Perché una dieta non deve essere prescrittiva. Il racconto della Dottoressa Alessandra Bosetti, dietista clinico

«Il  compianto professor  Dario Comi, il mio primo direttore  di Dietologia e nutrzione clinica all’Ospedale Luigi Sacco di Milano, mi diceva: ‘Tu hai il sacro fuoco della nutrizione‘».
Basta ascoltarla il tempo di una telefonata per capire che sì, è indiscutibilmente così.
E non si tratta soltanto del contenuto delle sue parole. Si tratta del modo con cui argomenta, dell’entusiasmo col quale condividere ciò che conosce, della responsabilità che sa di avere e che si prende, e di una spiccata vocazione verso il miglioramento personale e collettivo.
La Dottoressa Alessandra Bosetti – un’esperienza ventennale nella nutrizione clinica applicata, all’Ospedale Pediatrico Vittore Buzzi di Milano – non è quel tipo di persona che ha lasciato correre, che ha preferito non scardinare sistemi consolidati e considerati, dai più, intoccabili. Per farla breve, non se n’è lavata le mani.

La Dottoressa Alessandra Bosetti è dietista clinico. Le chiedo nello specifico in cosa consista la sua professione.
«Il dietista clinico è un tecnico della nutrizione, laureato in dietistica, che coadiuva lo specialista clinico a seguito della diagnosi. Il dietista clinico è l’unica figura professionale abilitata in ambito ospedaliero a dare consulti, a elaborare piani dietetici, ovvero tutta quella parte applicativa della dietoterapia sulla diagnosi. C’è una grande confusione anche in termini legislativi a riguardo. La dieta è un atto terapeutico e il dietista clinico, tra le varie figure professionali, è l’unico che si forma all’interno della facoltà di medicina. Non è un biologo. Conosce le patologie. Da quattro anni abbiamo l’ordine dei dietisti».

Ci soffermiamo molto sul tema del cibo. Nella percezione di tutti noi, da sempre, c’è una profonda connessione tra cibo e identità. Dare da mangiare è un’azione di cura. La prima forma d’amore a cui abbiamo accesso. Ed è proprio partendo da questo concetto che la Dottoressa Bosetti ha definito, con molta chiarezza, la sua concezione di dieta terapeutica, applicata, nello specifico, al diabete: «Io sono una donna golosa, un’epicurea, nella mia famiglia al 50% scorre sangue piacentino. Amo il cibo e i sapori. Ho visto troppe generazioni di bambini e ragazzi rovinati da diete prive di senso, restrittive nelle quali si mangiava una mela verde e venivano banditi i dolci. Queste sono vere e proprie follie punitive. Abbiamo imparato, grazie agli Stati Uniti, la conta dei carboidrati. Sappiamo che ogni bambino è una storia a sé e ogni bambino deve avere una dieta personalizzata, che dovrà essere prescrittiva soltanto nel momento dell’esordio. Non dobbiamo dare precetti. Questo è il modo di declinare il mio lavoro tra scienza e anima. Noi dietologi e diabetologi abbiamo gli strumenti per rendere a un paziente diabetico la vita un po’ più leggera e di conseguenza abbiamo il dovere di farlo. Questo significa che dobbiamo informarci, aggiornarci e migliorarci. Dobbiamo attenerci alle linee guida internazionali. Dobbiamo partecipare ai seminari internazionali. Io sono stata cinque volte a Boston per seguire corsi. Oggi ci troviamo di fronte a un esempio di controcultura, un vero e proprio paradosso. In un Paese dove tutti parlano di cibo, dove tutto sembra ruotare intorno al cibo, a livello sanitario, in molte strutture, ci si rifà ancora a un concetto di dietoterapia di trent’anni fa».

La Dottoressa Alessandra Bosetti è presidente di AADG (Associazione Giovani Diabetici) per la regione Lombardia.
«Anche quest’anno, nonostante la pandemia, AAGD Lombardia ha organizzato una settimana di summer camp per i ragazzi con diabete in un centro velico di Lerici, per regalare loro un’esperienza lieve, in cui lo sport in mare aiuta al raggiungimento di una autonomia fondamentale per guardare al futuro. Sono momenti fondamentali, che coinvolgono bambini dai sette anni fino a ragazzi di diciotto. Vivono una settimana senza genitori. Hanno accesso al telefono soltanto per un’ora al giorno. Cerchiamo di mitigare le ansie, che condivido e capisco, delle famiglie, e di concedere un po’ di respiro. Il tempo è occupato per lo più da esperienze all’aperto. Fanno vela, trekking, sport acquatici. Sono bambini eccezionali, che devono convivere con tantissimi doveri da subito. E mi commuovo ancora, quando durante i campi li vedo, ad esempio, che affrontano il mare senza farsi problemi».

Le chiedo come sia avvenuto l’incontro con Ilaria Bertinelli (qui la sua intervista).
«L’incontro con Ilaria è avvenuto tramite un’associazione e ho capito immediatamente che grazie al suo aiuto avrei potuto valicare le barriere teoriche proprio attraverso i corsi di cucina che tiene. L’intento era quello di tradurre tutti quelli che sono precetti e renderli gustosi, appetibili, allontanando gli spettri del passato legati alla dietoterapia. E poi ci divertiamo come matte, siamo come gemelle separate dalla nascita».
Mi è facile immaginarlo, perché ho avuto il grande piacere – anzi, per essere più precisi, la grande fortuna – di intervistare Ilaria due volte e, anche nel suo caso, siamo di fronte a un sacro fuoco. I suoi corsi di cucina, ai quali partecipa anche la dottoressa Bosetti, li potete trovare qui: unochefpergaia.it.

Le chiedo di concludere la nostra intervista con un consiglio per i genitori di bambini e ragazzi col diabete:
«Alle famiglie voglio dire di non accontentarsi. Se una dieta è troppo restrittiva, se l’approccio è troppo punitivo, se l’équipe medica non vi propone le nuove tecnologie, fatevi delle domande. E cercate un altro parere».

A cura di Patrizia Dall’Argine