Ricordate il questionario sull’utilizzo di Facebook da parte delle persone con diabete, a cui vi abbiamo invitato a partecipare alcuni mesi fa? Sono stati pubblicati sulla rivista “Sistemi Intelligenti” i risultati del team di ricerca multidisciplinare guidato da Maria Grazia Rossi, ricercatrice postdoc all’Universidade Nova de Lisbona, e Julia Menichetti, postdoc all’Institute of Clinical Medicine dell’Università di Oslo.
Oltre al questionario, la ricerca ha riguardato anche l’analisi di un campione di post pubblicati su un gruppo di persone con diabete.
Spiegano le ricercatrici: “Abbiamo organizzato lo studio in due fasi: nella prima fase abbiamo somministrato un questionario per comprendere i bisogni informativi che spingono i pazienti con diabete a cercare/condividere informazioni sul web e a discutere questioni legate al diabete all’interno di gruppi su Facebook, comunità on-line frequentate da persone con diabete e dai loro familiari. Inoltre, abbiamo utilizzato il questionario per misurare il livello di coinvolgimento attivo e di alfabetizzazione sanitaria dei pazienti con diabete che usano Facebook. Nella seconda fase abbiamo analizzato i temi e le interazioni generate dai post pubblicati su Facebook all’interno di un gruppo chiuso specifico: ‘Tutti i Diabetici Uniti in Rete’ (TIDUIR)”.
Coinvolgimento attivo o Patient Engagement significa intraprendere efficacemente un percorso emotivo, informativo e di buone pratiche comportamentali che gradualmente, passo dopo passo, porta la persona ad acquisire non solo un ruolo attivo nel percorso di cura, ma anche a mettere in campo azioni propositive per migliorare l’esperienza di cura (sua e/o di altre persone) [Graffigna, Barello, Bonanomi e Lozza, 2015].
Con la precauzione che si tratta di uno studio esplorativo e descrittivo, fondato su ipotesi elaborate dalla letteratura scientifica esistente, ma che si ritiene preliminare ad approfondimenti maggiori e ad ulteriori ricerche, andiamo a vedere che cosa è emerso.
I risultati del questionario
Hanno partecipato al questionario 119 persone con diabete e utenti di Facebook, perlopiù donne (67%), con un buon livello di istruzione (54% con diploma superiore), con un lavoro full-time (33%), e coniugate o conviventi (57%). Il 71% dei partecipanti ha riferito di avere una diagnosi di diabete di tipo 1 e il 69% di seguire una terapia insulinica.
Dove si collocano queste persone nel percorso di engagement? Il coinvolgimento attivo è inteso come un percorso che può attraversare diverse fasi, che corrispondono a diversi bisogni informativi ed emotivi:
- Blackout: prevalgono il disorientamento e lo sconforto emotivo (generalmente subito dopo la diagnosi o in momenti di cambiamento);
- Allerta: allo sconforto subentra la preoccupazione, si iniziano a raccogliere informazioni e a introdurre nuovi comportamenti e terapie;
- Adesione: la malattia comincia a venire accettata come parte della vita, il bagaglio di informazioni è ricco, e l’adesione alla terapia migliore e stabile;
- Engagement: la persona si sente risorsa attiva e parte integrante del team di cura, portatrice di esperienze di malattia capaci di integrare e arricchire la conoscenza medica e di supportare altre persone.
Cosa dicono i risultati, quindi? “Il 26% dei partecipanti ha importanti bisogni di carattere psicosociale rispetto al diabete e bassi livelli di engagement: il 4.2% riferisce di sentirsi in una fase di blackout e il 21.8% in una fase di allerta. I partecipanti che percepiscono di sentirsi meno bisognosi e più attivamente coinvolti rispetto al diabete e al percorso di cura sono numerosi (56.3%): il 45.4% riferisce di sentirsi in una fase di adesione e si attribuisce buone capacità di gestione delle cure, il 10.9% risulta in una fase di engagement e si riconosce ottime risorse emotive, cognitive, comportamentali per la gestione del diabete”.
Come valutano l’utilità dei gruppi su Facebook? “Vi è una valutazione sostanzialmente positiva delle informazioni a disposizione on-line ed emerge una valutazione positiva di Facebook, soprattutto da chi dichiara di partecipare alla discussione nei gruppi sul diabete […]; i gruppi Facebook sul diabete permettono, nello specifico, di rimanere informati e aggiornati rispetto alla gestione e cura del diabete, e solo in seconda istanza di facilitare un senso di condivisione, comunità e comunanza con altre persone che condividono un percorso di malattia analogo”.
Che cosa succede nei post dei gruppi sui Facebook
Sono stati analizzati tutti i post pubblicati nel gruppo TIDUIR, nel mese di gennaio, previa autorizzazione degli amministratori e partecipanti al gruppo.
Di questi il 50% aveva lo scopo di chiedere o condividere informazioni sul funzionamento del diabete e su come gestirlo. Il 43% dei post era orientato alla costruzione dei rapporti della comunità. Anche in questa fase della ricerca, si conferma la prevalenza dei bisogni informativi, rispetto a quelli emotivi e di supporto sociale.
