Diabete giovanile: spunti e riflessioni di Giovanni Lamenza, presidente di AGD Italia

“Ci sono due date che ogni genitore di ogni bambino con diabete non potrà mai dimenticare: l’esordio della malattia e il giorno in cui si troverà la cura per il diabete mellito di tipo 1”.

Queste sono le parole di Giovanni Lamenza, presidente di AGD Italia (Coordinamento tra le associazioni italiane giovani con diabete).
Mi tocca deglutire di fronte a una dichiarazione così. Mi tocca barcamenarmi tra la potentissima immagine che mi mette di fronte. Da una parte, una data che mai vorresti fosse arrivata nella tua vita; dall’altra, una che ora attendi con tutte le tue forze.

Io non sono genitore, ma di genitori che l’esordio del proprio figlio l’hanno vissuto, ne ho intervistati tanti. Si ricordano ogni cosa di quel momento. Se stavano parlando al telefono con qualcuno, si ricordano chi era. I vestiti che avevano indosso si ricordano. Cosa avevano mangiato per pranzo, se pioveva oppure no quella mattina. Se stavano facendo la lavatrice, in quella data zero.
La vita prima del diabete e la vita dopo.
Una cesura così netta, così violenta, da far sciogliere ogni certezza come una manciata di sale in un bicchiere d’acqua.

Giovanni Lamenza racconta tutte le fasi di questa nuova vita, che volenti o nolenti ci si deve accollare, con l’intensità – e allo stesso tempo la delicatezza – di chi ci è passato attraverso e ne porta addosso tutti i segni. Perché è uno di quei genitori che quelle due date le ha stampate in corpo e lì rimarranno.
E poi come la spieghi la cronicità a un bambino? “Sempre” è una parola che vorresti riservare a tuo figlio, solo per quantificargli la durata del tuo amore per lui.
Ma il bambino deve farci i conti con questo fardello che gli è piombato addosso e che non passerà con un ciclo di antibiotici. Deve trovare un equilibrio.
“All’inizio i bambini rischiano di scomparire dietro i numeri della glicemia, della conta dei carboidrati, dell’insulina. Ma sono lì, sono ancora loro e c’è una salute psico-fisica da proteggere”.

È un attimo rischiare di identificare il proprio figlio col suo diabete, soprattutto quando ancora del diabete non si sa nulla e tutti gli sforzi sono indirizzati a comprenderlo, a circoscriverlo, a fare in modo che provochi meno danni possibili.
“Spesso si incappa in errori involontari. Se il valore delle glicemia va bene si rischia di gratificare il bambino con un “Bravo”, come se fosse un suo merito. Implicitamente, in questo modo, lui avvertirà come demerito un valore sballato”, afferma Giovanni Lamenza. E continua, parlandomi di demedicalizzazione.
“Se noi tendiamo alla normalità per nostro figlio, all’abbattimento di ogni discriminazione, dobbiamo pensare ovviamente a un percorso di demedicalizzazione. Il bambino deve diventare autonomo nella gestione della malattia. Se il bambino sa che a scuola c’è un’infermiera pronta per qualsiasi evenienza, si affiderà a lei. È importantissimo il ruolo dell’insegnante, per riconoscere, ad esempio, un’ipoglicemia. Ovviamente l’insegnate deve essere a sua volta formato e il genitore non può pretendere che l’insegnate sappia già fare quello che lui stesso sta imparando. Tutti gli insegnanti vanno formati, non soltanto quelli che in classe hanno bambini diabetici, perché un insegnante formato è prima di tutto un essere umano e un cittadino formato che riconosce specifici sintomi… Sintomi che ancora oggi molti pediatri non sempre riconoscono in maniera precoce”

E alla fine, da qualunque parte vogliamo guardare le cose, sapere, conoscere, salva le persone. Da un punto di vista molto pragmatico, ma altrettanto metaforico.
Parlando con Giovanni Lamenza, io riconosco quel modo di percepire la vita che si basa su un principio molto chiaro: nessun uomo è un’isola. E in tanti contribuiscono alla guarigione del trauma, dello shock che inevitabilmente il diabete provoca in un’intera famiglia. Non soltanto – e mai soltanto – a chi ne viene colpito.
“I genitori e i fratelli di un bambino con diabete, sono quelli che noi chiamiamo i diabetici di tipo 3”.
Per questo è necessario creare una solida rete, una catena illuminata, che coinvolga diabetologi, associazioni, scuole. Gli attori sono tanti e devono comunicare tra di loro.
AGD ITALIA è nata con questo scopo: per mettere in relazioni le Associazioni, per coordinare gli sforzi e le attività, e soprattutto per essere presenti nella quotidianità delle famiglie.
Esserci giorno per giorno, supportando giorno per giorno, offrendo un aiuto concreto.
Rispondendo al “sempre” del diabete con un “sempre” ancora più forte.

A cura di Patrizia Dall’Argine