto è stato oggetto di uno studio randomizzato, in cui il format del gruppo che applicava la medicina narrativa è stato messo a confronto con un gruppo analogo che seguiva un format di educazione terapeutica di gruppo più tradizionale. I risultati ottenuti sono promettenti, anche se il campione valutato purtroppo è troppo piccolo per raggiungere la significatività statistica. L’interesse dello studio risiede soprattutto nel protocollo che prevede la misurazione dell’impatto del gruppo, non solo sulla soddisfazione dei partecipanti, ma anche sugli outcome clinici (i valori di emoglobina glicata) e sulle variabili psico-sociali (qualità della vita, percezione della salute, locus of control ed empatia), valutate con questionari quantitativi specifici.
Con questo protocollo lo studio potrebbe essere ripetuto coinvolgendo un campione più ampio, come auspicano gli autori.
A cura di Francesca Memini
Bibliografia
- Sobral do Rosário F, Almeida DV, Oliveira J, Lima ML, Raposo JF. A Randomized Trial of the Close Reading and Creative Writing Program: An Alternative Educational Method for Group Care Intervention in Type 2 Diabetes Management. Can J Diabetes. 2019 Jul 31. pii: S1499-2671(19)30178-9. doi: 10.1016/j.jcjd.2019.07.149
- Rosario FS. Nem de um tipo nem de outro – contos com diabéticos. Loures, Portugal: Edicões Lusociência, 2009.
- Anderson B, Funnell M. The Art of Empowerment: Stories and Strategies for Diabetes Educators. 2nd ed. Alexandria: American Diabetes Association, 2005.
- Charon R. Narrative and medicine. N Engl J Med 2004;
- Charon, R. (2006). Narrative medicine: Honoring the stories of illness. New York: Oxford University Press.
- Charon, R, et al. (2017) The principles and practice of narrative medicine New York, NY: Oxford University Press.