Analizzando i temi trattati, i post finalizzati alla costruzione dei rapporti, sono prevalentemente messaggi di saluto da parte dei nuovi membri del gruppo (92%) che spesso includono anche una presentazione clinica. È interessante notare come dai commenti a questi post possono emergere sia commenti di supporto emotivo sia discussioni di carattere informativo.
I temi dei post “informativi” riguardano la gestione clinica del diabete e delle sue complicanze (41%). Ci si potrebbe preoccupare, perché la fonte più attendibile per questo tipo di informazioni è certamente il curante. Prendiamo l’esempio di un post in cui una persona con una diagnosi recente chiede dei chiarimenti sulla misurazione della glicemia: “uno studio recente su un corpus di visite diabetologiche italiane ha individuato parecchi casi di incomprensioni in contesti comunicativi nei quali l’appropriatezza della misurazione delle glicemie era il punto di discussione problematico principale [Macagno e Rossi, 2019]. Alla luce di questi risultati, il supporto degli utenti di TIDUIR facilita il percorso dieducazione terapeutica che l’utente inizierà ad intraprendere ufficialmente all’interno della consultazione clinica con lo specialista”.
Il fatto che l’utilizzo di internet e dei social media generi pazienti più “ostili” nei confronti degli operatori sanitari durante le consultazioni cliniche è un falso mito non confermato dalla letteratura scientifica: “Complessivamente, l’uso dei social media sembra avere effetti positivi all’interno della consultazione clinica favorendo una comunicazione più equa tra medico e paziente: una migliore comprensione della propria condizione di malattia avrebbe il merito di rendere maggiormente condivisa la scelta tra medico e paziente rispetto alle opzioni terapeutiche a disposizione. Un uso appropriato dei social media potrebbe dunque favorire il coinvolgimento attivo del paziente nel percorso di cura (§ 2) e contribuire a favorire un modello di assistenza sanitaria centrato sul paziente (patient-centred healthcare) [Markham et al., 2017; Rozenblum e Bates, 2013], migliorando gli esiti clinici e le condizioni di salute dei pazienti [Parchman, Zeber e Palmer, 2010]”.
L’interazione tra pazienti nei gruppi su Facebook può essere definita come un tipo di supporto tra pari (peer support), modalità che ha un impatto dimostrato sul miglioramento della capacità di gestione autonoma del diabete e che diventa complementare rispetto all’educazione da parte del personale curante.
Il ruolo dei pazienti “esperti” nel gruppo di pari
Le analisi del questionario che hanno mostrato che all’aumentare dei livelli di engagement dei pazienti, diminuisce la frequenza con cui internet viene utilizzato per cercare informazioni sul diabete: i pazienti coinvolti attivamente non chiedono, ma restituiscono agli altri.
Le interazioni nel gruppo Facebook mostrano che i pazienti più esperti “hanno la possibilità di divenire ambasciatori di buone pratiche di gestione del diabete entro la comunità. Possono dunque avere l’opportunità di sperimentare, consolidare e rafforzare il loro ruolo nel percorso di cura; un ruolo che va al servizio della comunità più ampia di pazienti, alimentando dinamiche positive di coinvolgimento attivo”.
Sono questi pazienti più attivamente coinvolti che si premurano di garantire la buona qualità delle informazioni (segnalano notizie false, per esempio).
Emerge una finalità del gruppo su un piano più esistenziale che non semplicemente di condividere un’esperienza comune: il gruppo serve per imparare come vivere bene con il diabete.
“In tal senso, la comunità on-line diviene il luogo in cui far emergere e condividere un piano più esistenziale che la diagnosi e gestione del diabete va a toccare, offrendo occasioni più allargate di engagement verso il percorso di malattia, come percorso di graduale inclusione della malattia nei propri piani di vita e di revisione funzionale dei propri obiettivi in funzione della malattia. In tal senso, lo scambio offerto dalla comunità on-line sembra fornire potenzialità di sostegno allineate con una visione sistemica e allargata di engagement”.
A cura di Francesca Memini
Bibliografia
- Maria Grazia Rossi, Julia Menichetti, Salute e partecipazione: Facebook come strumento educativo per il coinvolgimento attivo della persona con diabete, Sistemi Intelligenti, N° 3 Dicembre 2019, pp. 571-600, DOI: 10.1422/95090 https://www.rivisteweb.it/doi/10.1422/95090
- Graffigna, G., Barello, S., Libreri, C., Bosio, C.A. (2014). How to engage type-2 diabetic patients in their own health management: implications for clinical practice. BMC public health, 14, 1, p. 648, https://doi.org/10.1186/1471- 2458-14-648
- Graffigna, G., Barello, S., Bonanomi, A., Lozza, E. (2015). Measuring patientengagement: development and psychometric properties of the Patient Health Engagement (PHE) Scale. Frontiers in Psychology, 6, 274, https://doi.org/10.3389/fpsyg.2015.00274
- Rossi, M.G., Macagno, F. 2019 Coding problematic understanding within patient-provider interactions. Health Communication. Advance online publication, https://doi.org/10.1080/10410236.2019.1652384
- Smailhodzic, E., Hooijsma, W., Boonstra, A., Langley, D.J. (2016). Social media use in healthcare: A systematic review of effects on patients and on their relationship with healthcare professionals. BMC Health Services Research,16, 442, https://doi.org/10.1186/s12913-016-1691-0