Da adolescente mi capitò tra le mani un libro sui grandi misteri insoluti della storia, di cui non ricordo l’autore, né tantomeno l’anno di pubblicazione. Cercando su internet ho notato che di libri simili ce ne sono ancora molti, e che risalgono anche ad anni recenti. Mi ha fatto pensare che il genere umano probabilmente sarà sempre interessato a ciò di cui non possiede chiare e inequivocabili chiavi di lettura.
Tutto può essere… Tutto può accadere… Tutto può succedere.
Si usano queste frasi, nel quotidiano, in quel lessico comune e condiviso.
È bello pensare che non tutto sia stato scritto e che saremo i protagonisti, magari, chissà, proprio di quegli eventi misteriosi verso i quali non è sufficiente una spiegazione di carattere logico e un rigore scientifico che porti a un’altrettanto rigorosa soluzione.
Quando parlo con Alessandra Bartolucci, 38 anni, impiegata, sposata, residente in Valle d’Aosta, col diabete, mi racconta una storia che ha qualcosa di misterioso e stupefacente.
Ma andiamo con ordine.
E l’ordine è, per essere molto poco rivoluzionari, un ordine di carattere temporale.
Si parte dall’inizio. E l’inizio di questa storia è un esordio. E l’esordio è quello del diabete. Il 20 settembre 2005.
“Non stavo bene, ma era estate, ero in Sicilia, c’era molto caldo. Attribuivo la mia sete insistente a questo. Il medico, al ritorno, mi ha liquidato in pochi minuti con alcune pastiglie per la labirintite, poiché gli avevo parlato anche di mancanza di equilibrio.
Le settimane passano, non tengo gli occhi aperti, dimagrisco 15 kg. I colleghi un giorno, vedendo il mio stato, scrivono i sintomi su internet e mi consigliano di andare in farmacia per provare la glicemia. Ce l’avevo a 800. Stavo per andare in coma”.
Ma non ci va, grazie a una ricerca su Google; una di quelle cose, che, tra l’altro, tutti gli specialisti – a ragione – vietano di fare, quando in preda a difficoltà fisiche cerchiamo da soli una diagnosi.
Comincia in questo modo, la nuova vita di Alessandra. Pian piano, con le cure, torna la vista, che per un po’ perde, e si rimette in piedi.
Poi arriva la volta di rimettere in piedi ogni cosa.
“Questa malattia ti isola molto. È invisibile, non è percepita dagli altri, quindi sembra che non esista e che tu non la stia vivendo veramente. Ci è voluto molto tempo per trovare una misura con me stessa e con gli altri e per capire come gestirla. Ho imparato da sola la conta dei carboidrati. Ho fatto errori e ne faccio ancora, ma non mi sono piegata alla malattia, semmai ho piegato la malattia facendo in modo di mantenere le mie passioni. Avevo, però, un grande cruccio. Di notte non mi accorgevo delle ipoglicemie e continuavo a dormire. Questo è estremamente pericoloso”.
E arriva una di quelle notti.
“Ricordo solo di essermi addormentata, il resto mi è stato raccontato, poi, da mio marito”.
Quel che succede quel 22 dicembre è che Alessandra va in ipoglicemia ma continua a dormire. Anche il marito non si accorge di nulla. Però c’è qualcuno a cui non passa inosservato: il suo cane, Mirò.
Sveglia il marito con un comportamento anomalo che non gli appartiene, e il marito si accorge che Alessandra è fredda e in un bagno di sudore.
Appena finisce il racconto le chiedo: “Ma quindi hai partecipato anche tu a Progetto Serena di Roberto Zampieri?”.
Come sappiamo, il Progetto Serena si occupa da anni, infatti, di preparare i cani per l’allerta diabete, al fine di rilevare le variazioni glicemiche del padrone.
Ma Alessandra mi risponde che no, il suo cane non era addestrato.
E questa è la parte davvero incredibile e misteriosa della faccenda.
Alessandra non ha emesso rumori quella notte, si è semplicemente addormentata, ma Mirò ha sentito qualcosa. E allertando il marito le ha letteralmente salvato la vita.
“In seguito ho avuto accesso al sensore, che mi ha cambiato l’esistenza, ma mi chiedo spesso cosa sarebbe accaduto quella notte se Mirò non fosse stato lì”.
Ma Mirò c’era. Al momento giusto, nel posto giusto, capace di ciò di cui non poteva essere capace.
Incantevoli misteri che è bello lasciare insoluti.
A cura di Patrizia Dall’Argine